Sveglia alle 7,00. Due ore di viaggio per una strada tutta dritta, asfaltata di nuovo ma con gia' tante buche.
Lungo la strada praticamente mano a mano che ci si avvicina alla citta' si vedono camionette nere con soldati vestiti di nero, con corsetti antiproiettile, armati fino ai denti con le mitragliette sul tetto dell'auto, disseminati lungo i bordi della strada e mano a mano che ci si avvicina si fanno piu' frequenti.
Kurdistan 2010. Halabja. Fulgida Barattoni alla cerimonia, di fianco il sindaco Khder Kareem.
La cerimonia di commemorazione della strage di Halabja si e' svolta in grande compostezza nonostante il massiccio impiego di soldati impiegati per garantire la sicurezza.
La prima fase ha avuto luogo nel piazzale antistante il museo ricostruito a nuovo dopo la sua distruzione nel 2006: noi eravamo l'unica delegazione straniera ufficiale che portava anche un messaggio del Capo dello Stato pertanto ci hanno dato grande rilievo riservandoci molte attenzioni (sia io che il sindaco di Mazzarino e la rappresentante del sindaco di Firenze Susanna Agostini con delega per le relazioni internazionali siamo stati intervistati da diverse televisioni).
Io accompagnata dai rappresentati delle due citta' italiane Mazzarino e Firenze sono salita sul palco ed ho aperto il mio discorso con alcune parole che ho pronunciato in kurdo perche' tutti mi comprendessero: "Rosh Bash! Busi Peshmerga, im ro huda lagal mana" Buon giorno, saluto i partigiani, oggi Dio e' fra di noi".
Sono stata l'unica rappresentante straniera a parlare.
Sono stata l'unica "donna" a tenere un discorso.
Kurdistan 2010. Halabja. I presenti alla cerimonia.
Dopo di me si sono alternati gli interventi istituzionali ma poi con una scusa mi sono allontanata e sono andata nel parchetto dietro il monumento, dove c'era un gruppo di bimbetti tutti vestiti a festa che venivano tenuti buoni "a fatica" in attesa che venisse il loro momento (dovevano sfilare con le bandierine del Kurdistan in mano alla fine della cerimonia).
Difficile tenere buoni 30 bambini vivaci, i bambini ovunque nel mondo sono pieni di vitalita' e non si possono tenere fermi a lungo!
Allora ho pensato di sedermi sul prato insieme a loro e di giocare.
Prima ci siamo presentati. Ognuno diceva il suo nome e l'eta', preciso che la nostra traduttrice ufficiale era una bimbetta magrina di 12 anni vestita di paillettes gialle.
Finite le presentazioni... che fare? Ci siamo messi a cantare "nella vecchia fattoria" facendo a turno i versi degli animali! Abbiamo riso tanto, alla fine temevamo di disturbare la cerimonia che si stava svolgendo poco distante con i nostri ia,ia oh! Un fantastico vocio di bambini che cercano riuscendoci a fatica di cantare sottovoce in italiano una canzoncina dove i versi degli animali sono l'unica cosa che non necessita di traduzione...
E abbiamo cantato anche "singhi iaia iuppi iuppi aia", canzone che di sicuro conoscono quelli che hanno fatto grandi dei figli.
Alla fine della cerimonia i bambini sono stati chiamati in fretta a fare la loro sfilata ed io sono stata "tanata" dalla guardia del corpo del ministero degli Interni che mi rimproverava di essere sparita e lui non mi trovava (per forza! mi ero vestita come tutte le donne kurde e in mezzo alla bambine kurde vestite anche loro a festa con le paillettes colorate lui per quanto mi avesse cercata non mi aveva vista - mi ero ben mimetizzata!)
Ora vi racconto una storia.
16 marzo 1988 la strage ad Halabja.
I primi giornalisti che accorsero ed ebbero occasione di precipitarsi trovarono l'inimmaginabile, strade cosparse di corpi, bambini, donne, vecchi, anche gli animali, TUTTI MORTI.
Una donna iraniana inorridita cammina fra questi morti, sente un lamento, sposta il corpo di una giovane donna e trova un bambino di 40 giorni che piange.
Un miracolo, lo prende, lo lava, lo avvolge e lo porta con se in Iran.
Oggi quel bambino e' cresciuto, si chiama Ali', e quella donna gli racconta la sua storia, lui chiede di tornare di tornare a visitare Halabja.
Nel monumento fra i tanti nomi che vede impressi sulle pareti dei morti di quel 16 marzo 1988 vede anche il suo.
Esulta, chiama il direttore, dice "io sono vivo!"
Vengono chiamati i parenti, viene fatto l'esame del DNA, il nome di quel ragazzo sulle pareti del monumento dedicato ai caduti di Halabja viene cerchiato di verde.
Ali' oggi in questo giorno di commemorazione rappresenta la speranza, la vita che continua, e che ritorna alle sue radici.
Ali' trascorre diverso tempo con noi, racconta la sua storia, ci abbracciamo.
Oggi la delegazione incontrera' tutti quei giornalisti e ci sara' una giornata dedicata ai media, alla comunicazione. Senza quei coraggiosi giornalisti, senza le loro macchine fotografiche, senza quelle immagini, oggi la strage di Halabja sarebbe una delle tante dimenticate, invece quello che Saddam Hussein fece con le armi chimiche oggi si vede, su quelle immagini sono stati fatti i processi e sono state pronunciate le condanne.
C'è da segnalare che in Irak il Kurdistan e' l'unica regione autonoma, e con la sua autonomia se la sta cavando alla grande perche' il paese che ci ospita e noi percorriamo in auto tutti i giorni lo vediamo anno dopo anno crescere anzi "esplodere" sotto tutti gli aspetti, architettonico, stradale, delle infrastrutture. Si sviluppa un poco a patch work per via degli appalti che non sono effettuati sulla base di piani regolatori ma comunque e' bello vedere la vita che rinasce.
