Come la Germania negli anni '30 (una nota sul razzismo e lettere ricevute)
Risposte ricevute alla nota sul razzismo
“Come la Germania negli anni ‘30”
«L’emozione non è il pensiero, ma è la madre del pensiero» (Ignacio Matte-Blanco)
Il mattino di domenica 27 dicembre 2009, scrivevo questa “indignazione”. Quel film non dice una novità, ma proprio per questo rialza l’impegno antirazzista. Nello stesso giorno ricevevo 22 risposte significative al mio sfogo emozionato, e altre nei giorni successivi. Ne faccio qui sotto una sintesi, per procedere.
Il clima razzista sordo, diffuso, grave, va a sgretolare le istituzioni e valori irrinunciabili della civiltà giuridica e umana, soprattutto perché è alimentato e usato a scopo di ricevere potere.
Chi potrebbe (non un partito) coordinare ed evidenziare nella società le tante energie e buone volontà che pure ci sono, dalla cultura giuridica al volontariato territoriale che assiste i singoli?
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Nota diffusa il 27 12 2009
Sentiamoci tutti in debito di vedere questo film, Welcome, di Philippe Lioret, francese. Ci mostra quello che sappiamo, ma cerchiamo di ignorare, più altri particolari polizieschi, della guerra francese ai migranti. Con le leggi si cacciano gli umani discriminati, con l’aiuto di cani cacciatori di umani.
Ma la guerra è quasi uguale da noi. Si esce dalla sala vergognosi e colpevoli, per il crimine di lesa umanità perpetrato dai governi, dai legislatori, dalle polizie, e da noi cittadini sovrani, anche se aborriamo l’infima Lega razzista. All’uscita, ci guardiamo in faccia, un anziano signore e la moglie, indignati e colpiti come noi, e ci diciamo: «Come in Germania anni ’30!». Stringo le loro mani senza poter parlare per il nodo alla gola. Leggete trama e recensioni, ma guardate il film, per rispetto al dolore che noi causiamo due volte: nei paesi prima dissanguati dal capitalismo e ora pugnalati dalla guerra.
Siamo in Francia, 2008, a Calais, e, secondo le leggi applicate ad arbitrio della polizia, è reato aiutare un clandestino che cerca di passare in Inghilterra, anche solo ospitarlo una notte. Sul filo di un amore tra due giovani iracheni – Bilal che vuole raggiungere Mina in Inghilterra - c’è una storia orrenda e tragica. È storia nostra, di questi giorni. Anche a Torino c’è un campo di detenzione di innocenti, colpevoli di essere stranieri in fuga da condizioni che noi non sapremmo tollerare. Perciò li rinchiudiamo in corso Brunelleschi e li rispediamo nell’inferno da cui fuggono. Noi cittadini siamo colpevoli di non ribellarci. Io sono colpevole. Ho fatto solo qualche manifestazione. Ho scritto più duro che potevo. Non di più.
Gridiamo che legislatori e governanti sono colpevoli di lesa umanità, legge superiore alle loro leggi disumane. Poliziotti, informatori, insegnanti, intellettuali, sono colpevoli di collaborare, o tollerare, o tacere. Sono colpevoli i predicatori del vangelo che non dichiarano flagellatori di Cristo tutti i colpevoli di razzismo, noi compresi. Nell’elenco di tutto ciò che offende Dio, i preti non dicono che solo offendere e scacciare il povero schiaffeggia Dio. Filtrano il moscerino e ingoiano il cammello.
L’Italia manda, tutti i partiti d’accordo, migliaia di costosissimi militari in guerre chiamate pace, in onore al falso, che è la lingua del dominio e del prestigio armato. E neghiamo il necessario per l’accoglienza umana delle vittime. Per un profugo che cede alla disperazione, li criminalizziamo tutti. L’Italia razzista si danna il cuore, e le chiese non lo gridano in piazza, come Giona a Ninive (che oggi è bombardata).
Ci sono associazioni di legali per questa causa. Ci sono associazioni di volontari impegnatissimi. Chiedo a chi vuole di unirci tutti, con l’assistenza professionale dei primi, per denunciare personalmente alle istanze mondiali ed europee dei diritti umani gli autori personali del grande crimine di lesa umanità. I partiti si scambiano accuse personali, e nessuno pone la condizione assoluta: essere umani.
Noi siamo obbligati a violare queste leggi. La prigione mi fa paura (forse la eviterei coi miei 74 anni), soldi per pagare risarcimenti non ne ho l’ombra. Ma dobbiamo violarle insieme, in tanti. Mostrare sulle nostre persone di cittadini l’offesa fatta agli extra-cittadini. C’è una sola umanità e una sola cittadinanza mondiale. Certo, gli afflussi non possono essere caotici, per il bene degli stessi profughi. Il modo si trova se c’è l’animo. E l’animo finora è nemico del profugo.
