I guerriglieri vanno via ma in Cecenia la situazione non si calma. Neanche negli stati confinanti.
I guerriglieri vanno via ma in Cecenia la situazione non si calma. Neanche negli stati confinanti.
Non troppo tempo fa il capo del servizio di sicurezza del presidente ceceno Ramzan Kadyrov aveva dichiarato che la situazione in Cecenia era più calma che presso gli stati vicini. Dopo solo pochi giorni, il 9 maggio 2004, allo stadio “Dinamo” di Grozny tuonava la bomba rivelatasi fatale per il da poco eletto presidente della repubblica. Questo è uno di quei rari eventi in cui l’accaduto è stato giudicato assolutamente allo stesso modo sia dai militari che dai politici. L’eliminazione di Achmar Kadyrov può seriamente complicare la già difficile situazione in Cecenia. Ciò nonostante, nelle parole di suo figlio c’è una parte di verità: in Cecenia ci sono veramente meno guerriglieri. Alcuni sono morti, altri tornano alle loro attività civili, molti reintegrano le forze locali e qualcuno… scappa presso gli stati confinanti.
Bachtijar Acmedchanov “RIA News”
…All’inizio dalla Cecenia arrivavano i profughi. Poi, salvatisi dal fuoco di artiglieria e dai bombardamenti, hanno iniziato a scappare gli animali - il loro esodo, a piccoli intervalli, continua ancora adesso. I guardaboschi dei villaggi di Borozdinovskij nella regione di Šelkovskij si sono lamentati del fatto che i boschi locali si sono del tutto svuotati: gli animali si sono trasferiti nel vicino Daghestan. I cacciatori daghestani invece si sono lamentati dell’invasione dei lupi, delle volpi, degli orsi e dei cinghiali. Questi ultimi, raccontano gli abitanti locali, sono diventati così tanti che per procacciarsi il cibo hanno imparato a rubare il pesce: si tuffano nel Terek e tirano fuori intere reti piene di pescato. Ma i guerriglieri si sono trattenuti in Cecenia più a lungo di tutti, sebbene anche per loro sia diventato più difficile, soprattutto se forestieri. Nella stessa Cecenia, almeno nelle regioni pianeggianti, apparentemente è tutto tranquillo. Per prima cosa, ciò che salta agli occhi subito dopo aver superrato i confini amministrativi, è che ai posti di blocco ora ci sono principalmente militari ceceni. Ora sono loro, non più i federali, a controllare il trasporto, verificare i documenti e a riscuotere il pedaggio al passaggio degli automobilisti. Non molto (10-15 rubli a persona). Ci si sono tutti abituati da tempo, per questo le esplosioni e le sparatorie sulle strade sono diminuite sempre di più, e oggi la strada federale “Kavkaz” è animata quasi come ai bei vecchi tempi.
Le bombe e il fattore locale.
Operazioni su vasca scala da parte dei guerriglieri al momento non ci sono, ma questo non significa affatto che l’operazione in Cecenia sia finita. Al contrario, alla fine di marzo il comandante in capo delle truppe Interne del Ministero Degli Interni della Repubblica Federale, generale dell’esercito Vjačeslav Tichomirov ha avvertito che questa estate-autunno ci si può aspettare un inasprimento della situazione operativa nel Caucaso settentrionale: i separatisti hanno ancora forze. Purtroppo questa previsione si avvererà. A maggio i banditi hanno messo a segno alcuni audaci colpi in diverse regioni della Cecenia. Molti guerriglieri però in realtà escono dai suoi confini.
Ora la tattica dei federali cambia sempre di più: in generale agiscono in piccoli gruppi mobili e, in caso di necessità, col sostegno dell’aviazione. Proprio come combattono i separatisti. Il loro tipico gruppo combattente da cinque elementi è così composto: un mitragliere, un granatiere, un cecchino e due forniti di fucile automatico, con responsabilità di gruppi sotto copertura.
