Ecodidattica

Storia dell'economia ecologica e del diritto ambientale

15 agosto 2016
Giorgio Nebbia

 

L'osservazione della violenza e dei guasti ambientali ha ben presto portato molti a riconoscere la fonte di tali guasti nelle "attività economiche" e produttive e nelle stesse regole "dell'economia", specialmente dell'economia capitalistica. Già negli anni sessanta alcuni cominciarono a ironizzare sulla validità del "prodotto interno lordo" come indicatore dello sviluppo economico e del benessere, mettendo in evidenza il rapporto diretto fra PIL, produzione di merci e produzione di rifiuti e di inquinamento.

Una storia dei rapporti fra "economia" e "ecologia" potrebbe mettere in evidenza il dibattito fra e con gli economisti che hanno reagito da una parte cercando di rimettere ordine nei termini -- come il reale significato di parole come crescita, sviluppo, PIL -- e dall'altra parte cercando di dimostrare che non solo la loro professione si era sempre occupata dei rapporti fra sviluppo economico e ambiente, ma che anzi la soluzione dei guasti ambientali avrebbe potuto venire soltanto dalla scienza economica (51)(52), specialmente dagli strumenti dell'economia pubblica --- divieti, multe, incentivi --- con cui lo stato regola i comportamenti privati.

Anche in questo caso alcuni studiosi hanno scoperto la "vendibilità" di discipline al cui nome venisse appiccicato l'aggettivo "ambientale" e sono nate cattedre di "economia ambientale", "economia e politica dell'ambiente", spesso con contenuti che non si discostavano molto da quello delle stesse discipline senza tale aggettivo.

Riconoscere che l'ecologia nasce dal conflitto fra la difesa dei beni collettivi e i tentativi di appropriazione -- per le costruzioni, come ricettacoli di rifiuti -- di tali beni da parte di interessi privati, poneva e pone un problema squisitamente giuridico che richiedeva un'evoluzione anche della cultura giuridica. Nel corso della storia c'erano state molte norme e leggi, poi dimenticate, che avevano consentito di difendere i beni collettivi: le norme sui boschi e pascoli soggetti a usi civici e quelle sul demanio fluviale e marittimo, tutti beni collettivi gradualmente distrutti o privatizzati.

La difesa dell'ambiente dai nuovi attentati presupponeva non solo l'applicazione delle leggi già esistenti, ma l'elaborazione di una nuova teoria del diritto capace di formulare nuove leggi e di dare indicazioni di comportamento ai governi. Manca una storia dei dibattiti sulla preparazione delle prime leggi, in Italia, contro l'inquinamento dell'aria, e poi delle acque, e una storia dell'intervento di quelli che furono chiamati i "pretori d'assalto", i magistrati che seppero riconoscere già nelle leggi esistenti e nei principi generali del diritto, compreso il dettato della Costituzione repubblicana, gli strumenti per combattere le violenze ambientali (53).

Anche in questo caso la nuova attenzione per un diritto dell'ambiente è stata cavalcata a livello accademico con la creazione di cattedre universitarie, nell'ambito delle discipline giuridiche, con appiccicato l'aggettivo "ambientale", coperte spesso da persone che erano state estranee al dibattito ecologico.

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