La partita del Prodi bis con l'ala sinistra si gioca anche sull'acqua

24 febbraio 2007
Marco Alfieri
Fonte: Il Riformista

Milano. La guerra dell'acqua. Gestione del servizio anche ai privati, o solo alle utility pubbliche? Ormai da mesi è la domanda delle cento pistole dentro l'Unione. In realtà sarà anche su questo punto che si giocherà il varo di un Prodi bis che sia meno gracile e a maggioranza più certa rispetto alle baruffe di questi mesi.

Sul ddl 772 in tema di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, approvato a fine giugno dal Consiglio dei ministri, e in esame ormai da fine settembre in commissione Affari costituzionali, si sa che da tempo esiste un braccio di ferro dentro la maggioranza, in particolare tra il ministro Linda Lanzillotta, forte del recente parere dell'Antitrust di Antonio Catricalà e di sponde intelligenti come quelle di Bruno Tabacci, e il fronte della sinistra radicale contrario a qualsiasi ipotesi di liberalizzazione che porterebbe a camuffate privatizzazioni dell'acqua bene pubblico universale.

Nella sua estenuante ars mediatoria, Romano Prodi aveva imposto che il delicato capitolo acqua fosse scorporato dal pacchetto Lanzillotta, affidando alla costituzione di un comitato ad hoc di ministri, sotto la regia di Enrico Letta, la decisione di moratoria sulle gare di affidamento dei servizi idrici. Questo almeno era il quadro delineatosi prima della crisi di governo. Ma siccome imbarcare selettivamente qualche senatore centrista può avvenire solo accogliendo determinati punti di programma sensibili, ecco che riforme come la messa a gara dei servizi idrici (così come lo sblocco della Tav e dei rigassificatori), potrebbero davvero diventare decisive per strappare l'appoggio di singoli parlamentari moderati.

Non è un caso che tra i 12 punti prodiani «prioritari e non negoziabili» già approvati dai segretari dei partiti di maggioranza per restare in sella, quello 3 sia dedicato alla Tav e quelli 4 e 5 proprio all'energia, tra cui anche la costruzione di nuovi rigassificatori, già vexata quaestio di questi mesi tra le due sinistre, e poi alle liberalizzazioni dei servizi a tutela dei consumatori, di cui l'acqua è forse il dossier più politicamente incandescente.

Ed è proprio qui che arriviamo al punto. Perché se andiamo a leggere il ddl in questione in sé e per sé nessuno chiede di privatizzare l'acqua. L'acqua potabile che ogni giorno arriva nelle nostre case non è, né tanto meno può essere, un bene mercificabile oggetto di compravendita perché è un bene diritto. Su di esso non si può invocare nessuna proprietà, che non sia collettiva. Nelle componenti costitutive della tariffa del servizio idrico l'acqua in quanto tale non viene pagata, proprio perché di tutti.

Tanto è vero che il discrimine su cui le due sinistre litigano non verte tout court sulla privatizzazione o meno dell'acqua, bensì sull'apertura nella gestione del servizi idrico, che per Lanzillotta e i riformisti unionisti e soprattutto per molti centristi tentati dall'abboccamento prodiano, è invece un punto irrinunciabile. Un segnale riformista decisivo, al pari di Tav e rigassificatori, come ieri ha ricordato anche il responsabile nazionale Energia e ambiente di Italia dei Valori, Giuseppe Vatinno. Il loro ragionamento è infatti molto semplice: ciò che si paga in bolletta - spiegano -sono esclusivamente i costi del servizio sostenuti dai vari gestori per distribuire l'acqua e rimetterla in circolo in termini ecologicamente sostenibili. Si tratta cioè di una differenza fondamentale rispetto ad altre materie prime essenziali come ad esempio il gas, nella cui bolletta la voce principale (tasse a parte) è rappresentata proprio dai costi della materia prima, pagata da ciascuno di noi ai proprietari di tale risorsa (fatto 100 il costo del servizio di depurazione. circa la metà è rappresentato da costi per l'approvvigionamento energetico e per lo smaltimento dei tanghi, cioè attività svolte da soggetti in regime di libera concorrenza). Ma se è così, allora, un conto è parlare del bene pubblico acqua, che tale deve rimanere, altro invece dell'attività di depurazione o di fognatura, la cui gestione e conduzione costituiscono attività materiali e industriali che si pongono su un piano diverso dal sacrosanto principio che vuole che il bene diritto acqua non sia mercificato.

Che significa questo per i moderati unionisti che spingono per l'allargamento del consenso a Prodi? Che la privatizzazione dell'acqua va bocciata tassativamente, ma che la gestione del ciclo idrico è un'altra cosa ed è sbagliato, come chiede la sinistra radicale, che venga sottratta alla disciplina ordinaria prevista per gli altri servizi pubblici essenziali, derogando al meccanismo della gara come regola generale per l'assegnazione dei servizi pubblici di rilevanza economica.

In sostanza, sarà su punti sensibili come questi che Prodi dovrà dare riformisticamente un segnale forte al centro, se vorrà rafforzare almeno un po' la propria maggioranza, anche a costo di scontentare la sinistra radicale. Altrimenti, non sarebbe azzardato affermare che un eventuale Prodi bis, potrebbe molto presto scivolare sull'acqua.

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