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Sansavenir

Il reportage di Pierangelo Laterza a Taranto
3 settembre 2013

pierangelolaterza.com

Il nome "sansavenir" proviene da una scritta sul muro che circonda l'Ilva, nel tratto di strada che porta al quartiere Tamburi, la parte della città che più risente dell'inquinamento prodotto da questo impianto industriale. Quella scritta è stata una delle prime cose che ho visto quando sono arrivato a Taranto per incominciare a fotografare, e fin da subito mi ha restituito un'immagine di sintesi di qual è oggi il rapporto tra la città e l'Ilva.

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Questa impressione mi è stata confermata successivamente nei discorsi avuti con gli abitanti di Taranto: l'inquinamento a cui è stata sottoposta questa città per decenni, e a cui continua ad essere soggetta, ha portato ad una condizione "senza avvenire" se non si cambia drasticamente rotta e se non lo si fa immediatamente.

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La scelta di Taranto è nata nel momento in cui nel luglio del 2012 la magistratura ha stabilito che l'attività dell'Ilva era responsabile di inquinamento e dunque ha predisposto il sequestro di una parte dei suoi impianti. A seguito di ciò la città, che ha incominciato ad essere percorsa da un movimento di protesta, è stata a lungo al centro della cronaca e del dibattito nazionale.

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Questioni fondamentali quali la salute, il lavoro, l'ambiente, l'economia sono concentrate e drammaticamente contrapposte in questa città del sud italia, e a Taranto qualsiasi aspetto della città è coinvolto in questa vicenda.
E' questo il motivo per il quale ho incominciato ad interessarmi alla vicenda, ad andare a Taranto, a conoscere la sua storia, a parlare con le persone che ne vivevano le conseguenze quotidianamente e infine a fotografare.

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La "questione Taranto" non riguarda solamente l'Ilva, e non riguarda solo i quartieri più vicini ad essa. Essendo una questione che riguarda, e lo fa da 50 anni, le conseguenze sulla salute degli abitanti, le scelte di tipo economico e produttivo, i risvolti occupazionali, il danno ambientale, è tutta la città ad esserne coinvolta.

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Per questo motivo la mia ricerca fotografica si è rivolta ad una molteplicità di aspetti e di luoghi. Partendo dai dintorni più immediati dell'Ilva (la cui area ha una dimensione di più del doppio rispetto alla città); il quartiere Tamburi, il più drammaticamente colpito a livello di inquinamento e di danni alla salute degli abitanti, con le sue case dipinte di rosso per rendere meno evidente il colore dei minerali che su di esse (e nei polmoni dei suoi abitanti) si depositano; il cimitero di San Brunone, addossato all'Ilva, in cui sono visibili le tracce dei depositi di ferro e carbone che si diffondono nell'area circostante; l'area industriale che comprende anche l'Eni e un cementificio, responsabili ugualmente di una parte dei problemi di inquinamento; le campagne intorno alla città, in particolare verso Statte, compromesse dalla diossina, in particolare per gli allevamenti di ovini e caprini, di cui si è reso necessario l'abbattimento e il divieto entro una certa area; il mare di Taranto, la sua bellezza e ricchezza come attività di pesca, ma anche i danni (gli allevamenti di cozze interdetti in una certa area del mar Piccolo) che ha subito dall'inquinamento dato dai residui della produzione gettati nelle acque; il centro storico di Taranto, l'isola, i molti suoi palazzi in stato di abbandono anche a causa della crisi dell'attività dei pescatori; la parte più nuova della città; l'area della Marina militare.

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Ho provato a parlare di Taranto. Di quello che c'è oggi in questa città, dello skyline industriale che Taranto offre alla vista di chi arriva e di chi ci vive, e di quello che è stato sacrificato sull'altare di un certo tipo di industrializzazione, che qui è stata onnicomprensiva e capace di sopraffare quasi qualsiasi altro tipo di attività, fatta passare per "vocazione" della città, che ha avuto in realtà ben altro tipo di vocazioni messe da parte: il mare, da cui ci si è sempre più allontanati, in particolare come attività produttiva; il turismo e la ricchezza storica e culturale della capitale della magna grecia, che è diventata una opzione quasi impossibile da praticare; la campagna, che ha subito gravi danni e che dunque viene abbandonata.
In particolare ho parlato di Taranto all'ombra delle ciminiere dell'Ilva, che sono quasi sempre presenti e più o meno visibili nelle mie immagini.

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Le fotografie sono state realizzate in periodi diversi: una parte a novembre e dicembre del 2012 e una parte durante l'aprile del 2013.
Una selezione delle fotografie (45) è stata raccolta in un libro autoprodotto da me, realizzato nel giugno del 2013.

 

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Pierangelo Laterza cell. +39 3343810714

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©2013 pierangelo laterza

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