Piccoli armamenti (un po') letali crescono
L'arma tecnologica di punta dell'esercito americano funziona un po' come il vostro forno a microonde. L'ilarità suscitata da una tale similitudine non è tuttavia durata a lungo per Michael Hanlon, un giornalista che ha provato questo strumento sulla propria pelle: il bruciore era così intenso che non è riuscito a esporre un dito ai suoi raggi per neppure un secondo. Si chiama Silent Guardian ed è la versione ridotta di un dispositivo in studio da tempo, l'Active Denial System, che utilizza un fascio di microonde per stimolare le terminazioni nervose di chi si trova nel suo campo d'azione. A produrlo è una società americana, la Raytheon, che a fine agosto ha rifornito l'Areonautica militare Usa di questo genere di apparecchi. Ma già dopo poche settimane lo sceriffo della contea di Los Angeles si chiedeva come utilizzarli anche per le strade della sua città.
L'Active Denial System o, come l'ha ribattezzato la stampa, «raggio del dolore» è solo uno degli ultimi sviluppi delle cosiddette armi non letali, etichetta controversa che comprende oggetti molto differenti, in via di proliferazione. Alcuni sembrano usciti da un cartone animato giapponese: il Southwest Research Institute del Texas, per esempio, sta lavorando a una schiuma scivolosa da spruzzare contro i veicoli nemici, anche se non mancano i dubbi sulle conseguenze per l'ambiente di questa sostanza; mentre si stanno sperimentando armi maleodoranti, capaci di sprigionare livelli insopportabili di puzza, odori di carcasse in decomposizione tali da far fuggire le persone. Secondo il programma di ricerca sulle armi non letali della università di Bradford (UK), alcune forze di polizia americane stanno già utilizzando simili prodotti per prevenire l'occupazione di edifici disabitati.
Ma è il laser in pole position nelle ricerche condotte dall'esercito americano, dal Dipartimento della giustizia e da varie società private: i militari ad esempio stanno lavorando da tempo alle pallottole a energia pulsante (Pulsed Energy Projectile), ovvero proiettili che generano uno scoppio di plasma, una nuvola di gas capace di trasmettere impulsi elettromagnetici.
Meglio che una pistolettata in testa? I sostenitori di questo nuovo armamentario hi-tech si puntellano proprio su questo paragone: piuttosto che le conseguenze letali di una tradizionale pallottola, è preferibile un po' di dolore. La verità è che l'impiego di questi strumenti va ben oltre i confini che delimitano l'utilizzo di un'arma da fuoco.
Sono le pistole elettriche le armi non letali più diffuse, e hanno conosciuto negli ultimi anni un notevole successo commerciale. Di questi apparecchi il più famoso è il taser, prodotto in vari modelli dalla Taser International dell'Arizona, anche se le sue origini risalgono a una società californiana degli anni '70, che ne mutuò il nome - non si sa con quanto sarcasmo - da un racconto per bambini, Tom A. Swift Electrical Rifle.
Ad adottarlo per primo fu il famigerato dipartimento di polizia di Los Angeles nel 1974. Oggi, dopo molti anni e svariati modelli, migliaia di agenzie di polizia statunitensi utilizzano le nuove generazioni di apparecchi prodotti dalla Taser, in particolare l'M26 e l'X26. Si tratta di pistole che lanciano degli «ami» collegati a dei fili elettrici, i quali trasmettono una scossa di 5 secondi da 50 mila volt: una scarica non letale, assicurano dalla Taser, ma che stordisce il sistema nervoso centrale della persona colpita immobilizzandola.
Amnesty International però non ritiene queste armi così innocue: secondo l'organizzazione per i diritti umani dal 2001 negli Usa ci sarebbero state almeno 150 morti in seguito all'utilizzo dei taser.
Di sicuro il loro impiego è sempre più diffuso, e in molti casi arbitrario. Come è successo qualche settimana fa a quello studente della Florida che dopo aver verbalmente contestato il senatore John Kerry ha ricevuto una scarica dagli agenti del campus. O a quel sergente arruolato in Iraq, che durante un congedo a casa è stato «elettroschockato» in un aeroporto dopo un litigio con il personale perché non voleva buttare una bibita.
In Gran Bretagna le pistole taser - introdotte quattro anni fa solo in alcuni speciali corpi di polizia - sono state appena estese anche agli altri poliziotti, i quali ora potranno usarle anche di fronte a persone non armate, che mostrino un atteggiamento minaccioso. Bambini compresi, sebbene una commissione medica abbia richiamato l'attenzione sui rischi per la salute dei più piccoli. E non risulta che il taser sia stato espressamente proibito contro donne incinte.
Oggi al mondo sono 11 mila le agenzie penitenziarie, militari o di polizia che utilizzano i taser in ben 44 Paesi. Oltre a Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna, ci sono molti stati europei in cui il taser è già impiegato dalle forze dell'ordine o è in fase di approvazione: Francia, Germania, Au-stria, Svizzera, Polonia, Portogallo, Spagna, Lussemburgo, e pure il minuscolo Liechtenstein.
L'Italia sembra essere una delle poche nazioni europee immuni da questa tendenza. Anche se esiste un potenziale distributore italiano del taser, la Selenia 2000, un'azienda che produce alta tecnologia per enti governativi e che è il rappresentante italiano della Taser. «Al momento è tutto fermo, allo stato attuale non è legalmente possibile vendere questi apparecchi alle forze di polizia» commentano dalla Selenia. Forse in passato c'è stato stato un interesse, poi accantonato. E' molto probabile comunque che delle sperimentazioni ci siano state, visto che la stessa Taser conferma di aver venduto, anni fa, alcuni modelli M26 ai carabinieri.
Se il nostro Paese sembra avere per fortuna una posizione di cautela sulle armi non letali, ben diver-sa è la situazione internazionale: «la Cina ne sta producendo ed esportando in quantità enormi, e senza alcun controllo», ci spiega Sauro Scarpelli di Amnesty, «mentre negli Usa fiorisce il mercato consumer: la Taser ha appena commercializzato una pistola elettrica da borsetta, colorata». Ma non scambiatela per un giocattolo.
freddy@totem.to
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