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Impianti a Collettori Parabolici, seconda alternativa sostenibile per Taranto

Valutazione tecnologica dell'impianto a collettori parabolici di Priolo Gargallo (SR)
5 febbraio 2016
Gianmarco Tedesco

Dopo aver descritto la tecnologia a “Torre Solare” che, come abbiamo visto, rientra nella “famiglia” di impianti a Solare Termodinamico, analizziamo oggi una seconda tecnologia che va sotto il nome di impianti a Collettori Parabolici Lineari.

Cercherò di descrivere in modo semplice (anche se non è mai facile sintetizzare problemi complessi come questi) l’utilizzo di questa tecnologia, cercandone di evidenziarne le potenzialità. L’obiettivo sarà quello di fornirne una valida descrizione cercando di coglierne possibili sviluppi futuri sulla base delle attuali tecnologie disponibili.

È possibile immaginare l’impianto a collettori come costituito da 4 sezioni: campo solare, sezione di accumulo, generatore di vapore, impianto a vapore. Analizziamo la prima sezione; questa è costituita da un insieme di collettori parabolici (concentratori) che altro non sono che degli specchi parabolici. La radiazione solare impatta sul collettore, viene riflessa, ed indirizzata al ricevitore. All’interno del ricevitore entrano sali fusi (60% nitrato di sodio e 40 % nitrato di potassio) freddi (circa 250 °C), i quali ricevono il calore dalla radiazione solare ed escono riscaldati ad una temperatura media di 500 °C. I collettori possono anche ruotare attorno al loro interasse per “catturare” in modo efficiente la radiazione solare nell’arco dell’intera giornata.

Schema di funzionamento concettuale di un collettore parabolico lineare

 

Dopodiché il principio di funzionamento è molto simile agli impianti a Torre Solare; vale a dire i sali riscaldati entrano in un generatore di vapore (sezione con generatore di calore), cedono il calore all’acqua che diventa vapore, il vapore si espande in turbina e produce energia elettrica (impianto convenzionale a vapore). La presenza della sezione di accumulo consente di modulare la produzione di energia e fare in modo che l’impianto produca energia anche in assenza di radiazione solare (tempo di accumulo variabile dalle 7 alle 10 ore).

Mi piacerebbe parlarvi, adesso, di un progetto fortemente voluto dal Premio Nobel prof. Carlo Rubbia che, in collaborazione con ENEA, ha fortemente spinto per il collaudo del “Progetto Archimede”. Già dal 2000 ENEA, nell’ottica del grosso progetto SOLARTERM (http://cordis.europa.eu/project/rcn/90568_en.html),  aveva avuto incarico di sviluppare (con fondi pari a 103 M€ ridotti poi a 48 M€ per motivi di bilancio, derivanti dalla legge 388/200 art. 111 http://www.camera.it/parlam/leggi/00388l02.htm#legge) nuove tecnologie che consentissero un migliore sviluppo del solare termodinamico. Fu scelto il sito di Priolo Gargallo (Siracusa) che tra i Comuni dello stivale italiano risulta essere tra i più soleggiati in termini di radiazione solare annua su singolo m2 come mostra la mappa solare.

Mappa della Radiazione Globale Orizzontale (GHI)

La mappa mostra la quantità di energia solare media che annualmente insiste sullo stesso metro quadrato di terreno. Da questa mappa si vede come la radiazione sulla nostra bella città sia mediamente pari a 1600 kWh/m2 vale a dire l’8,5 % in meno rispetto al sito siciliano; già questo ci basterebbe per dire che il campo solare, a parità di potenza erogata dall’impianto, dovrebbe essere 8,5 volte mediamente più esteso rispetto a quello di Priolo comportando un incremento sui costi complessivi che sarebbero, pertanto, più onerosi. Mi piace parlarvi di questo progetto dal momento che nel settore ingegneristico, come in tanti altri settori di natura scientifica, l’Italia primeggia nel mondo e lo dimostra il fatto che il prof. Rubbia sia riuscito a collaudare questi nuovi collettori prima in Spagna e dopo molto tempo in Italia; della serie nessuno è profeta a casa propria.

La centrale prevede l’integrazione del solare termodinamico in un contesto di centrale a ciclo combinato gas-vapore (che utilizza quindi gas ed olio combustibile come fonte primaria di energia) per l’erogazione di una potenza pari a 5 MW dall’impianto solare e 760 MW da ciclo combinato. Mi interessa mostrarvi la differenza tra le potenze erogate dai due impianti per farvi comprendere anche quale siano le diverse concentrazioni di energia tra la fonte fossile (ciclo combinato) e la fonte solare (impianto a solare termodinamico). Sezione specchi dell'impianto solare di Priolo Gargallo (SR)

A sinistra mostro una vista dell’area specchi della centrale di Priolo Gargallo; come mostrato nell’articolo allegato, la superficie riflettente occupa un’estensione di 180.000 m2 mentre l’area occupata dall’impianto è circa pari a 370.000 m2 (area Ilva di Taranto circa pari a 15.000.000 m2 con principale sviluppo direzione Nord-Sud). 

Concludo cercandovi di dare la mia personale idea per la quale questi impianti sono da preferirsi rispetto alla tecnologia fotovoltaica, almeno su scala industriale. Vi mostro un’immagine relativa all’impianto spagnolo Andasol 3 (Granada), immagine estrapolata dall’articolo che trovate allegato, che mostra come l’impianto a solare termodinamico sia in grado di produrre energia elettrica anche in assenza della radiazione solare (durante le ore notturne oppure durante le ore diurne in condizioni atmosferiche avverse).

Produzione energetica dell'impianto ANDASOL 3 (Granada)

I cerchi rossi mostrano i periodi della giornata nella quale la radiazione solare (curva gialla) è stata assente oppure molto bassa. Si vede come la produzione di energia elettrica (curva verde) si mantenga pressoché costante anche in assenza della radiazione solare proprio per effetto della presenza dei serbatoi di accumulo il cui livello (curva azzurra) diminuisce quando la radiazione solare è assente ed aumenta quando la radiazione solare è presente.

Il fotovoltaico non garantisce, per ora, questo tipo di approccio perché non si sono sviluppati adeguati sistemi di accumulo di energia elettrica; motivo per il quale il fotovoltaico, per ora, può essere adoperato solo in una logica di piccoli impianti per autoconsumo (vale a dire il piccolo impianto installato sul tetto che produce l’energia necessaria alla casa – impianti grid connected, Conclusione n° 2 dell’articoletto “Conto Energia, capiamo cosa sia”).

Vi chiedo scusa se sono sceso un po’ nel dettaglio, ma vi assicuro che non è per niente facile semplificare concetti piuttosto articolati come questi. La mia speranza è che possiate aver capito anche solo il 50% di quello che ho scritto, quel tanto che basta per essere consapevoli del fatto che una zona sufficientemente soleggiata come l’area di Taranto (1600 kWh/m2) che dispone di un’estensione di circa 15 km2 ha tutte le carte in regola per ospitare impianti sostenibili come questo.

Nel prossimo articoletto farò un dimensionamento di massima di una centrale a solare termodinamico da sviluppare sull’area Ilva di Taranto che utilizzi la tecnologia dei collettori parabolici lineari offrendo anche una stima di massima dei possibili costi da sostenere.

Non cedete il passo alla rassegnazione, un’altra Taranto è possibile.

Allegati

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