Il silenzio perdura.
Ieri, ad un mese dagli attentati a Parigi, l'elettorato francese ha punito il governo Hollande per le falle nella sicurezza nazionale – ma solo relativamente. Ha concesso il 27% dei voti alla destra securitaria di Marie Le Pen alla prima tornata (un record), ma non abbastanza voti alla seconda per vincere in nessuna delle 12 regioni in ballo. Il partito di Hollande ha vinto in cinque, quello di Sarkozy in sette.
Eppure il tandem Sarkozy/Hollande è direttamente responsabile per le orrendi uccisioni compiute al Club Bataclan e in altri quattro luoghi a Parigi il 13 novembre 2015.
Infatti, i due Presidenti francesi, insieme agli USA, alla Turchia e ai paesi del Golfo, hanno creato e armato i jihadisti operanti prima in Libia e poi in Siria, i quali poi hanno addestrato e foraggiato gli attentatori di Parigi. Non solo, ma hanno importato in Libia e in Siria questi loro orrendi mercenari per rovesciare con la violenza i governi dei due paesi, seviziando o tagliando la testa a chiunque – militare o civile – sostenesse Gheddafi o Assad. Il che vuol dire gran parte della popolazione: infatti, malgrado quanto asseriscono i mass media occidentali, nel 2011 gli anti-Gheddafi risultavano maggioritari solo nelle piazze delle grandi città; e oggi gli anti-Assad non sono più maggioritari nemmeno lì.
Le azioni di Sarkozy e di Hollande, dunque, sono un crimine secondo tutte le norme internazionali. Non si coltivano la democrazia e il rispetto per i diritti umani in una società giudicata oppressa, importando tagliagole e fomentando la guerra.
Quindi gli orrori che i parigini hanno provato la notte del 13 novembre, Sarkozy e Hollande li avevano già fatti provare a gran parte delle popolazioni civili della Libia e della Siria continuamente dal 2011 – pur sapendo che queste loro azioni illegali rischiavano di provocare rappresaglie contro le popolazioni della Francia e dell'Europa.
Una parentesi:
L'affermazione appena fatta – sugli orrori che Sarkozy e Hollande hanno fatto provare – potrebbe turbare molti lettori. I telegiornali, infatti, ci presentano le atrocità delle milizie jihadiste come se noi non c'entrassimo per niente, come se noi non avessimo nessuna responsabilità nell'addestrare quelle milizie e nell'incitarle alla violenza. Peggio, come se noi non avessimo nessuna responsabilità nel praticare il terrorismo noi – per primi – nei paesi di quei jihadisti.
Prendiamo il caso della “guerra civile” in Libia nel 2011. I telegiornali dell'epoca ci hanno fatto vedere la brutale uccisione dell'allora Capo di Stato Gheddafi come se fosse il popolo, “sollevatosi contro il tiranno”, a farlo. Mentre si trattava di milizie jihadiste, da noi reclutate e importate con la complicità del Qatar, e guidate nella ricerca della macchina di Gheddafi dai droni NATO controllati dalla base italiana di Sigonella in Sicilia. E non solo. Queste nostre milizie, poi, durante i combattimenti per rovesciare il governo, sono stati responsabili di inenarrabili orrori: hanno mutilato, decapitato e bruciato vivi i loro prigionieri pro-governativi; hanno massacrato intere famiglie libiche soltanto perché di pelle nera o perché il capo famiglia risultava un impiegato governativo, quindi probabilmente filo-Gheddafi.
E non finisce qui. Noi Occidentali abbiamo commesso delle atrocità anche in prima persona, e non soltanto attraverso le milizie jihadiste da noi create.
Pochi ne sono consapevoli perché, nel 2011, i TG ci hanno convinto che i nostri bombardamenti in Libia fossero soltanto “chirurgici”. Mentre la realtà è stata ben diversa: i filmati girati dai libici stessi con i loro cellulari hanno mostrato quanti orrori e devastazioni hanno causato le nostre bombe lanciate anche su case civili e su infrastrutture vitali. Idem per la Siria oggi, da oltre un anno. Sono video che i libici e i siriani hanno postato in Internet e che i giovani attentatori del 13 novembre, davanti ai loro computer in Belgio, sicuramente hanno visto – giurando vendetta mentre guardavano.
