"Economia all'idrogeno"
E’ormai universalmente noto che le attuali risorse energetiche mondiali: carbone, petrolio e gas naturali dopo decenni di sfruttamento capillare stanno per esaurirsi. Parimenti, da circa un sessantennio, il loro uso pervasivo sta alterando velocemente gli equilibri naturali della terra. Il risolvimento del problema del passaggio a un’economia energeticamente sostenibile e non più dipendente dai combustibili fossili è ormai qualcosa che non può più essere procrastinato. La ricerca di energie alternative si fa perciò sempre più impellente. La scelta potrebbe cadere nei prossimi anni su una nuova fonte di energia: l’idrogeno, considerata una fonte energetica virtualmente illimitata, poco costosa e non inquinante; sarà l’artefice di una nuova rivoluzione industriale.
Ne è convinto Jeremy Rifkin, economista americano e presidente della Foundation Economic Trends di Washington, attento e intelligente osservatore delle tendenze socio-economiche mondiali contemporanee. Autore di diversi libri su argomenti di grande attualità: dalle biotecnologie del “ Secolo biotech”, alla new economy dell’ “Era dell’accesso” fino a “Ecocidio”, una denuncia sull’abuso del consumo di carne nel mondo occidentale e dei suoi disastrosi risvolti ecologici che questo atteggiamento comporta. “Economia all’idrogeno” è il suo nuovo saggio, nel quale l’autore prefigura la fine della civiltà del petrolio e l’avvento di una società dove l'energia per buona parte dell’umanità sarà ricavata dall'idrogeno.
Tesi centrale del libro di Rifkin, è l’assunto che tra circa quaranta, cinquant’anni si arriverà all’esaurimento del 50 per cento delle riserve globali di petrolio che sommato all’attuale surriscaldamento del pianeta, e al forte debito del terzo mondo per pagarsi l’energia, saranno solo alcune delle concrete premesse per questo decisivo cambiamento di rotta. “Oggi l’idrogeno” spiega Rifkin, intervistato dal quotidiano l’Unità (11-09-02), “bisogna estrarlo dai gas combustibili come il metano che tra dieci anni inizierà a scarseggiare. Ma l’idrogeno si trova ovunque. Ad esempio le stelle sono fatte d’idrogeno, e quando l’universo brucia, nelle sue trasformazioni si ha emissione di acqua distillata e calore, si dovrà catturare energia pulita - geotermica, eolica, solare - per generare elettricità che elettrolizzi l’acqua. Poi si separa l’idrogeno, lo si conserva e lo s’inserisce in cellule combustibili da usare. Il problema è la conservazione, perché l’energia si disperde facilmente, e va messa al riparo dalla penuria delle stesse energie rinnovabili, incluse quelle idroelettriche. L’idrogeno si presta a meraviglia ad essere conservato, e allora occorre muoversi in tempo in questa direzione”.
Il primo a proporre un’economia mondiale basata sull’idrogeno, come riporta il dott. Ugo Bardi del dipartimento di chimica dell’Università di Firenze (www.unifi.it) è stato negli anni settanta Cesare Marchetti, ricercatore dell’International Insitute for Applied Systems Analysis di Laxenburg, in Austria. Marchetti riteneva che i tempi naturali di sostituzione del petrolio con l’idrogeno fossero dell’ordine dei 50-100 anni. Per dare un’idea dei costi verso la fine degli anni 80, si fece anche uno studio dettagliato sulla possibilità di costruire un mega-impianto solare fotovoltaico in Algeria per fornire energia elettrica a tutta la Germania del sud, attraverso un idrogenodotto. Il costo totale dell’impresa fu stimato in 150-200 miliardi di Euro. Una cifra corrispondente più o meno al costo delle spese militari annuali dei paesi dell’Unione Europea. Per Marchetti, se somme di questo genere fossero usate sull’energia con uno sforzo organizzato da tutti i paesi europei, in circa 10-20 anni si potrebbe creare una struttura di base che metterebbe al riparo l’Europa dalle future crisi energetiche. Ma oggi i tempi di riconversione poichè sono dettati dal mercato e dalle sue logiche di profitto, ancora non sono maturi. Ci vorranno anche negli anni a venire, delle svolte politiche radicali, assolutamente impensabili oggi, dove intelligenza e prospettive a lungo termine, sono purtroppo beni rarissimi. “ Si tratta di una nuova era, analoga, quanto a discontinuità, al passaggio dall’agricoltura all’industria” dice Rifkin “la transizione all’energia rinnovabile muterà la scala dei valori: consumi, stili di vita, classi sociali. L’immagazzinamento dell’idrogeno è solo il primo passo di una rivoluzione planetaria, e non sono così ingenuo da non vedere che si aprirà un conflitto gigantesco, per il controllo di processi, distribuzione e conoscenze”. (L’Unita’ 11-09-02).