Oggi noi siamo come i tedeschi e i polacchi che vedevano passare i treni piombati o i prigionieri al lavoro schiavile, e non gridavano. Anche a loro era facile vedere che non c’era nulla da fare. I ragazzi della “Rosa Bianca” non tollerarono. A noi è facile anche accusare Pio XII di silenzio, ma oggi il diritto umano, che è unico, accusa noi, colpevoli dello stesso silenzio.
Io cerco con lo scritto, e chiedo aiuto a chi sa meglio come agire in tutta chiarezza, di trovare insieme la più frontale sfida personale e collettiva alle leggi razziste e alla mentalità feroce che le sostiene e la applica. Tocca anzitutto ai vecchi come me, che hanno meno da perdere, spendere fino in fondo i dolorosi apprendimenti della vita, per risvegliare nelle coscienze qualche seme di giustizia. Chi mi risponde disponibile?
Enrico Peyretti, 27 dicembre 2009
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Ho ricevuto le risposte che qui sintetizzo (salvo quelle riservate)
1. Scrivere e denunciare e' essenziale. Facciamo ognuno la nostra parte. G. L.
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2. A Roma la comunità di San Paolo ha organizzato un Natale di tutti i colori (contrapposto al White-Coccaglio). C'erano i ragazzi afgani che la Francia ricaccia in Afghanistan, mentre l'Italia li ignora e li lascia per istrada. Con l'associazione Medici per i diritti umani (vedi il sito) il problema è emerso politicamente e qualche novità nella protezione dei ragazzi ora si vede.
Sono disponibile alle forme di dichiarazione pubblica e abbastanza in buona posizione di osservatorio. E.Z.
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3. Ho l'impressione che per la maggioranza degli italiani, il governo non è ancora abbastanza duro contro i "delinquenti clandestini". Perciò occorre una difficilissima opera di sensibilizzazione. Aiutiamoci a sfidare gli italiani! In modo nonviolento, con immenso amore, rispetto, umiltà. Ed anche con insicurezza! La nostra deve essere solo una scommessa, con nulla di sicuro! Lo so, è difficile, è da "donchisciotte"... O è da Gesù, da Gandhi? D. O.
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4. Caro Enrico, abbiamo visto anche noi "Welcome", e ci è piaciuto molto e ci ha commosso.
In questi giorni ho anche visto due volte il documentario "Come un uomo sulla terra", dove si presentano le terribili sofferenze degli emigranti dall'Eritrea, attraverso la Libia.
La mia reazione di fronte a quello che scrivi sarebbe che, nonostante tutto, non siamo nella guerra mondiale e non siamo al fascismo-nazismo, ma questa aspetto analitico meno importa, dinanzi al male presente. In secondo luogo: non siamo colpevoli di tutto il male nel mondo e non siamo salvatori cosmici (la mistica cattolica può inclinare in questa direzione).
Di fronte a fenomeni immensi come le migrazioni di popoli, di fronte a catene causali storiche complesse e pressoché irresistibili, possiamo e dobbiamo sceglierci una o due cose che possiamo fare, quello che gli Amici (Quaccheri) chiamano concern, un impegno.
Una cosa che si può fare, è resistere, manifestare, protestare con la parola. E ci si può associare - per esempio nel campo dei diritti umani - perché la nostra voce sia più udita e sia più convincente. Non sarei d'accordo però di riferirsi come sempre alla chiesa cattolica, nell'accusa e nella pretesa.
L'altra cosa, come i volontari al porto di Calais, in "Welcome", nutrire quei pochi che si possono raggiungere. I numeri sono e saranno immensi, ma crediamo nella forza spirituale dei piccoli ma limpidi gesti.
Per il resto, cercare sempre la luce della consapevolezza che ci illumina a conoscere noi stessi e a individuare ciò che si può veramente fare. Il resto non dipende da noi. Con affetto P. C. B.
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5. Caro P., grazie per la tua lettera a Enrico e ad altri amici. Un solo particolare, nella mia prospettiva, vorrei aggiungere. L'impegno (concern) non è fuori da un contesto esistenziale (nella chiesa cattolica, in un partito, fra gli Amici etc.). Ma questo "ci è dato" sia pure in modo diverso, lungo la vita della stessa persona e non soltanto tra persone diverse. L'obbedienza a un luogo è dovuta, pena l'astrazione. Non c'è un luogo che contenga tutti gli altri, anche se ogni luogo deve essere associato agli altri. P. R.
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6. Le sue sono parole forti ma sacrosante, ma io non posso fare altro che inviarle a persone amiche... R.G.