Tuttavia, negli ultimi tempi, quello che un tempo era il fondamentale vantaggio dei guerriglieri, la conoscenza cioè dei luoghi e la presenza di legami famigliari e di altro genere con gli abitanti locali, inizia gradualmente a rivoltarglisi contro. Si può discutere sul fatto che agli ex membri delle formazioni armate illegali (che in Cecenia chiamano “quadri”) abbiano fornito armi e li abbiano arruolati nella polizia, ma oggi essi portano a termine il loro compito. Conoscendo a menadito i luoghi e gli abitanti, queste persone combattono con discreto successo contro i loro ex compagni, privandoli della loro base logistica e costringendoli a fuggire sempre più in là verso montagne e boschi.
Allo stesso tempo le difficilmente raggiungibili regioni montuose continuano ad essere sottoposte all’artiglieria e agli attacchi aerei. Gli abitanti del luogo pensano che questo venga fatto con un solo scopo: costringerli ad abbandonare i villaggi montuosi e a trasferirsi in pianura. Secondo loro, in questo modo, i federali calcolano di privare i guerriglieri che si nascondono nelle montagne di qualsiasi sostegno della popolazione civile. I militari però non sono per niente d’accordo con queste asserzioni.
Al Quartier Generale Unificato i raggruppamenti di truppe insistono sul fatto che gli attacchi aerei vengono portati esclusivamente in quelle regioni dove le ricerche riescono a scoprire gruppi di guerriglieri, e che il compito di fare della Cecenia montuosa un luogo disabitato non gli interessa. A conferma delle loro parole i militari ricordano il fatto che neanche una volta i villaggi di montagna o le case coloniche sono stati sottoposti al fuoco. Fatto che, in generale, neanche gli abitanti locali cercano di contestare.
Comunque sia, i bombardamenti sono una cosa molto spiacevole, soprattutto se non si è abituati. Durante uno di questi mi è capitato di trovarmi nel piccolo villaggio montano nella regione di Nožaj-Jurtovskij, nella Cecenia sud-orientale. Per la forza dei colpi le mura sobbalzavano e i piatti saltavano sulla tavola. Concentrarsi sulla conversazione era impossibile. I padroni di casa mi rassicuravano: bombardano lontano, chi bombardano lo sa dio.
D’altra parte di quando in quando alcune ricerche si dimostrano piuttosto tempestive e precise. Alcuni mesi fa come risultato di un bombardamento è stato ferito gravemente l’ex primo aiutante di Chattab, il comandante di campo Rappani Chalilov (Rabbani). Si sono anche affrettati a dichiararlo morto, sebbene troppo presto. Secondo i dati disponibili, è stato sottoposto, in condizioni di fortuna, a due operazioni coronate da successo. Sono riusciti a trasportare in Cecenia senza ostacoli il chirurgo, cittadino turco, attraverso l’Azerbajdžan e il Daghestan, e a riportarlo indietro per quello stesso percorso. Ci sono informazioni secondo le quali attualmente Rabbani ha abbandonato la Cecenia e si trova in uno dei territori oltre confine. Il comandante di campo, daghestano per nascita, è stato costretto a far questo non tanto dai federali, quanto dai “quadri”, con i quali si trova in relazioni inconciliabili.
Nel novero dei problemi politici l’uccisione di Achmar Kadyrov solleva una questione molto importante di carattere militare e giuridico. Come si comporteranno i “quadri” se al potere in Cecenia andranno persone non legate a loro né dal passato né dal presente? Il loro numero viene variamente calcolato, ma in ogni caso si tratta di 4-7mila combattenti perfettamente equipaggiati. Una forza più che seria! Proprio a causa di questo la prossima scommessa di Mosca può essere quella di Ramzan Kadyrov. In caso contrario, la fortunata tattica di distruzione dei guerriglieri con le forze dei loro ex compagni può prendere una piega tale per cui alle truppe e alle forze speciali sotto il comando federale toccherà avere a che fare con la più imponente formazione armata illegale nella storia delle due campagne cecene.
