E la Basilicata detta condizioni per il «cimitero» atomico
POTENZA - Nella Conferenza dei presidenti delle Regioni è stata accolta una proposta del presidente Vito De Filippo con le due pregiudiziali da inserire nel documento del gruppo di lavoro che è stato istituito. Il governatore ha chiesto una “chiarezza politica”, ribadendo il coinvolgimento partecipativo e trasparente delle amministrazioni e comunità locali interessate alla scelta del sito.
In ciò De Filippo è memore della battaglia del 2003, allorchè era consigliere regionale in procinto di diventare presidente dell’assise lucana. Il 13 novembre di cinque anni fa il governo scelse Scanzano Jonico per realizzare un deposito geologico sotterraneo nelle cave di salgemma di Terzo Cavone. Fu la rivolta, con occupazione di strade e ferrovie, manifestazioni e sit-in, fino al corteo dei «100 mila» (oggi a Scanzano la piazza principale si chiama proprio «dei centomila») che riuscirono a far cambiare idea ed a far modificare il decreto legge depennando il nome del centro jonico.
La seconda pregiudiziale chiesta da De Filippo è la “chiarezza tecnica” sottolineando che il deposito dovrà contenere soltanto i rifiuti già presenti nelle otto centrali sparse sul territorio nazionale e non dovrà invece contenere i rifiuti nucleari che saranno prodotti nel futuro dalle centrali che saranno attivate nei prossimi anni secondo quelle che sono le intenzioni del governo.
SANTOCHIRICO, TEMPI LUNGHI SERVE RICERCA
A porre questa duplice questione ci aveva già pensato l’assessore regionale all’ambiente Vincenzo Santochirico. La discussione scaturisce dal decreto Bersani del 25 febbraio scorso che stabilisce che su un unico sito del territorio nazionale vengano insediati il deposito definitivo e quello temporaneo di lungo periodo dei rifiuti ad alta attività e di altri materiali radioattivi non smaltibili in depositi superficiali.
Santochirico ha messo in guardia dalla possibilità che questo deposito sia destinato anche a “fabbricazione e trattamento dei combustibili nucleari per i reattori di quarta generazione (inclusi i processi diretti alla partizione e alla trasmutazione)”.
Si tratta, in pratica, dei processi per ridurre il volume e la radiotossicità delle ceneri prodotte dalla combustione dell’uranio nei reattori.
«Qualsiasi politica energetica nel nostro Paese non può prescindere dai presupposti della sostenibilità, della economicità e della sicurezza: le centrali nucleari di quarta generazione, che promettono di risolvere questi problemi, non potranno esser pronte che fra 25-30 anni (per il primo prototipo bisognerà aspettare almeno il
2020) - sottolinea Santochirico - Non vedo come sia possibile annunciare, come fa il presidente del Consiglio, che “entro la fine di questa legislatura avremo centrali anche in Italia”».
SANTOCHIRICO, SU QUESTIONE ENERGETICA METTERE DA PARTE PROPOGANDA
Per l’assessore lucano “sulle questioni energetiche andrebbe messa da parte la propaganda ed avviata una riflessione seria” perchè “mettere in atto una politica di efficienza energetica significa innanzitutto colmare quel vuoto di scelte strategiche che c'è stato dopo il referendum del 1987, che ha poi prodotto le difficoltà di oggi”.
Santochirico invita ad implementare la ricerca. “Il confronto - dice - andrebbe affrontato con gli esperti, affinchè le decisioni che riguardano il futuro della collettività siano svincolate da scelte ideologiche e di posizionamento: si possono avere culture ed esperienze differenti, ma ciò non può escludere la necessità di un approfondimento. Se così non fosse, una convergenza di intenti, e possibilmente di programmi operativi, sarebbe sempre più lontana”.
“Del resto, nel momento in cui si tratta di investimenti di grandissima portata le prime cose che occorrono sono conoscenza, consapevolezza e trasparenza. Per questo - conclude Santochirico - ritengo opportuna la partecipazione dell’Italia alle attività internazionali di ricerca, perchè ciò consente di mantenere e sviluppare capacità e know how in ambito pubblico e privato”.
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