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7. Caro Enrico, commosso e indignato anch'io, vergognoso di essere italiano; ma che cittadinanza chiedere, se è un po' dovunque la stessa cosa? Io andrei a Cuba o in Venezuela, ... Ma intanto mi sono rimesso in politica. Di Pietro mi pare il solo che fa opposizione, anche e specialmente al razzzismo leghista-fascista. (…) So che ci vuole ancora un bel fegato per credere di poter cambiare qualcosa con una scelta di partito, con una candidatura, ecc. Io ci provo. (…) Il "giustizialismo" dei dipietristi mi pare sacrosanto: che rivoluzione in Italia sarebbe l'applicazione delle leggi e la difesa della Costituzione. G.V.
Questo amico mi chiederebbe di candidarmi col partito col quale lavora, da indipendente. Mi vede più a sinistra, del resto quel partito si muove verso sinistra. Lamenta giustamente l’ “autodistruttività della sinistra con le sue piccole burocrazie”. Gli rispondo che non sono né furbo né svelto quanto è necessario per fare politica di battaglia. Posso fare quello che sto facendo: il manovale trasportatore di idee che mi sembrano giuste e necessarie.
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8. Cari, trovo aberranti la serie di conseguenze che nascono dall'aver del tutto abbandonato la sostanza soprannaturale e personale della fede in Gesù Figlio di Dio e della vita divina come suo dono, fuori di ogni clericalismo di poteri e cordate vari. P. O. (molto deluso di tante storie comuni finite nell'apostasia).
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9. Lo sdegno è sacrosanto. Contro la chiusura degli occhi, gli atteggiamenti da "sepolcro imbiancato", diffondere le informazioni , gli esempi, far sapere sempre di più .
Rivolgersi agli uomini di buona volontà dovunque siano, di qualsiasi parte politica, esortare a capire piuttosto che schierarsi da una parte o dall' altra meccanicisticamente. Riappropriarsi di un livello minimo di autonomia critica.
Aiuto concreto ai casi conosciuti, creare rete di informazione sui casi di bisogno o di ingiustizia.
Ai governanti chiedere dove è "il piano e la politica dell' integrazione " anziché "il piano del respingimento" . Criteri di accettazione dei permessi trasparenti e non discrezionali, e tempi certi. Appoggiare i centri di aiuto. P.D.S. (è una persona, non un partito…).
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10. Anch'io non posso stare zitta e ferma , altrimenti sono corresponsabile di questo clima di razzismo legale e non legale contro gli immigrati. Ho seguito il processo a Milano contro 14 extracomunitari del Cie di via Corelli per le proteste contro il pacchetto sicurezza e, attraverso la mailing list del gruppo antirazzista, l'unico che ha dato sostegno ai 14, vengo a conoscere i continui soprusi e violenze che succedono nel CIE di via Corelli.
Ho promosso insieme a P. B. un incontro alla Camera del Lavoro di Milano a cui hanno partecipato responsabili CGIL, Caritas Ambrosiana, Casa della Carità, Naga, Sinistra critica, Rif Com. A Milano si vive un clima molto pesante fatto sia di un "razzismo istituzionale", fomentato dalla maggioranza a scopi prevalentemente elettorali, sia di un "razzismo diffuso" nella popolazione, purtroppo in crescita e difficile da contrastare.
Dilagano sgomberi di rom, violenza e soprusi quotidiani nel CIE di via Corelli, rastrellamenti di stranieri senza permesso di soggiorno, negazione dei diritti degli immigrati e soprattutto estendersi del rifiuto del diverso e della xenofobia.
Tutte le associazioni presenti, e moltissime altre, piccole e grandi, lavorano quotidianamente nel campo dell'immigrazione e del sostegno a tutte le minoranze, ciascuna con le proprie specificità, la propria visione ed il proprio modo di operare. Si conviene tuttavia che sono auspicabili momenti di riflessione comune e, soprattutto, che è necessaria una vasta campagna di sensibilizzazione in dialogo con la gente per promuovere un cambiamento di mentalità.
Questa campagna dovrebbe essere unificante tutte le associazioni disponibili, continuativa, e soprattutto "in positivo", affermando che la soluzione dei problemi non passa attraverso la cacciata dell'immigrato, ma attraverso una politica che crei lavoro, case popolari, scuole per tutti.
A. N - Coord Nord Sud del Mondo
PS Ho visto ieri il film Welcome e mi sono maggiormente convinta, se ce n'era bisogno, che dobbiamo reagire
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11. La situazione italiana e di tutto il pianeta sono in un momento cruciale. Ci sono grosse questioni aperte, per affrontarle in una maniera appena decente sarebbero necessari cambiamenti enormi nella/e società. Che fare? ognuno di noi deve contribuire a tenere accesa l' attenzione almeno sulle tematiche più importanti e gravi. Non chiudere gli occhi davanti ai problemi e non farli chiudere ad altri e' la prima condizione per cambiare qualcosa. M.P.
