Argentina: ergastolo per Bussi e Menendez
La soddisfazione per il massimo della pena, l'ergastolo, è stata annacquata dalla concessione degli arresti domiciliari: si racchiudono in questi due stati d'animo contrastanti i sentimenti dei familiari dei desaparecidos, degli attivisti per i diritti umani e delle Madres della Plaza de Mayo alla lettura della sentenza che a Tucuman ha giudicato due dei più feroci torturatori della dittatura argentina, Domingo Bussi e Benjamin Menendez.
Accusati, nel caso specifico, di aver ucciso il senatore peronista Guillermo Vargas Aignasse, i due leader della dittatura argentina sono stati in realtà personalmente responsabili di numerosi crimini a partire fin dal 1975, prima che si insediasse la dittatura che tra il 1976 e il 1983 insanguinò il paese. Comandante in capo del III Corpo d'Armata diretto da Bussi, Menendez, attualmente già in carcere per il processo che lo ha visto implicato per via dell'assassinio di quattro militanti del Partito Rivoluzionario dei Lavoratori nel 1977, recentemente ha avuto ancora l'arroganza di dichiarare: "i marxisti hanno insanguinato il paese e ad essere giudicati siamo noi. Questo è il solo paese che processa il suo esercito vittorioso".
Se la sentenza segna un nuovo passo nella lotta contro gli orrori del periodo della dittatura che l'estrema destra argentina vorrebbe far cadere in un comodo oblio, preoccupa sia la discutibile concessione degli arresti domiciliari a Domingo Bussi che puntualmente, con l'avvicinarsi dei processi, ha cercato di giocare sui suoi problemi di salute (seguendo la traccia del suo compare cileno Pinochet), sia la violenta repressione della polizia contro i manifestanti che protestavano contro i troppi privilegi concessi agli imputati dal Tribunale Federale. Le cronache diffuse da Prensa de Frente parlano di pallottole di gomme e lacrimogeni sparati contro i dimostranti, che contestavano in particolare gli arresti domiciliari a Bussi, il quale andrà vivere in una lussuosa villa (Yerba Buena) di una nuora, e su cui comunque il tribunale dovrà giungere ad una decisione definitiva il prossimo 5 Settembre.
Bussi rappresenta un incubo per la società democratica tucumana. Conquistati i voti per ottenere lo status di deputato, che per fortuna il Congresso disconobbe nel 1991, sfruttò un'inquietante popolarità che nel 1995 lo portò ad essere eletto come governatore, fino a diventare addirittura sindaco di San Miguel de Tucuman nel 2003, carica che non esercitò perché fu costretto a dover cominciare la sua difesa di fronte alla giustizia. Se l'Argentina ha cominciato effettivamente a fare i conti con il suo passato, resta però un mistero la fiducia riposta in lui da una parte della popolazione della provincia di Tucuman, nonostante la sua provata responsabilità in centinaia di sparizioni forzate e omicidi. Proprio per questi motivi attivisti per i diritti umani e militanti della sinistra hanno organizzato per il 5 Settembre un presidio di fronte al Tribunale per protestare contro le motivazioni che per il momento hanno privilegiato gli arresti domiciliari, e denunciare la violenta repressione della polizia che per oltre mezz'ora ha sparato lacrimogeni contro i manifestanti e ha represso duramente la protesta.
Quanto a Menendez, che sconterà l’ergastolo a Cordoba, si è reso responsabile della sparizione di oltre quattromila persone, ma non dell'italiano Piero di Monte, che riuscì a salvarsi e a scampare alla morte nonostante le torture inflitte fossero così atroci da far soprannominare lo stesso Menendez "jena".
Per due repressori come Bussi e Menendez che, nonostante l’età (rispettivamente 81 e 82 anni), hanno provato a prendersi gioco della giustizia argentina fino all'ultimo (e sotto le presidenze di Alfonsin e Menem hanno goduto di una completa impunità), restano ancora in libertà molti torturatori di primo piano (oltre che numerosi quadri intermedi o di secondo piano fedelissimi del regime), mentre ancora non si hanno notizie di Julio Lopez a due anni dalla sua sparizione, la prima dal ritorno alla democrazia.
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