Ma di tutto questo siamo stati lasciati all'oscuro. Se la TV manda in onda ogni tanto dei video amatoriali siriani, sono quelli realizzati dai ribelli da noi sponsorizzati e che mostrano soltanto le devastazioni causate dal regime. Non vediamo mai il terrorismo nostro, ingiusto e criminale, che provoca il terrorismo loro, l'ingiusta e criminale risposta.
Ma chiudiamo questa parentesi e torniamo al nostro discorso. Stavamo dicendo che è ormai accertato che i due Presidenti francesi, nel loro tentativo di sottomettere con la violenza due paesi musulmani, prima la Libia e poi la Siria, erano pienamente consapevoli che potevano incitare alla violenza anti-occidentale schiere di giovani musulmani e quindi che mettevano a rischio la vita dei propri concittadini. Ma questa consapevolezza non li ha fermati.
Perciò sembrerebbe scontato che, dopo i fatti del 13 novembre, il popolo francese si sollevasse in massa per chiedere conto ai due Presidenti francesi del loro operato – anche penalmente, davanti alla ICC. Anzi, dal momento che siamo nel mirino anche noi in quanto cittadini europei, avremmo dovuto farlo noi tutti.
Invece, niente.
Come dopo l'attentato di Charlie Hebdo il 7 gennaio di quest'anno: i parigini avrebbero dovuto scendere in strada per chiedere la testa di Hollande. Invece sono scesi in strada tenendo in alto una matita per proclamare, con fierezza, la propria ferma determinazione di difendere la libertà d'espressione. Cortei, appunto, voluti dal governo per trasformare le proprie colpe in un'occasione di unità nazionale dietro valori sacrosanti.
L'unico gesto di protesta che il popolo francese è riuscito ad esprimere contro il proprio governo è stato quello di ieri, ad un mese esatto dalla tragedia del 13 novembre. In che cosa è consistito? Nel votare un po' meno il Partito Socialista per punire il suo capo per non aveva chiuso a dovere le falle nel sistema di sicurezza rivelatesi 10 mesi prima. E basta.
In pratica, è come se l'elettorato avesse detto: “Caro Hollande, bombarda pure i civili in Iraq e in Siria come hai fatto in Libia; addestra pure gli squadroni jihadisti da usare contro i soldati e i civili pro-governativi della Siria e contro le milizie non allineate della Libia; fa quello che ti pare all'estero, ma proteggici dalle conseguenze delle tue azioni qui da noi, non chiediamo altro.”
Così i francesi danno carta bianca al loro governo – come noi la diamo al nostro che, per fortuna, non la sta usando adesso (per non mettere a rischio il Giubileo?) – di continuare a bombardare e a fomentare guerre civili per sottomettere i paesi musulmani al nostro volere. Non perché sono musulmani, ben inteso (non facciamo guerre di religione, noi altri, per carità!), bensì perché hanno le risorse naturali che ci servono (facciamo invece guerre per il dio denaro, il nostro vero culto, quelle sì – e di continuo: una vera jihad occidentale!).
Ma così facendo, creiamo solo nuovi odi e nuovi rischi di vendetta! Com'è possibile, un atteggiamento così palesemente cieco ed autolesionista da parte dell'opinione pubblica in tutta l'Europa?
I motivi sono tanti ma quello principale è l'influenza condizionante dei mass media che hanno trasformato il nostro sgomento davanti ai fatti di Parigi, non in una giusta rabbia contro chi ci ha messo nel mirino, bensì:
-
STRATEGIA N° 1: in un odio contro la comunità religiosa degli attentatori (anche se essi non hanno agito affatto per motivi religiosi bensì per vendetta per i fratelli da noi uccisi, secondo le loro stesse testimonianze); vedi ad esempio i servizi giornalistici, anche volgari, come questo; oppure
-
STRATEGIA N° 2: nella fierezza di saper tener testa al terrorismo in nome dei valori sacrosanti della nostra civiltà. Proprio la fierezza che ispira l'articolo del giornale Die Welt che appare nella nostra rubrica Le traduzioni di PeaceLink e di cui parleremo più avanti.