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12. (da Berlino) Caro Enrico - cosa e come posso rispondere al tuo messaggio amaro? Cosa posso fare tranne farlo circolare? Ho una prima risposta da un vecchio amico inglese che vive in Italia da decenni. Un'altra da un giovane italiano, studente a Berlino. Qui c'è un’iniziativa fra compagni che vanno nei "lager" degli immigrati e portano cibo e altre cose utili e permettono loro di comprare anche in altri negozi più liberamente. Io mi sento tanto frustrato come te. Quel film però non è ancora arrivato in questa sponda. E. K.
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13. Ciao Enrico, noi ti rispondiamo "disponibili!", e proponiamo:
1) Organizziamo da subito una rete di collegamento internet tra tutte le associazioni che a vario titolo si occupano dei migranti, dei clandestini, dei rom e di tutti gli emarginati per motivi di razza e di provenienza. Queste organizzazioni già costituite si riuniscano a livello nazionale, formino un centro di coordinamento delle loro iniziative e propongano iniziative unitarie, tese a coinvolgere il maggior numero possibile di persone disponibili.
2) A livello nazionale venga creato un registro delle persone disponibili a opporsi concretamente alle infami leggi contro l’accoglienza di clandestini, affitto di case, offerta di lavoro, etc. e si costituisca una organizzazione di smistamento delle richieste e una copertura legale per difendere tali persone in caso di imputazione.
3) A livello nazionale vengano proposte iniziative mediatiche per lanciare campagne di disubbidienza civile, ad esempio diffondere la proposta di esporsi pubblicamente, con l'esibizione di un contrassegno (tipo la stella gialla degli ebrei sotto il nazismo) in cui sia scritto, ad esempio: "Io sono straniero e clandestino in un paese xenofobo e razzista!" oppure: "La terra è di tutti, anche dei clandestini!", oppure: "Ieri noi, migranti rifiutati - Oggi noi, xenofobi e razzisti - Sempre italiani brava gente!".
4) I cattolici, in questo paese di radici cristiane (!), abbiano il coraggio di contestare pubblicamente la propria chiesa che, come spesso nel passato, si schiera a difesa dei più forti e, salvo isolate eccezioni, non ha occhi e orecchie per vedere e ascoltare la disperazione degli esclusi e perseguitati. I cattolici, sensibili a queste orrende situazioni, dovrebbero avere il coraggio di dichiarare la propria "autoesclusione" da questa chiesa, fino a che la chiesa cattolica non dia pubblica testimonianza di pentimento e annunci concrete iniziative per l'accoglienza degli stranieri.
Questo degrado del costume civile e sociale - in cui il nostro paese è all'avanguardia in Europa – può arrestarsi ormai solo con l'impegno coraggioso di donne e uomini che "non abbiano nulla da perdere". L'appello di Enrico agli anziani tra noi - a cui rimane solo la speranza di poter spendere al meglio i residui talenti - ci dia il coraggio di lanciare un grido di allarme, per quelli che verranno dopo di noi e a cui vorremmo consegnare un ambiente meno barbaro di come ora appare.
D. e C. B.
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14. Caro Enrico, mi limito, per ora, a dirti "ricevuto, introietterò". Molte tue cose condivido, e principalmente lo spirito di fraternità umana, non razzista. Su alcune ho riserve. "Il modo si trova, se c'è l'animo": lo voglio anch'io, ma finora non s'è trovato. D'accordo che, a forza di cercarlo, la gente muore. Ma anche il fingere di averlo trovato non giova. E. F.
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15. Caro Enrico, mi sono permesso di far girare la tua riflessione... Grazie, ci voleva eccome. F.C.
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16. Caro Enrico, comprendo e condivido il senso profondo della tua indignazione. Ciascuno di noi dovrebbe fare ciò che può sul terreno sociale, politico e culturale per fronteggiare gli atteggiamenti di ripulsa o di indifferenza sul tema delle migrazioni. Tutti forse facciamo meno di quanto dovremmo. V. O.
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17. Condivido in pieno... ma più ci sforziamo di agire, di non rassegnarci... più cresce a volte il senso di impotenza... Ma poi ti rendi conto che sentirsi giustamente colpevoli deve stimolarti ad agire e a unire le forze fra tutti coloro che trovano ancora il coraggio e la dignità di ribellarsi al crimine contro l'umanità. M.B.
