Copenhagen: le ragioni di un insuccesso
Gli scienziati dicono che per contenere l'aumento della temperatura nei 2 gradi entro la fine secolo occorre un taglio delle emissioni di gas-serra del 25-40% entro il 2020 e poi un taglio del 50% entro il 2050. Queste cifre sono sparite dall'accordo di Copenhagen, così come è sparito ogni vincolo per gli impegni che gli stati vorranno "graziosamente" prendere. Infatti tutti paesi, industrializzati ed in via di sviluppo hanno deciso di concordare a livello nazionale impegni e misure da attuare: è come se un malato assai grave decidesse di assumere come e quando ritiene opportuno le medicine che gli sono state prescritte dal medico. Inoltre non c'è un sistema certo sulle verifiche per controllare i tagli alle emissioni di gas-serra: è come se i controlli del medico fossero demandati alla buona volontà del paziente di ricevere la visita del medico. Infine, per spingere tutti paesi, anche quelli in via di sviluppo, a dotarsi della tecnologia pulita per combattere le emissioni di gas-serra, si dice che verranno stanziati fondi fino al raggiungimento di 100 miliardi di dollari entro il 2020. Ma non ci sono impegni precisi al riguardo, se non forse per i primi due anni.
Questo vertice ha mostrato che non è questa la strada per affrontare un problema che riguarda tutta l'umanità. C'è un precedente storico che può aiutarci a capire quale dovrebbe essere la nuova strada. Nel 1950 Francia e Germania decisero di mettere in comune il carbone e l’acciaio, le due materie attorno alle quali si erano combattute da sempre. Con la famosa dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 crearono la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, aperta poi ad Italia e Benelux. Si trattò di una vera comunità sovrannazionale alla quale gli Stati cedettero il potere di governo e di controllo sulla produzione, la distribuzione ed il commercio di queste due materie. Ed attorno questa prima Comunità si avviò il processo di unificazione europea, che si estese poi ad altre materie (la politica agricola, l’unificazione del mercato interno e, da ultimo, la moneta).
Se oggi si vuole affrontare il problema della riscaldamento del pianeta, della lotta al cambiamento climatico, occorrerebbe seguire quell’esempio, creando una Comunità Mondiale per l'Ambiente, con poteri reali di governo e di controllo sui tagli alle emissioni di gas-serra, di sanzioni nei confronti degli stati che non ottemperano agli impegni assunti. Senza la nascita di un'autorità superiore agli stati nazionali non può emergere un interesse politico globale nella lotta ai cambiamenti climatici.
Lo stesso vertice di Copenhagen è emblematico da questo punto di vista. I due più grandi inquinatori del pianeta - gli Stati Uniti e la Cina, che congiuntamente totalizzano il 41% delle emissioni globali – si sono presentati come i due grandi negoziatori, secondo lo schema classico di chi negozia in base al proprio interesse nazionale. Hanno mostrato i muscoli, ma per portar a casa un risultato apparentemente utile solo al proprio paese: un accordo che non penalizzasse nel breve termine le rispettive industrie. Ed era inevitabile allora che con una simile impostazione l'accordo fallisse. Chi poteva mostrare una via diversa - l'Europa - ha taciuto. Questa Unione europea non è ancora giunta al punto di parlare con una sola voce, non ancora un “governo efficace e legittimo” perchè non ha ancora toccato gli ultimi ‘santuari’ della sovranità nazionale: la politica estera, la difesa e la fiscalità. E questo spiega l’assenza dell’Europa quando il gioco diventa mondiale. Fino a che i vari Sarkozy, Merkel, Brown o altri penseranno ad un'Europa intergovernativa, l'Unione non sarà mai un attore politico reale. I governi nazionali – di destra o di sinistra, poco importa - sono sempre più ripiegati su se stessi e non sembrano più in grado di far compiere all'Unione quel salto di qualità verso la nascita di un governo federale. Con il Trattato di Lisbona il Parlamento europeo avrà più poteri: può decidere sul 90% della legislazione, ha l'ultima parola sul tema del bilancio, può chiedere le dimissioni della Commissione. Che cominci ad usare questi poteri per ‘costringere’ la Commissione a comportarsi come un vero governo dell'Unione e non più un segretariato del Consiglio. E che i cittadini europei, la società civile, la cultura e chi vuole dare ancora un senso all’azione politica rivendichino il diritto di avere un governo europeo democratico e responsabile direttamente nei confronti del popolo europeo. Il mondo ha bisogno di una Federazione europea compiuta.
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