Seveso, a 32 anni dalla diossina ancora rischi tiroidei per i neonati
MILANO - Era da poco passato mezzogiorno il 10 luglio del 1976 quando dallo stabilimento chimico dell´Icmesa di Meda l´esplosione di una valvola di sicurezza provocò l´uscita di un´immensa nube tossica di diossina che colpì in particolare il comune di Seveso, in Brianza.
Oggi, a 32 anni da quel drammatico disastro ambientale, uno studio epidemiologico realizzato dal team di Andrea Baccarelli, dell´Università degli Studi di Milano, in collaborazione con i ricercatori della Harvard School of Public Healt di Boston, pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos Medicine, documenta come gli effetti di quell´avvelenamento siano ancora riscontrabili nei neonati partoriti da mamme che all´epoca dell´incidente erano bambine.
I bimbi nati da madri che vivevano nell´area contaminata risultano infatti, sei volte più della media, a rischio di alterazioni della tiroide. «Una diminuzione delle funzioni tiroidee - spiega Baccarelli - che può determinare in qualche caso diminuzione dell´accrescimento corporeo e dello sviluppo cerebrale. Non si tratta certo di pericolo di vita per i bambini, ma in ogni caso è evidente come le tracce di quel lontano incidente siano ancora presenti oggi. Non sappiamo esattamente con quali possibili effetti complessivi sulla salute».
La diossina è un veleno che persiste nell´ambiente e si accumula nell´organismo. In particolare il tipo di diossina liberata dall´incidente di Seveso, la "2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina"(TCDD), è la più pericolosa tra le diossine. Classificata dall´Organizzazione mondiale della sanità come cancerogeno di prima classe. Per analizzare l´effetto dei questa diossina sui bambini nati tra i 25 e i 30 anni dopo l´incidente, i ricercatori hanno preso in esame due gruppi di donne. Il primo composto da 1772 donne che vivevano nelle vicinanze della fabbrica (zona A), e in un´area leggermente più distante (zona B).
Il secondo da altrettante donne che abitavano più lontano, in una zona non contaminate dalla nube tossica. Spiega Baccarelli: «In tutto abbiamo studiato 1.014 bambini e misurato i livelli neonatali di tireotropina ematica (b-TSH), un ormone tiroideo usato come parametro per capire se la tiroide funziona bene. I bimbi delle donne che abitavano nella zona A risultano avere un rischio di 6,6 volte maggiore di disfunzioni tiroidee. Inferiore, ma sempre elevato, il rischi anche per quelle che abitavano nella zona B». A questo punto saranno necessari ulteriori studi a lungo termine per stabilire se questi valori alterati determineranno altri problemi in futuro.
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