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18. Caro Enrico, io ci sto. E' per questo che mi sto sbattendo senza sosta; hai detto bene: siamo come chi vedeva passare i treni piombati e non gridava: non è forse questo il grande peccato di omissione che collettivamente stiamo commettendo? Non voglio essere connivente. J.G.
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19. Anch'io sono angosciato per l'impossibilità di fare qualcosa. L'unica cosa che sono capace di fare è mandare messaggi con notizie che di solito non si leggono. E' un contributo che moltiplicato può aiutare a preparare la Resistenza.
Non so dove ho letto che l'Africa tende ad assorbire almeno una parte dei migranti, e che fra cinque anni sarà in grado di assorbirli tutti, e nessuno verrà più in Europa. Rimarremo un popolo di vecchi arrabbiati e impotenti, senza badanti, senza giovani che lavorano, a scambiarci i nostri racconti di paura. Forse quel giorno sarà maturo il tempo per un altro 25 luglio. C.F.
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20. Da “Sulla soglia” che mi manda sempre le mail ho ricevuto la bella lettera di D. e C. B (qui n. 13), che forse suggerisce qualcosa di più pratico per unire le forze. Spero che ci si riesca. M.F.
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21. Caro Enrico, ho riflettuto sulla proposta. Dopo attento discernimento, penso che il mio primo dovere per lottare contro l'abiezione razzista e l'impostura antidemocratica sia quello di esercitare il mio dovere di informare con ogni mezzo possibile e di sensibilizzare le coscienze assopite dall'indifferenza. G.Z.
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22. Cercherò di vedere il film, ma sono anch’io preoccupatissimo. Mi dichiaro d’accordo con C. F. e spero anch’io in un 25 luglio e che San Giacomo maggiore e protomartire tra gli Apostoli (ricordato quel giorno nella liturgia) impetri la grazia di Dio per gli italiani - così truffati, senza che se ne rendano conto, dal “Popolo della libertà”. F. M.
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23. Mi sono permesso di far girare la tua riflessione. Ci voleva. F.C.
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24. Ci vorrebbe qualcosa di più pratico per unire le forze. Spero che ci si riesca. Ma come si fa a contattare la gente e le organizzazioni? Comunque speriamo bene. M. F.
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25. M.P invia il report della riunione nazionale antirazzista del 13 dicembre, promossa da 41 gruppi e associazioni, che fa un bilancio della manifestazione nazionale antirazzista del 17 ottobre, annuncia un’assemblea nazionale il 24 gennaio (ore 10, via De Lollis 6, Roma) e una iniziativa il 1° marzo (elbano9@yahoo.it)
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26. Sono d’accordo con chi dice che si tratta di "sfidare gli italiani. in modo nonviolento, con immenso amore, rispetto, umiltà". Se comprendessimo come farlo avremmo già vinto la cultura che sostiene Berlusconi e le sue leggi. A.D.
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27. Il Direttivo del Movimento Nonviolento pone il tema del razzismo al centro del prossimo congresso del Movimento (Brescia, ottobre). Occorre pensare a fare cose utili, almeno non dannose, e non a sfogare emotività: è un rischio comprensibile e presente. D.L.
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28. Io ho compiuto a Natale 82 anni. Io mi sento disponibile. F.P.S.
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29. Ho inviato il tuo scritto ad un gruppo di persone che stanno preparando una manifestazione su questi problemi. La disobbedienza civile , soprattutto in questi casi, é una virtù che occorre avere la forza di praticare: e noi, non più giovani , dobbiamo dare l'esempio. M.P.B.
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30. F.T. (dalla Germania, Berlino)
Il mio assunto è che non sia la coscienza a determinare le condizioni materiali di un individuo ma quest'ultime la prima. Partire da questa prospettiva ritengo sia oggi più che mai necessario se vogliamo stabilire in Italia un'egemonia in senso gramsciano per modificare le cose in meglio. Di nuovo con Gramsci, penso che per soppiantare il dominante senso comune con il buon senso si debba lavorare per induzione: dal quotidiano di tutti verso una morale condivisa.
Secondo il mio personale gusto il testo di Peyretti ha però un tono un po' evangelico. Nella sostanza peno sia vero che si guardi di nuovo altrove e questo è scandaloso :rappresenta quell'omertà verso l'orrore che ancor oggi è nel discorso pubblico definita colpa collettiva.