Si tratta, dunque, di una doppia strategia propagandistica messa a punto in tutto l'Occidente nel 2003 per fronteggiare gli inevitabili casi di “blowback” (le ricadute in casa nostra delle aggressioni, anche dissimulate, che noi conduciamo all'estero). Escogitata dai consiglieri di Bush jr, la strategia è stata poi adottata e messa in pratica da tutte le maggiori testate in Occidente – come quelle britanniche, che l'hanno usato alla perfezione dopo gli attentati terroristici nella Metropolitana londinese del 7 luglio 2005.
Per consentire al lettore di apprezzare la STRATEGIA N° 2, quella della “fierezza di resistere malgrado la paura”, PeaceLink vi offre la traduzione dal tedesco del reportage della corrispondente da Parigi del Welt subito dopo l'attentato del 13 novembre: "Non ci fate paura!" (E' una menzogna naturalmente). Un capolavoro.
Il reportage manda infatti ai suoi lettori il seguente messaggio, da interiorizzare e fare proprio: “Anche se proviamo tanto sgomento, anche se proviamo ira contro un governo che non ci ha protetto, ciò nonostante non ci lasceremo piegare e, anzi, proviamo orgoglio nel cercare di vincere la nostra paura e di andare avanti!”
Nobili sentimenti! Ma suscitati a disegno per concentrare la nostra attenzione sugli effetti della tragedia e per distrarre la nostra attenzione dalle cause – in particolare dalle responsabilità del governo che vanno ben al di là delle sue manchevolezze sul piano della sicurezza.
Un bel articolo, dunque, commovente e riflessivo insieme, che però lascia le cose come stanno – perché questo è il suo scopo – e che consente, dunque, a chi ci governa di continuare ad alimentare l'orrenda spirale di violenza-che-richiama-violenza.
La traduzione dell'articolo del Welt, apparso il 15 novembre 2015, è visibile qui.
(L'editoriale di PeaceLink, anch'esso scritto il 15 novembre 2015, è visibile qui.)
Ieri, ad un mese dagli attentati a Parigi, l'elettorato francese ha punito il governo Hollande per le falle nella sicurezza nazionale – ma solo relativamente. Ha concesso il 27% dei voti alla destra securitaria di Marie Le Pen alla prima tornata (un record), ma non abbastanza voti alla seconda per vincere in nessuna delle 12 regioni in ballo. Il partito di Hollande ha vinto in cinque, quello di Sarkozy in sette.
Eppure il tandem Sarkozy/Hollande è direttamente responsabile per le orrendi uccisioni compiute al Club Bataclan e in altri quattro luoghi a Parigi il 13 novembre 2015.
Infatti, i due Presidenti francesi, insieme agli USA, alla Turchia e ai paesi del Golfo, hanno creato e armato i jihadisti operanti prima in Libia e poi in Siria, i quali poi hanno addestrato e foraggiato gli attentatori di Parigi. Non solo, ma hanno importato in Libia e in Siria questi loro orrendi mercenari per rovesciare con la violenza i governi dei due paesi, seviziando o tagliando la testa a chiunque – militare o civile – sostenesse Gheddafi o Assad. Il che vuol dire gran parte della popolazione: infatti, malgrado quanto asseriscono i mass media occidentali, nel 2011 gli anti-Gheddafi risultavano maggioritari solo nelle piazze delle grandi città; e oggi gli anti-Assad non sono più maggioritari nemmeno lì.
Le azioni di Sarkozy e di Hollande, dunque, sono un crimine secondo tutte le norme internazionali. Non si coltivano la democrazia e il rispetto per i diritti umani in una società giudicata oppressa, importando tagliagole e fomentando la guerra.
Quindi gli orrori che i parigini hanno provato la notte del 13 novembre, Sarkozy e Hollande li avevano già fatti provare a gran parte delle popolazioni civili della Libia e della Siria continuamente dal 2011 – pur sapendo che queste loro azioni illegali rischiavano di provocare rappresaglie contro le popolazioni della Francia e dell'Europa.
