Regeni, i servizi egiziani e Hacking Team
Il Cairo, quartiere 6 Ottobre. Il fosso polveroso che costeggia la via per Alessandria è il luogo in cui i torturatori e gli assassini di Giulio Regeni hanno abbandonato il suo corpo. Non è un indirizzo qualsiasi. Chi è passato per le sevizie della polizia segreta egiziana quel posto lo conosce bene. Non distante da lì c’è la sede della Ssis, il Servizio investigativo per la sicurezza dello Stato, noto con il nome arabo di Amn al-Dawla.
Tra il 4 e il 5 marzo del 2011, quando la “primavera araba” prometteva di spazzare via la dittatura e il clima plumbeo dei militari, la sede della Amn al-Dawla venne invasa dai manifestanti. Cambiò nome, diventando semplicemente Homeland Security. Ma i metodi – raccontano giornalisti e attivisti delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani – sono rimasti gli stessi.
Per gli informatici della società di spionaggio milanese Hacking Team, la Amn al-Dawla è solo un “end user”, l’utilizzatore finale del sistema di sorveglianza Galileo Remote Control System (Rcs), il programma in grado di monitorare l’intera vita digitale dei target: “Pericolosi narcotrafficanti o terroristi”, ha sempre sostenuto l’azienda.
“Oppositori e giornalisti” sostengono invece quelle organizzazioni che – come la canadese Citizen Lab – da anni accusano l’azienda milanese di fornire sistemi di spionaggio alle peggiori dittature.
Nella contabilità di Hacking Team risultano le fatture di vendita del potente sistema Rcs, il software spia in grado di penetrare computer e smartphone, alla società cairota Gnse con sede in Lebanon Street. I presidenti cambiano, ma i professionisti del controllo e della repressione rimangono gli stessi: i contratti di vendita del software Rcs risultano attivi dal 2011 al 2015, dall’Egitto di Mubarak a quello di al-Sisi.
Ed è nelle email interne della società Hacking Team, rivelate in seguito all’attacco informatico subito dall’azienda milanese nel luglio del 2015, che si profila il vero cliente dell’arma informatica venduta all’Egitto: “Nota bene: il cliente è Home Land Security e non Moi-National Security – scrive un certo Emad Sehehata il 19 ottobre 2014 – hanno cambiato nome”. Ovvero l’ex State Security Investigations Service, che ora – sotto al-Sisi – ha cambiato nome in Homeland Security.
Le atroci sessioni di tortura che hanno portato alla morte Giulio Regeni hanno una mano ben identificabile per gli investigatori italiani arrivati al Cairo tre giorni fa: “Professionisti preparati, che puntavano ad ottenere informazioni” spiegano alcune fonti investigative.
Il modo di agire dell’agenzia utilizzatrice dei sistemi di Hacking Team fa parte di quella quotidiana violazione dei più elementari diritti umani: “Entrano in casa senza mandati – racconta una fonte che chiede l’anonimato – per controllare l’intero hard disk del computer solo perché magari hai scattato una foto di un tramonto vicino al Parlamento”.
È troppo presto per capire se quell’agenzia abbia avuto un ruolo nella morte del ricercatore italiano. Certi affari, però, diventano sempre più imbarazzanti. La società Hacking Team, interpellata dal Fatto Quotidiano, non ha inviato nessun commento sulla vicenda.
Andrea Palladino e Andrea Tornago
Il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2016
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