Su un piano politico è un vicolo cieco proclamarsi colpevoli. È come un "mea culpa", che muove taluni verso l'azione, altri (la maggioranza) quando va bene verso una rassegnata ammissione di colpa. Sarebbe più significativo mostrare le cause di queste migrazioni di massa e quindi creare una solidarietà fondata su bisogni comuni. Eliminare l'astrazione della solidarietà per riportare quest'ultima al materiale, al quotidiano. Sono le stesse cause che rinchiudono i/le migranti nei CPT e costringono molti quest'anno a trascorrere il Natale sui tetti delle fabbriche. Una battaglia politica può scaturire solo da bisogni comuni se si vuole che duri nel lungo periodo. Credo che il maggior contributo dei lavoratori intellettuali a questa lotta sia sottolineare gli interessi condivisi, le comunanze le radici materiali alla base di questa solidarietà.
La situazione particolare tedesca necessita di puntualizzazione. Qui in Germania chi soggiorna nei CPT ha solo l'obbligo di residenza. I/le migranti vivono in una situazione più simile ai ghetti ebraici del Medio evo che ai carceri come accade da noi. Hanno quindi necessità e possibilità differenti rispetto a chi si trova in Italia. Non avendo un permesso di lavoro vivono di sussidi statali ovvero buoni per la spesa, non sufficienti, e utilizzabili solo in supermercati convenzionati, non abbastanza economici per permettere di sopravvivere dignitosamente con quel misero sussidio. Situazione simile per certi versi a quella dei disoccupati. L’autorità garantisce un diritto di sopravvivenza la cui contropartita è una serie di rigidi doveri.
Di certe infrastrutture inumane ne abbiamo anche noi qui a Berlino, precisamente a Grunau:
http://kanalb.org/topic.php?clipId=35#Edition
Le azioni dirette sono di sicuro cosa necessaria. Non bisogna dimenticare però che i/le migranti conducono una vita dura in questi centri. Voler condividere con loro una lotta significa anche alleviare il loro quotidiano. Un esempio di questo è la spesa solidale. I/le migranti soggiornanti nei CPT non ricevono denaro ma buoni forniti dallo Stato validi solo in alcuni negozi. Ci sono quindi gruppi che settimanalmente vanno a ritirare i buoni e danno in cambio contanti affinché i/le migranti possano andare in altri negozi e migliorare le proprie condizioni. Non sono a piena conoscenza di come questi gruppi operino. Sono andato solo un paio di volte.
La solidarietà è la nostra sola arma, e ritengo doveroso usarla.
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31. Concordo con te e sono/siamo a disposizione. G.S. (redazione@ildialogo.org)
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32. Siamo alle prese con fenomeni di portata storica; molti sono spaventati dalla velocità e dalla imprevedibilità di quanto avviene, e bisogna capirli. Molti con lurido cinismo approfittano di queste paure, ma purtroppo è più facile impaurire che far ragionare. Parlerei di comportamenti e non di leggi razziste. La base di una legislazione razzista è che la rilevanza penale si attribuisce alla appartenenza (a una razza). Da noi questo la costituzione non lo consente, e ci sono ancora giudici
che se ne ricordano. I comportamenti razzisti, di leghisti, forze dell'ordine (?), (ma non sempre) possono essere denunciati, come quelli di chi licenzia i lavoratori a nero piuttosto che metterli in
regola, o di chi si trattiene i contributi previdenziali dalla busta dello stipendio. Una vasta azione di denuncia non è delazione, purché accettata dalle vittime (che spesso preferiscono non rischiare più di quello che già rischiano) può essere utile. Disobbedire, sì, ma a che cosa? come? non so immaginarlo. Una disobbedienza gandhiana deve essere collettiva o non ha senso e soprattutto riguarda le vittime. Disobbedire alla legge (anche ingiusta) è sempre l'ultima ratio, è come uccidere per legittima difesa. Ho più fiducia nella azione quotidiana, anche piccola. I giovani non sono come li descrivono i giornali, e forse anche il nostro paese non è come quei poveri ignoranti della lega; che non sanno quello che fanno, ma soprattutto non sanno di aver già perso. Oobiettivi più vasti non ne vedo, ma sono pronto ad accettarli. G. M
- Ho risposto: Il punto, credo, è creare sensibilità che riequilibri, appunto, i rozzi comportamenti. Però, ci sono leggi o atti amministrativi comunali che li assecondano. In Francia, a giudicare dal film, è ancora peggio. Mi ha contattato un membro dell’Asgi, gli avvocati degli immigrati.
Non credo che un'azione gandhiana debba essere collettiva. I primi obiettori al militare erano solitari. Non paragono affatto la disobbedienza civile all'uccidere per legittima difesa. Sulle leggi, pensi a Socrate nel Critone? Ma lui disobbedì l'ordine ingiusto di non parlare più ai giovani, proprio per onorare le Leggi.