Quando arrivammo qui per la prima volta rimasi colpita dal fatto che il paesaggio era brullo, non c'erano alberi perche' Saddam Hussein li aveva abbattutti per potere meglio scovare i partigiani, non c'erano volatili ne' insetti.
Oggi l'orizzonte ci riempie gli occhi di colline verdi, ci sono rondini, passeracei, e i soliti immancabili corvi, oggi i fiori che sono stati portati al cimitero delle vittime di Halabja non sono di carta come furono i nostri primi fiori che noi come italiani portammo per la prima volta. Oggi i fiori sono veri, questo significa che ci sono nel paese serre dove coltivano i fiori. quindi anche gli insetti sono tornati.
La vita vince sempre!!!!! anche sui cattivi!!!!!
Sara' dura riuscire a parlare di RICONCILIAZIONE e di PERDONO ma questa e' la nostra di missione di italiani, cristiani, cattolici che nel perdono trovano la salvezza.
In Iraq i nemici li hanno impiccati, in Kurdistan si fa fatica a parlare di perdono quando ancora i morti sono sepolti senza nome, ma noi ci proviamo perche' nella nostra diversita' abbiamo anche noi qualche cosa di dire e regalare come opzione di pace.
PENSATE alla citta' di Halabja era stata data l'opzione di potere giustiziare nella propria piazza il chimico Ali, quello che materialmente costrui' per ordine di Saddam Hussein le bombe micidiali che sconvolsero la popolazione di questo piccolo paesino. Eppure i cittadini hanno detto di NO! non hanno voluto che l'esecuzione del chimico Ali avvenisse del loro paese. Mi hanno detto: il nostro e' un paese di martiri, di cittadini morti ingiustamente, non e' un paese di assassini.
La nostra legge prevede la pena di morte
I giudici giustizino coloro che ritengono si siano macchiati di colpe gravi, i giudici, non la gente sia chiamata a fare questo.
A mio parere credo che anche queste poche parole rappresentino e diano il chiaro senso della dignita' di questo popolo. Un popolo che ha sofferto e che fondamentalmente guarda al futuro, guarda al loro Kurdistan diviso "unito solo nelle loro preghiere" ma vogliono la pace, non la vendetta, vogliono che il mondo parli di loro, vogliono che i loro morti riposino nella memoria di tutti gli uomini che insieme a loro lotteranno perche' siano per sempre bandite le armi chimiche dalla faccia della terra.
Questa e' la mission, mia e di Kareem Khder all'interno della Commissione delle Nazioni Unite per la regolamentazione delle armi chimiche e batteriologiche e per l'abolizione delle armi di distruzione di massa. Notate che si tratta di tre commissioni distinte e separate! CHIMICHE - BATTERIOLOGICHE - DI DISTRUZIONE DI MASSA! mentre noi vorremmo e lavoreremo perche' ce ne sia una soltanto! Quando sono in troppi si fa caos e non si mettono mai daccordo...!
COMUNICATO STAMPA
Mazzarino – E’ stato ricordato ieri martedì mattina l’eccidio di Halabija del 1988 attraverso un’apposita cerimonia che si è svolta nella cittadina del Kurdistan iracheno presso il mausoleo dei martiri e che ha visto il sindaco Vincenzo D’Asaro, insieme a Susanna Agostini, in rappresentanza del comune di Firenze, e Fulgida Barattoni, presidente dell’International Peace Bureau Italia, portare il saluto ai presenti leggendo un telegramma del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano.
“Desidero far pervenire il mio cordiale saluto all’organizzazione “Mayors for peace” in occasione della commemorazione del bombardamento di Halabija che il 16 marzo 1988 provocò la morte di migliaia di cittadini inermi nella regione del Kurdistan iracheno. Il ricordo di quell’eccidio richiama la comunità internazionale ad un ulteriore impegno collettivo per la pace, per la messa al bando delle armi di distruzione di massa. L’Italia – ha scritto il Presidente Napolitano – è in prima fila nel contribuire alla ricerca di soluzioni che garantiscano la sicurezza e la stabilità in Iraq e nell’intera regione. L’elevata affluenza alle urne registrata nei giorni scorsi nel paese costituisce peratro un segnale incoraggiante circa la determinazione del popolo iracheno per l’affermazione della democrazia, dei diritti umani e del progresso della nazione. E’ con questi sentimenti- ha concluso Napolitano- che desidero esprimere il mio più sentito apprezzamento per l’impegno dell’organizzazione “Mayors for peace” e formulo i migliori auspici per il pieno successo questa iniziativa”.
“E’ stato davvero emozionante – ha affermato il sindaco Vincenzo D’Asaro- partecipare ad un evento così importante, vedere tutti quei familiari delle vittime con le foto dei loro figli uccisi dalle armi chimiche utilizzate da Saddam Hussein. Qui c’è una natura distrutta, un popolo da ricostruire attraverso dei giusti processi di democraticizzazione. La gente del luogo ti saluta con il sorriso, ha voglia di vivere, di ricominciare”.
Subito dopo la cerimonia la delegazione italiana si è recata presso il cimitero di Halabija per deporre una corona di fiori. Ha fatto seguito un pranzo con il Primo Ministro Kurdo e con il Ministro dei Martiri: “ho invitato queste due alte personalità politiche del paese a visitare la nostra terra di Sicilia e la mia città, Mazzarino, che lo scorso novembre si è proclamata ufficialmente città della pace”.
da Valerio Martorana (addetto stampa del comune di Mazzarino)
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