Fino a un tempo relativamente recente il tentativo di spezzare la resistenza dei separatisti sembrava simile a quello di togliere con un bicchiere l’acqua da un canotto bucato, poiché la principale base logistica dei banditi si trovava in realtà fuori dalla Cecenia. Era fuori portata. Tuttavia negli ultimi due anni la situazione sotto questo aspetto è iniziata a cambiare, e questi cambiamenti sono non meno significativi, anzi molto spesso lo sono anche di più, dei puri aspetti militari dell’operazione diretta in Cecenia.
Anche Zjazikov da fastidio a qualcuno?
L’attuale situazione operativa in Inguscezia è condizionata ad un solo fatto: per lunghi anni la repubblica non ha rappresentato altro che la base operativa dei guerriglieri. La retrovia non era costituita tanto dalla stretta gola di Pankisskoe in Georgia, dove bisogna ancora arrivare, quanto dalla vicina repubblica, un trasparente confine amministrativo dal quale solo se pigri non si riuscirebbe a passare.
Nel Caucaso tutto è vicino… Relativamente all’ex Inguscezia cecena questa espressione è esatta come per nessun altro luogo. Dalla cecena Bambut, già “fortezza degli eroi” dei guerriglieri, fino al villaggio inguscio di Surchachi, dove si trovava la residenza estiva di Ruslan Auševa, non ci sono più di una ventina di km di una strada lunga e boscosa non controllata da nessuno. Nel periodo sovietico nei dintorni di entrambi i villaggi erano stati posizionati missili strategici di medio raggio. Ultimamente una parte delle infrastrutture rimaste intatte (cave, nascondigli sotterranei) è stata utilizzata dai guerriglieri. Secondo i racconti dei militari del luogo, proprio qui spesso veniva a riposarsi Aslan Maschadov, che in quel periodo veniva con tanto zelo cercato in Cecenia. C’è una massa di testimonianze su quanto i guerriglieri si sentissero a proprio agio in Inguscezia. Basti pensare alla storia della visita di alcune decine di persone armate fino ai denti al matrimonio di un funzionario, vicinissimo ad un ex dirigente inguscio. Sono arrivati in una vera parata di automobili, senza nascondersi minimamente. L’ospite d’onore era Basaev, già in stato di latitanza dopo Budennovsk.
Il non meno conosciuto Salman Raduev faceva le sue visite in Inguscezia. È un fatto noto che con gran pompa e con relativo seguito sia arrivato nella repubblica per la decorazione all’ordine di Ičerijskij di un guerrigliero locale. Questa visita solenne è avvenuta dopo gli avvenimenti in Kizljar e a Pervomajsc, cioè quando Raduev veniva cercato con tutte le forze dei reparti speciali.
Il fatto che i guerriglieri vivessero del tutto tranquillamente nei campi profughi o semplicemente nelle città e nei villaggi dell’Inguscezia è noto a tutti da tempo. Qui è facilissimo dileguarsi tra la popolazione civile e i profughi, che nella repubblica sono quasi centomila. Molto spesso dopo le azioni in Cecenia i distaccamenti di guerriglieri fuggivano al sicuro in Inguscezia, prevalentemente nella sua parte montuosa.