- Mi risponde G.M. - Tu citi l'obiezione di coscienza ed è un buon punto, ma - come nel caso di Gandhi - si tratta di una disobbedienza attiva che, anche se inizialmente individuale, mira a diventare collettiva per cambiare la legge. Se hai in mente qualche cosa del genere, ci sto anch'io, ma la interessantissima relazione di Onida [vedi al fondo], che è veramente illuminante (la farò studiare ai miei studenti) mostra una situazione piena di chiaroscuri, dove, per ignorare i principi, si gioca abilmente sui margini delle norme, senza offrire mai il terreno per un confronto aperto (lo dimostra la stessa giurisprudenza costituzionale da lui citata). Il fatto che il tema immigrazione sia affidato al ministero dell'interno è certamente centrale (lo stesso Onida lo sottolinea) come significativo di una legislazione ambigua e distorta). Come si può contrastare un trucco del genere? Certo, c'è da fare un'azione di contrasto, per esempio alle varie normative discriminatorie dei comuni, che spesso potrebbero essere definite comiche, se non fossero tragiche (ma c'è anche il parroco che invita a non fare l'elemosina). D'altra parte la relazione è confortante quando mostra che esiste ormai un diritto internazionale comune, al quale gli Stati resistono al loro interno, ma che esercita una pressione decisiva e destinata - mi sembra - a prevalere. Più di tutto mi sembra necessario, come dici tu, "creare sensibilità" e questo documento, attentamente analizzato, può essere uno strumento importante.
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33. Condivido il tuo sentimento e il tuo sdegno, anch’io sento l'impotenza e la colpevolezza di non fare nulla più che denunciare queste cose in conferenze, incontri (qualunque sia il tema), articoli, libri, ma è senz'altro troppo poco. Nel mio piccolo credo di essere un "filosofo di strada" e incontro molte persone ogni anno, partecipo a varie "Scuole di pace" per l'Italia, ma qui i tempi e l'importanza di un'azione politica chiedono ben altro e ora non riesco a trovare altre vie d'intervento. Ma se hai ulteriori proposte, io ci sono. R.M.
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34. Dovevi dire, riguardo al film Welcome, che Bilal si sacrifica non solo a causa della "nostra" ferocia, ma anche dell'orribile crudeltà da parte della famiglia della ragazza che le vuole imporre un matrimonio per interesse! Una famiglia che le impone di "prostituirsi" per tutta la vita! Una famiglia che dovrebbe essere da tempo "integrata" in Inghilterra! L'inferno da cui i migranti fuggono non è solo miseria, dittatura, guerra, corruzione, prigioni molto peggiori delle nostre...ma anche una mentalità disumana e diffusa che penetra all'interno delle famiglie! Tu dirai: "ognuno pensi a se stesso, alla disumanità del proprio paese...ognuno tolga la trave dal proprio occhio". In un mondo globalizzato non possiamo, non dobbiamo fare distinzioni. E, purtroppo, da parte dei popoli del sud del mondo, mi sembra (correggetemi se sbaglio) che non ci sia una sensibilità sufficiente riguardo alla "loro" disumanità. Senza questa presa di coscienza, continueranno a preferire (ognuno individualmente) il nostro inferno al loro inferno! D.O.
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35. Siamo colpevoli di non voler convincere, ma solo vincere quelli della Lega. J.L.
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36. Un avvocato che assiste gli immigrati (e mi manda una sintesi della legge “pacchetto sicurezza” in 9.000 battute e spazi) scrive, con riferimento alla lettera n. 32:
Si tratta di comportamenti o di leggi razziste? direi che purtroppo in Italia sono presenti entrambi. La legge 94/2009 (il cd pacchetto sicurezza) prevede il reato di clandestinità e quindi l'obbligo per tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio di denunciare i migranti senza permesso di soggiorno e di fatto è un'istigazione alla delazione (come nel ventennio). I pubblici ufficiali "devono" denunciare i clandestini ma qualunque cittadino "può" farlo (e ci sono già molti casi di abuso di questa facoltà utilizzata come strumento di ricatto ai danni dei migranti, che ad
esempio non potranno più denunciare i datori di lavoro che li sfruttano).
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37. Lavoro coi richiedenti asilo. Credo di avere imparato in questi anni un po’ di cose da loro e dal lavoro. L'unica cosa che mi sento di dire è che dobbiamo raccontare, dire, documentare, far conoscere, sperando di raggiungere chi non sa e magari se sapesse si schiererebbe coi deboli. Chi è nato saputo può continuare a marcire nei suoi pregiudizi, inutile parlarci: ciò che gli manca, come dice Bonhoeffer, non è la conoscenza, ma l'umanità. E quella va coltivata da piccoli, richiede una mamma e un papà, una maestra. Troppi giovani oggi sono cresciuti senza genitori e maestri. Io direi di andare avanti con il mestiere di ciascuno, nell'impegno a narrare, dire, testimoniare, far conoscere, e nella testimonianza coraggiosa di una umanità ricca che alberga in ognuno di noi che sappiamo ancora scandalizzarci. P.G.