Una parentesi:
L'affermazione appena fatta – sugli orrori che Sarkozy e Hollande hanno fatto provare – potrebbe turbare molti lettori. I telegiornali, infatti, ci presentano le atrocità delle milizie jihadiste come se noi non c'entrassimo per niente, come se noi non avessimo nessuna responsabilità nell'addestrare quelle milizie e nell'incitarle alla violenza. Peggio, come se noi non avessimo nessuna responsabilità nel praticare il terrorismo noi – per primi – nei paesi di quei jihadisti.
Prendiamo il caso della “guerra civile” in Libia nel 2011. I telegiornali dell'epoca ci hanno fatto vedere la brutale uccisione dell'allora Capo di Stato Gheddafi come se fosse il popolo, “sollevatosi contro il tiranno”, a farlo. Mentre si trattava di milizie jihadiste, da noi reclutate e importate con la complicità del Qatar, e guidate nella ricerca della macchina di Gheddafi dai droni NATO controllati dalla base italiana di Sigonella in Sicilia. E non solo. Queste nostre milizie, poi, durante i combattimenti, sono stati responsabili di inenarrabili orrori: hanno mutilato, decapitato e bruciato vivi i loro prigionieri pro-governativi; hanno massacrato intere famiglie libiche soltanto perché di pelle nera o perché il capo famiglia risultava un impiegato governativo, quindi probabilmente filo-Gheddafi.
E non finisce qui. Noi Occidentali abbiamo commesso delle atrocità anche in prima persona, e non soltanto attraverso le milizie jihadiste da noi create.
Pochi ne sono consapevoli perché, nel 2011, i TG ci hanno convinto che i nostri bombardamenti in Libia fossero soltanto “chirurgici”. Mentre la realtà è stata ben diversa: i filmati girati dai libici stessi con i loro cellulari hanno mostrato quanti orrori e devastazioni hanno causato le nostre bombe lanciate anche su case civili e su infrastrutture vitali. Idem per la Siria dal 2011 ad oggi. Sono video che i libici e i siriani hanno postato in Internet e che i giovani attentatori del 13 novembre, davanti ai loro computer in Belgio, sicuramente hanno visto – giurando vendetta mentre guardavano.
Ma di tutto questo siamo stati lasciati all'oscuro. Se la TV manda in onda ogni tanto dei video amatoriali siriani, sono quelli realizzati dai ribelli da noi sponsorizzati e che mostrano soltanto le devastazioni causate dal regime. Non vediamo mai il terrorismo nostro, ingiusto e criminale, che provoca il terrorismo loro, l'ingiusta e criminale risposta.
Ma chiudiamo questa parentesi e torniamo al nostro discorso. Stavamo dicendo che è ormai accertato che i due Presidenti francesi, nel loro tentativo di sottomettere con la violenza due paesi musulmani, prima la Libia e poi la Siria, erano pienamente consapevoli che potevano incitare alla violenza anti-occidentale schiere di giovani musulmani e quindi che mettevano a rischio la vita dei propri concittadini. Ma questa consapevolezza non li ha fermati.
Perciò sembrerebbe scontato che, dopo i fatti del 13 novembre, il popolo francese si sollevasse in massa per chiedere conto ai due Presidenti francesi del loro operato – anche penalmente, davanti alla ICC. Anzi, dal momento che siamo nel mirino anche noi in quanto cittadini europei, avremmo dovuto farlo noi tutti.
Invece, niente.
Come dopo l'attentato di Charlie Hebdo il 7 gennaio di quest'anno: i parigini avrebbero dovuto scendere in strada per chiedere la testa di Hollande. Invece sono scesi in strada tenendo in alto una matita per proclamare, con fierezza, la propria ferma determinazione di difendere la libertà d'espressione. Cortei, appunto, voluti dal governo per trasformare le proprie colpe in un'occasione di unità nazionale dietro valori sacrosanti.