Diventato due anni fa presidente dell’Inguscezia, il generale di divisione Zjazikov ha condotto una politica del tutto diversa. Con lui al governo la repubblica da retrovia dei separatisti ha cominciato a trasformarsi in un avamposto russo. Hanno iniziato ad esservi collocate unità militari, cosa che prima non accadeva. Per esempio, non lontano dall’aereoporto Magas nei dintorni della stazione di Ordžonikidzev ora si disloca un reggimento carrista. Questa è una regione ai confini amministrativi della cecenia, da cui un moderno carro armato impiega per arrivare al centro di Grozny non più di quaranta minuti…
A chi segue gli avvenimenti del Caucaso del nord, le notizie dall’Inguscezia possono sembrare bollettini di guerra: sparatorie, esplosioni, cattura di ostaggi, scoperta di magazzini di munizioni e interi arsenali. Ultimamente dalla repubblica arrivano notizie di rapimenti che avverrebbero su vasta scala. Sul sito di opposizione Ingushetiya.ru si racconta di “violente squadre speciali” e di cosiddette squadre della morte, che praticano rapimenti ed esecuzioni extragiudiziarie. Secondo i dati del centro “Memorial” in soli dieci giorni lo scorso mese nella repubblica sono sparite circa 40 persone, i parenti delle quali si sono rivolti alle organizzazioni di difesa dei diritti civili. Come ha comunicato un collaboratore del Ministero degli Interni dell’Inguscezia che ha chiesto di rimanere anonimo, nella repubblica è in corso un’operazione speciale per la distruzione del sottosuolo banditesco.
- Vengono presi solo quelli in relazione dei quali si hanno prove sulla loro complicità con le formazioni armate illegali, - ha detto l’ufficiale. – Di questi nel nostro territorio ce ne sono molti, sia ceceni sia, purtroppo, indigeni. Naturalmente i parenti non sono contenti. Nessun innocente viene colpito. L’amministrazione precedente non si sarebbe mai decisa a compiere queste azioni, sebbene siano indispensabili perché altrimenti la guerra non avrebbe mai fine. Ora, contemporaneamente alle azioni mirate nei punti popolati, i gruppi di ricerca lavorano nelle zone premontuose e montuose della repubblica, in particolare nella regione della gola di Assinovskij. Perdere l’Inguscezia come retrovia per guerriglieri significherà una completa mancanza di prospettive per una loro ulteriore resistenza. Proprio per questo nel breve periodo questa può diventare particolarmente crudele -.
Riporto l’opinione di due persone diverse, le cui dichiarazioni illustrano nel modo migliore possibile ciò che accade nella più piccola repubblica nord-caucasica.
Beslan Gantamirov, ex-sindaco di Grozny ed ex-ministro dell’informazione e della stampa nel governo di Kadyrov: “La vittoria alle elezioni di Murat Zjazikov al 50% significa la fine della guerra in Cecenia.
Ruslan Martagov, che ha partecipato attivamente all’opposizione contro Dudaev, membro del governo di Zavgaev, ha valutato così l’attentato al leader ingusceno avvenuto ad aprile di quest’anno: “Zjazikov cammina sulle mine messe lì da Auševij. Temo che questo non sarà l’ultimo tentativo di eliminare il presidente in carica”. Si, dopo l’uccisione di Kadyrov il più scomodo leader regionale per i banditi è diventato il generale Zjazikov.
I Guerriglieri alle elezioni
In Daghestan invece la situazione attuale ricorda quella verificatasi alla vigilia dell’invasione dei guerriglieri nell’agosto del 1999. Come allora nelle regioni montuose attigue alla Cecenia sono comparse persone prima scomparse che predicano idee estremiste. Come allora, i poteri locali passano sotto silenzio la situazione; e, come allora, i poliziotti vengono uccisi con armi da fuoco in agguati mortali.
La clamorosa storia dell’annientamento di Ruslan Gelaev è avvenuta non proprio come l’hanno raccontata la maggior parte dei mezzi di comunicazione di massa. Il fatto è che il comandante di campo si trovava in Daghestan non perché di passaggio verso la Georgia (l’assurdità al limite dell’idiozia di questo percorso è sembrata allora evidente a tutti), bensì perché si trovava in qualche relazione con le realtà locali. Gelaev e i suoi in Daghestan stavano semplicemente riposando, trovando alloggio presso persone ben conosciute. Non è un segreto che una percentuale molto significativa dei guerriglieri che combattono in Cecenia siano daghestani. Attualmente la maggioranza di questi (e insieme a loro i ceceni e i rappresentanti di altre nazionalità) tornano in patria, dove, ahimè, proseguono nella loro attività terroristica.