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38. Grazie per le parole che hai scritto, le condivido profondamente. Io penso di essere disponibile a bruciare i miei documenti pubblicamente e diventare così, anche se solo in piccola parte, un clandestino come i miei fratelli chiamati con questo orribile nome. Credo che tale atto costituisca un reato. Naturalmente dovremmo essere in tanti e il gesto andrebbe accuratamente preparato nei modi e nei tempi. Che ne dici? M.C.
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39. Grazie per averci di nuovo parlato di responsabilità e di rischio da assumerci in prima persona, proprio in virtù della nostra tarda età e dell'esperienza che ne deriva. Ho visto "Welcome" e mi sono stupita che anche la civilissima Francia (che non è l'Italia) sia a questo punto. Occorre sapere, almeno far circolare l'informazione e urlare la nostra indignazione. Confesso che, benché lavori ormai da 5 anni in carcere a stretto gomito con extracomunitari con vissuti drammatici alle spalle, non riesco a trasformare la mia vita come vorrei, a partire da questa esperienza. Tutto il nostro modo di vivere è uno scandalo rispetto alle realtà che ci circondano; spero che almeno i nostri figli non chiudano gli occhi, anche se noi (almeno io) siamo stati cattivi maestri. C.R.
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40. Non si può, come persone e come cristiani non indignarsi per l'istituzionalizzata assenza di umanità verso persone che hanno spesso come unica colpa quella di essere meno fortunate di noi. Tu fai bene a scrivere e sensibilizzare, io mi impegno a diffondere e sostenere delle convinzioni. E' poco. Altro non so fare tranne adoperarmi dove posso per un voto che possa modificare questo atteggiamento di odio verso il prossimo "diverso" e vicino. P.P.
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41-42. G.F. ha fatto circolare quella riflessione a partire dal film e mi trasmette due risposte:
1) Non è inquietante ma una frustata necessaria, quasi profetica. Noi ricchi possiamo permetterci le nevrosi, i piccoli ricatti di potere, la preoccupazione per un mutuo sulla seconda casa.....i poveri, a volte insopportabili, sconfitti, umiliati, magari pieni di invidia etc.... non se lo possono permettere. Devono sopravvivere magari rubando o pulendo il culo ai nostri vecchi. Una condizione da noi impensabile. E se ce la buttiamo in faccia questa elementare verità non la sopportiamo. Ci diciamo di essere stati troppo duri, giudicanti, di ferirci e ferire e avanti. Ma Gesù Cristo, che diceva “amate i vostri nemici” non aggiungeva parlategli con dolcezza, non sbattetegli in faccia la loro responsabilità e contraddizione. Anzi urlate dai tetti " scribi e farisei ipocriti....". Quindi ben venga lo schiaffo di Enrico . Vorrei rispondergli per dichiararmi disponibile . Puoi dirglielo ? Lui di anni ne ha 70 e io 64. Per me la prigione sarebbe più lieve. T. F.
2) Sulla riflessione di Peyretti....in forma diversa lo penso da tempo che tutti sappiamo e non riusciamo a fare nulla o pochissimo. Mi permetto di dire che non chiudiamo gli occhi, non diciamo che "il treno è vuoto". Ma poi non abbiamo il coraggio di gesti davvero forti: ospitare un clandestino, ad esempio, denunciare con nome e cognome chi li paga una miseria in nero, ecc ecc
Forse dobbiamo individuare qualche azione forte da fare insieme, che vada appunto oltre il corteo o lo scritto. M.
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43. In tema migrazioni, mi viene segnalato il pamphlet di Maurizio Pallante "Decrescita e migrazioni" (Edizioni della decrescita felice, Roma 2009). Forse potrebbe avere una certa utilità leggerlo.
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44. Grazie, Enrico! Abbiamo pubblicato il tuo 'appello' ad apertura della pagina odierna (28.12) di www.tellusfolio.it . Con gli auguri a ciascuno (e ciascuno con la sua propria età) di fare il possibile. Ché accada quel che può. E.S.
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45. Sono disponibile. Qualche idea ce l'ho e qualche altra la sto già attuando.
Si potrebbe organizzare un incontro. La mia risposta è pienamente riflettuta e soppesata.
Spero che ne valga la pena. PP.C.
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46. per quanto posso sono con Te! Il fatto è che non so cosa posso fare di valido, di efficace... mi viene in mente di riprendere l'attività di free-lance che avevo iniziato in RD Congo, grazie ad Albino. R. C.
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