Palestina

PALESTINA

Ong israeliane e palestinesi contro il nuovo ordine di espulsione

Settantamila palestinesi rischiano l'espulsione in base a un nuovo ordine militare. Le associazioni si mobilitano
19 maggio 2010
M.C.R.
Fonte: Alternative Information Center e Redattore sociale - 19 maggio 2010

Militari israeliani

Abolire il nuovo ordine militare che definisce 70 mila abitanti della Cisgiordania come “infiltrati”. È questo il contenuto di un appello diffuso ieri, 13 maggio, in un comunicato stampa firmato da alcune tra le più note associazioni per i diritti umani israeliane e palestinesi, da B'Tselem a Badil Resource Center for Palestinian Residency and Refugee Rights, da Addameer Prisoner Support and Human Rights Association a  Physicians for Human Rights-Israel. "Esprimiamo la nostra opposizione alla politica israeliana di trasferimento e deportazione illegale dalla Cisgiordania, che si è intensificata con l'ordine riguardo la 'prevenzione d'infiltrazione' (ordine 1650)", scrivono le associazioni. L'ordine militare di espulsione, approvato in dicembre ed entrato in vigore dal 13 aprile, riguarda tre categorie di persone: i palestinesi originari di Gaza ma che vivono in Cisgiordania (compresi coloro che si sono trasferiti da molti anni o che sono nati in Cisgiordania da genitori di Gaza); i coniugi stranieri di palestinesi che vivono in West Bank (compresi i palestinesi con carta d'identità israeliana, i cosiddetti Palestinians 48) e infine le persone di altre nazionalità con permesso di soggiorno scaduto.

L'ordine militare, scoperto e denunciato sulle colonne del quotidiano israeliano Haaretz dalla giornalista Amira Hass, suona come uno dei provvedimenti militari più duri e pericolosi dal 1967 a oggi. Il documento, ricorrendo a un linguaggio in vari punti ambiguo, definisce gli appartenenti alle tre categorie come “infiltrati”. Come denunciato da numerose associazioni, "decine di migliaia di persone, inclusi coloro nati o residenti in Cisgiordania da decenni, rischiano di essere scacciati dalle loro case, famiglie, scuole e posti di lavoro, perché Israele li ha dichiarati 'illegali' nella loro stessa terra". In un territorio pesantemente frammentato dal Muro di separazione, la libertà di movimento viene ulteriormente compromessa: molti palestinesi stanno infatti scegliendo di non spostarsi da casa per non dover attraversare check-point e rischiare di essere espulsi. Da un punto di vista giuridico, inoltre, la decisione viola l'articolo 49 della Convenzione di Ginevra.
Le associazioni fanno appello al governo israeliano di "cancellare l'ordine 1650, di desistere dalla politica di deportazione e trasferimento, di riconoscere il diritto dei palestinesi e degli stranieri di vivere, lavorare e visitare la Cisgiordania, in accordo con il diritto internazionale e gli accordi siglati da Israele, e di permettere alle persone protette di muoversi liberamente, entrare e uscire dalla Cisgiordania".

Alla vigilia dell'inizio di applicazione dell'ordine militare, l'Aic aveva aspramente criticato un ordine che rende 70 mila palestinesi "ostaggio nelle proprie case", minando anche la vita privata e familiare di migliaia di persone di diverse nazionalità. Il provvedimento s'inserisce in mesi d'inasprimento delle restrizioni negli accessi a Israele e ai Territori palestinesi da parte di ong e associazioni internazionali.

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