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A sostenerlo è Paul Connet

«Di rifiuti bruciati si può anche morire»

Incontro con un professore di chimica americano che ha illustrato gli effetti che possono derivare dall’attività dei termovalorizzatori. Il professor Connet ha illustrato gli effetti che, secondo autorevoli studi americani, avrebbero le polveri sottili emesse dai termovalorizzatori.
3 febbraio 2008
Alessio Pisanò
Fonte: L'Arena

Inceneritore «Gli inceneritori uccidono». A sostenerlo è Paul Connet, professore emerito di chimica alla St Lawrence University di Canton, New York, all’assemblea organizzata dagli amici di Beppe Grillo di Verona, in sala Lucchi. Il professor Connet ha illustrato gli effetti che, secondo autorevoli studi americani, avrebbero le polveri sottili emesse dai termovalorizzatori: «Ogni tre tonnellate di rifiuti bruciati si genera una tonnellata di ceneri tossiche, il 10 per cento delle quali non viene catturato dai filtri di depurazione dall’impianto.

Si tratta di nanoparticelle, più piccole del Pm10 ma molto più pericolose». Queste particelle, secondo Connet, viaggiano per lunghe distanze e rimangono nell’aria per molto tempo. «L’inalazione di queste sostanze», ha proseguito, «causa malattie allergiche, asma bronchiale, bronchiti acute e croniche, enfisemi polmonari, tumori, ictus ed attacchi cardiaci».

Ecco perché, ha aggiunto, «negli Stati Uniti, dal 1985 al 1995, è stata bloccata la costruzione di circa 300 inceneritori». Connet li ha definiti «un vero crimine ambientale».

Attualmente la legislazione italiana prevede misure di contenimento delle polveri più grandi, come il Pm10, mentre le nanoparticelle non vengono considerate. «È come volare con gli occhi chiusi», ha esclamato Connet.

Secondo lo studio presentato dal ricercatore americano, inoltre, gli inceneritori si basano su una tecnologia non solo molto costosa, ma che permette un ricavato di energia 3 o 4 volte inferiore ad altri metodi di trattamento rifiuti, come il riciclaggio e il compostaggio (la trasformazione dei rifiuti organici in concime).

Negativo anche il suo giudizio sul termovalorizzatore di Brescia, al quale si guarda come un esempio da seguire: «È costato circa 300 milioni di euro, inquina e ha prodotto solo 80 posti di lavoro». Il professor Connet, inoltre, ha criticato duramente l’oncologo italiano di fama mondiale, Umberto Veronesi: «Dire che gli inceneritori sono a rischio zero è scientificamente azzardato oltre che irresponsabile».

Alessandro Natali, responsabile del gruppo veronese degli amici di Grillo, fa sapere che continua la raccolta di firme contro l’inceneritore di Ca’ del Bue: «Abbiamo superato le seimila, aspettiamo una risposta dalle istituzioni». All’incontro sono stati invitati anche gli amministratori dei Comuni interessati. All’appello ha risposto Zevio, col sindaco Paolo Lorenzoni e l’assessore all’ambiente Samuele Campedelli.

LA «SOLUZIONE». Qual è allora la soluzione? «Semplice: non produrre rifiuti». La risposta del professor Connet si basa sul piano «Rifiuti zero 2020» che si propone, entro questa data, di risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti smettendo di produrre materiali che originano scarti. Connet ha portato l’esempio della Beer Industry, azienda di birra canadese che da oltre 50 anni utilizza bottiglie di vetro: il 98 per cento viene recuperato, ogni bottiglia viene usata mediamente 18 volte e sono stati creati 2.000 posti di lavoro senza spese per la comunità. «I residui equivalgono ad una cattiva progettazione industriale. Bisogna abbandonare la logica dell’usa e getta ed abbracciare quella della produzione sostenibile».

Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti non evitabili, Connet cita l’esempio di San Francisco, dove un’accurata raccolta differenziata porta a porta (75 per cento del totale) rende possibile il riciclaggio ed il compostaggio. Indispensabili, a tal proposito, impianti di separazione della frazione residua, che permettano una differenziazione capillare. Già un migliaio di Comuni in Italia hanno ottenuto il 50 per cento di conversione dalla raccolta porta a porta.

«Oltre alla responsabilità industriale e della comunità», ha concluso Connet, «è indispensabile una guida politica in grado di indicare la strada dello sviluppo sostenibile».

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