L'unico gesto di protesta che il popolo francese è riuscito ad esprimere contro il proprio governo è stato quello di ieri, ad un mese esatto dalla tragedia del 13 novembre. In che cosa è consistito? Nel votare un po' meno il Partito Socialista per punire il suo capo per non aveva chiuso a dovere le falle nel sistema di sicurezza rivelatesi 10 mesi prima. E basta.
In pratica, è come se l'elettorato avesse detto: “Caro Hollande, bombarda pure i civili in Iraq e in Siria come hai fatto in Libia; addestra pure gli squadroni jihadisti da usare contro i soldati e i civili pro-governativi della Siria e contro le milizie non allineate della Libia; fa quello che ti pare all'estero, ma proteggici dalle conseguenze delle tue azioni qui da noi, non chiediamo altro.”
Così i francesi danno carta bianca al loro governo – come noi la diamo al nostro – di continuare a fomentare guerre civili all'estero, per sottomettere sempre nuovi paesi musulmani al nostro volere. Non perché sono musulmani, ben inteso (non facciamo guerre di religione, noi altri, per carità!), bensì perché hanno le risorse naturali che ci servono (facciamo invece guerre per il dio denaro, il nostro vero culto, quelle sì – e di continuo: una vera jihad occidentale!).
Ma così facendo, creiamo solo nuovi odi e nuovi rischi di vendetta! Com'è possibile, un atteggiamento così palesemente cieco ed autolesionista da parte dell'opinione pubblica in tutta l'Europa?
I motivi sono tanti ma quello principale è l'influenza condizionante dei mass media che hanno trasformato il nostro sgomento davanti ai fatti di Parigi, non in una giusta rabbia contro chi ci ha messo nel mirino, bensì:
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STRATEGIA N° 1: in un odio contro la comunità religiosa degli attentatori (anche se essi non hanno agito affatto per motivi religiosi bensì per vendetta per i fratelli da noi uccisi, secondo le loro stesse testimonianze); vedi ad esempio i servizi giornalistici, anche volgari, come questo; oppure
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STRATEGIA N° 2: in una fierezza di saper tener testa al terrorismo in nome dei valori sacrosanti della nostra civiltà. Proprio la fierezza che ispira l'articolo del giornale Die Welt che appare nella nostra rubrica Le traduzioni di PeaceLink e di cui parleremo più avanti.
Si tratta, dunque, di una doppia strategia propagandistica messa a punto in tutto l'Occidente nel 2003 per fronteggiare gli inevitabili casi di “blowback” (le ricadute in casa nostra delle aggressioni, anche dissimulate, che noi conduciamo all'estero). Escogitata dai consiglieri di Bush jr, la strategia è stata poi adottata e messa in pratica da tutte le maggiori testate in Occidente – come quelle britanniche, che l'hanno usato alla perfezione dopo gli attentati terroristici nella Metropolitana del 7 luglio 2005.
Per consentire al lettore di apprezzare la STRATEGIA N° 2, quella della “fierezza di resistere malgrado la paura”, PeaceLink vi offre la traduzione dal tedesco del reportage della corrispondente da Parigi del Welt subito dopo l'attentato del 13 novembre. Un capolavoro.
Il reportage manda infatti ai suoi lettori il seguente messaggio, da interiorizzare e fare proprio: “Anche se proviamo tanto sgomento, anche se proviamo ira contro un governo che non ci ha protetto, ciò nonostante non ci lasceremo piegare e, anzi, proviamo orgoglio nel cercare di vincere la nostra paura e di andare avanti!”
Nobili sentimenti! Ma suscitati a disegno per concentrare la nostra attenzione sugli effetti della tragedia e per distrarre la nostra attenzione dalle cause – in particolare le responsabilità del governo che vanno ben al di là delle sue manchevolezze sul piano della sicurezza.
Un bel articolo, dunque, commovente e riflessivo insieme, che però lascia le cose come stanno – perché questo è il suo scopo – e che consente, dunque, a chi ci governa di continuare ad alimentare l'orrenda spirale di violenza-che-richiama-violenza.
La traduzione dell'articolo del Welt, apparso il 15 novembre 2015, è visibile qui.
(L'editoriale di PeaceLink, anch'esso scritto il 15 novembre 2015, è visibile qui.)
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