Il capo ufficio-stampa del Ministero degli Interni della Federazione Russa colonnello della polizia Abdul Musaev racconta: “Le scene del film documentario sull’invasione del Daghestan di Basaev e Chattab hanno fatto il giro del mondo. Vicino a loro si trovava sempre Ruslan Makašaripov, nativo della nostra repubblica. Poi lo hanno arrestato, lo hanno condannato a 8 anni, ma già dopo un anno è stato messo miracolosamente in libertà. Ora ha formato una banda e compie agguati… Perdiamo uomini non in battaglie aperte. Ci hanno dichiarato una guerra a tutti gli effetti: in tre mesi sono morti 15 collaboratori della polizia. Una situazione così non si verifica in nessuna regione della Russia. La guardia di Kadyrov ha spinto i bandito dalla Cecenia nel Daghestan, dove continuano a commettere violenze, e allo stesso tempo molti sono nascosti dalla popolazione, specialmente nella regione di Chasavjurtovskij. Non possiamo permetterci di lavorare solo otto ore al giorno, altrimenti la criminalità sommergerà l’intera repubblica.
La caccia ai poliziotti è già diventata in Daghestan qualcosa di quotidiano. Ad Aprile proprio in una via cittadina è stato ucciso da colpi di mitra un collaboratore dei Servizi di Sicurezza Federali, che aveva il compito di occuparsi degli estremismi religiosi.
Un importate successo da parte dei poliziotti daghestani è stato l’arresto di uno degli ideologi estremisti e iniziatore dell’invasione del Daghestan Mohamed Tagaev. Grazie ad una combinazione operativa meticolosamente pensata, Tagaev è stato portato fuori da un paese del vicino oriente in Azerbajdžan, dove è stato preso e trasportato in territorio russo.
Oggi le vie di Machačkala sono pattugliate da uomini armati che operano sotto travestimento, e nei sottopassaggi che portano alla città sono stati collocati dei posti di blocco. I rappresentanti degli organi istituzionali della repubblica sono sicuri che questi abbiano forze più che sufficienti per risolvere la situazione, ma la loro principale preoccupazione è quella delle prossime elezioni presidenziali in Daghestan. Queste devono aver luogo tra due anni, ma l’opposizione insiste perché vengano tenute già l’anno prossimo.
Un alto ufficiale dell’UFSB (la Direzione dell’Agenzia di Sicurezza) per la repubblica del Daghestan mi ha detto che sono perfettamente verosimili situazioni in cui i rappresentanti di gruppi in contrapposti tenteranno di usare i guerriglieri. Fino a pochissimo tempo fa la repubblica è stata governata dal Soviet Statale, mentre alle prossime elezioni per la prima volta nella storia Daghestana il leader nazionale sarà scelto da una votazione a suffragio universale. Oggi il Daghestan è una regione con una delle più alte percentuali di disoccupati tra la popolazione adulta, e con un livello di vita tra i più bassi.
La repubblica è straziata dalla lotta tra alcuni importanti gruppi finanziari che aspirano al potere. Ugualmente, con le formazioni armate illegali già presenti in Daghestan (i cosiddetti eserciti privati, il cui numero totale raggiunge secondo alcune valutazioni le cinquemila unità), i guerriglieri venuti da fuori possono diventare un fattore ancora più destabilizzante.
PS: nella primavera di quest’anno nel villaggio inguscio di Surchachi è accaduto un fatto terribile. Durante un giorno di festa (era l’Uraza-bajram) un branco di cani randagi spuntato non si sa da dove ha attaccato dei bambini che giocavano per strada. Non sono riusciti a fermare i cani né le urla ne gli spari: si sono gettati sulle loro vittime, puntando al viso e alla gola. Tre bambini sono morti, circa dieci sono stati feriti gravemente. Sono arrivati dalla Cecenia, dove ce ne sono molti di questi cani della guerra, abituatisi a nutrirsi di cadaveri e ad odiare tutto ciò che gli sta attorno.
Traduzione a cura di Francesco Giovannelli
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