La storia del dibattito sui "limiti della Terra"
Un'interessante pagina della storia del dibattito ecologico riguarda l'attenzione per i "limiti" della Terra. Il concetto di "limite" era già presente negli studi economici fin dal secolo scorso quando alcuni studiosi hanno indicato che le risorse naturali usate dagli esseri umani e dalle attività produttive un giorno avrebbero potuto essere insufficienti o addirittura esaurirsi. I capostipiti di questo movimento sono stati Thomas Malthus (1766-1834), John Stuart Mill (1806-1873) e più tardi William Stanley Jevons (1835-1882) che sollevò il problema dell'esaurimento delle riserve inglesi di carbone.
Nel nostro secolo il movimento si tradusse in una denuncia del rapido "eccessivo" aumento della popolazione mondiale, rispetto alla disponibilità di cibo, acqua, risorse. Si trattava di una diretta conseguenza del principio, rigorosamente ecologico, dell'esistenza di una capacità portante -- di una carrying capacity -- limitata in qualsiasi ecosistema, locale o planetario.
Già negli anni sessanta erano apparsi libri che denunciavano la necessità di fermare la popolazione mondiale, ma il momento di massima attenzione si è avuto nel 1972, 25 anni fa, con la pubblicazione del libro, commissionato dal Club di Roma, intitolato "I limiti alla crescita". L'invito a porre dei limiti alla crescita della popolazione e dei consumi e al conseguente degrado e esaurimento delle risorse naturali, sollevò un vasto dibattito la cui storia credo che sia ancora in gran parte da scrivere.
Nel 1980 apparve negli Stati Uniti un secondo libro, accusato anch'esso di essere apocalittico, "Global 2000", di limitata circolazione in Italia, anch'esso oggetto di critiche, sia pure meno diffuse e stizzose rispetto a quelle che hanno investito il libro del Club di Roma.
Direttamente legato alla consapevolezza dei "limiti" è il dibattito, più recente, sulla "sostenibilità". Una storia di questa parola, del modo in cui è stata usata nei vari paesi e nei vari documenti ufficiali, può aiutare a comprendere molte contraddizioni e anche alcune ipocrisie della cultura cosiddetta "ecologica".
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