Ecodidattica

Storia dell'"ecologia dei padroni"

15 agosto 2016
Giorgio Nebbia

 

Se, da una parte, il mondo imprenditoriale ha contribuito a far sorgere l'immagine di una "ecologia" contro il progresso, contro la produzione e contro gli stessi lavoratori, dall'altra parte ha seguito con grande attenzione la crescita della contestazione ecologica. Tanto più che una frangia di tale contestazione aveva cominciato a denunciare che la vera origine delle offese alla natura e all'ambiente andava cercata nella maniera capitalistica della produzione industriale e nelle regole economiche che impongono un'espansione della produzione di merci.

Con la grande lungimiranza che le imprese hanno sempre manifestato per far fronte a ogni possibile "disturbo" esterno, le imprese, soprattutto quelle che sono state chiamate per prime in causa per i loro inquinamenti, hanno immediatamente organizzato una propria difesa, la cui storia è tutta da scrivere. La difesa imprenditoriale è stata basata sul principio che, se, sfortunatamente, si erano verificati inquinamenti e incidenti dannosi per l'ambiente, nessuno, come le imprese, possedeva conoscenze e capitali per realizzare tecnologie e merci pulite.

In questa operazione sono stati mobilitati numerosi studiosi -- veri e propri nipotini di quel dottor Andrew Ure che negli anni 40 del secolo scorso dimostrava come facesse bene ai fanciulli il lavoro nelle filande e nelle miniere -- e giornalisti, anche molto abili, ed è stata organizzata una produzione di libri, riviste, notizie che hanno avuto, naturalmente, grande eco nell'opinione pubblica (55)(56)(57)(58).

I gruppi imprenditoriali hanno organizzato delle "proprie" organizzazioni e associazioni ambientaliste, fra cui quelle di "consumerismo verde", il "Business Council for sustainable development" (59) e numerose altre, anche per il settore agricolo.

La ricostruzione di questa storia può mostrare bene come, per una decina d'anni, circa dal 1970 al 1980, l'opinione pubblica ha avuto disponibili informazioni sui guasti ecologici; dal 1980 il grande capitale imprenditoriale ha dominato sempre più pesantemente i grandi mezzi di comunicazione nei quali si sono fatte sempre più scarse e marginali le notizie di incidenti, guasti, inquinamenti, contaminazioni ambientali, addirittura con la graduale diffusione di sospetti di esistenza di qualche forma di "terrorismo ecologico".

Sempre maggiore attenzione è stata riservata, invece, ai "benéfici" effetti della produzione industriale e alla capacità dell'industria di dare risposte produttive alla "giusta" domanda di ambiente. La storia potrà mostrare come, alla proteste per la plastica le imprese abbiano risposto con l'invenzione di una "plastica biodegradabile" (che tale non era affatto); alla scarsità di petrolio hanno risposto con la produzione di alcol etilico carburante ottenuto da devastanti coltivazioni di canna da zucchero o cereali.

Per il successo di alcune di queste operazioni è stata utilizzata anche la collaborazione di parte del movimento ambientalista a cui è stata data l'illusione di poter partecipare, con correzioni benevolmente ecologiche, alle scelte del potere elettrico, automobilistico, chimico, petrolifero.

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