Per Rifkin comunque, già ora qualcosa sta cambiando. L’Europa, che si è data come obbiettivo in otto anni una soglia del 22% di elettricità basata su fonti di energia rinnovabili, ha già intrapreso più velocemente degli Stati Uniti che, “sono disperatamente inchiodati al passato, e oggi devastano l’Alaska a caccia di petrolio altamente inquinante. Oppure pensano di invadere l’Irak, per prendersi il 9% dell’estrazione mondiale, e poi si accordano con la Russia per approvvigionarsi”, la strada di una riconversione energetica. Da tempo infatti, per fare solo un esempio, secondo un rapporto del WWF International, la piccola Islanda, potrebbe diventare la prima nazione a liberarsi dei combustibili fossili. Entro il 2020 il paese potrebbe alimentare il 40% delle macchine e dei pescherecci con l’idrogeno; e avere un sistema di trasporto completamente alimentato ad idrogeno entro il 2035. Ma non solo, anche compagnie private come la British Petroleum e la Shell recentemente hanno acquistato, diverse imprese che producono tecnologie per le energie rinnovabili.
Ma quali scenari mondiali si prospetteranno in un futuro dove la maggior fonte energetica deriverà dall’idrogeno? Innanzitutto, il mondo basato sull’idrogeno sarà un mondo, dove le risorse energetiche saranno delocalizzate e differenziate, perché, proprio per la peculiarità “fisica” di questo combustibile: “ Quando ogni singola abitazione e azienda potranno rigenerare e distribuire energia a piacimento attraverso l’estrazione e il riciclaggio dell’idrogeno- e le cellule combustibili di tale elemento- si potrà costruire un’economia più democratica, basata sull’interscambio del sovrappiù energetico. Senza dover subire le transazioni ineguali controllate dalle grandi industrie”. L’idrogeno, sempre secondo Rifkin, farà terminare la dipendenza del mondo dal petrolio fino ad oggi importantissima arma di condizionamento economico e geopolitico mondiale e ridurrà notevolmente le emissioni di gas serra, risolvendo in buona parte anche gli effetti del surriscaldamento del pianeta (un breve cenno andrebbe fatto per quanto riguarda la sicurezza di questo combustibile. L’idrogeno, a detta non solo di Rifkin, ma anche di notevoli esperti si può considerare un combustibile sicuro. “Ovviamente, -scrive il dott.Ugo Bardi- “come tutti i combustibili è infiammabile e va maneggiato con le precauzioni del caso. Se mescolato con l’ossigeno in un ambiente chiuso genera una miscela esplosiva, ma in questo non è molto differente dagli attuali gas naturali. In pratica, essendo leggero, l’idrogeno tende a diffondere rapidamente in alto e a non accumularsi, per cui i problemi in questo senso sono molto ridotti. In incidenti con veicoli alimentati a idrogeno si è visto come anche nel caso di una rottura dei serbatoi, l’idrogeno tende semplicemente a sfuggire verso l’alto. Se si incendia, genera una fiammata localizzata che si esaurisce rapidamente”).
Il sistema energetico a idrogeno, che utilizzerà le stesse tecnologie intelligenti e gli stessi principi di progettazione che hanno reso possibile Internet, sarà per Rifkin, “il primo vero regime energetico democratico della storia”. Quando milioni di utenti finali “connetteranno le loro celle a combustibile alimentate a idrogeno in reti energetiche locali, regionali e nazionali, ogni essere umano potrà averne facoltà di produzione ed utilizzo. Una volta funzionante, la rete mondiale di energia a idrogeno diventerà la prossima grande rivoluzione tecnologica, commerciale e sociale, sulla scia dello sviluppo che ha avuto Internet negli anni '90”.
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