Le spese militari e la crisi europea

Le armi, il debito e la corruzione

L’alto livello delle spese militari ha svolto un ruolo chiave nel dispiegarsi della crisi economica in Europa e continua a compromettere qualsiasi sforzo per cercare di uscirne
19 aprile 2013
Frank Slijper
Tradotto da Ernesto Celestini per PeaceLink
Fonte: Transnational Institute

Military Spending during Crisis

A cinque anni dall'inizio della crisi finanziaria ed economica europea, c'è ancora un elefante a Bruxelles di cui pochi vogliono parlare. L'elefante è il ruolo che gioca la spesa militare come causa che perpetua la crisi economica. Mentre le infrastrutture sociali vengono tagliate, la spesa per gli armamenti difficilmente viene ritoccata. Mentre le pensioni e gli stipendi sono stati tagliati, l'industria delle armi continua a produrre ancora utili da nuovi ordini e dalle rendite per precedenti commesse.

Il fatto sconvolgente, in un momento di austerità, è che la spesa militare dell'UE nel 2010 era di € 194 miliardi, approssimativamente la cifra del deficit annuale di Grecia, Italia e Spagna messe insieme.

Paradossalmente, chi grida più forte a Bruxelles sono proprio le sirene dei lobbisti militari, che ammoniscono di quello che potrebbe essere il "disastro", se dovessero essere approvati ulteriori tagli alle spese militari. Questo documento dimostra che il vero disastro è dovuto a anni di ingenti spese militari europee e di corruzione nel commercio delle armi. Questa dinamica ha contribuito in modo sostanziale alla crisi del debito in paesi come la Grecia e il Portogallo, e continua a incidere pesantemente sui prossimi bilanci futuri di tutti i paesi in crisi.

La forza delle lobby militare-industriale ha la capacità di rendere inefficace qualsiasi taglio che venga proposto. Questo è un fatto crudamente dimostrato dal modo in cui il governo tedesco, mentre chiede sacrifici sempre maggiori con tagli sociali, ha fatto molte pressioni, dietro le quinte, contro i tagli militari per i problemi che questi risparmi avrebbero potuto causare alla propria industria bellica.

Il documento [1] rivela come:

  • Gli alti livelli di spesa militare, nei paesi ora nell'epicentro della crisi dell'euro, hanno giocato un ruolo significativo nel provocare la crisi del loro debito. La Grecia è stato il paese che in Europa più ha speso per la difesa, in termini relativi, negli ultimi quattro decenni, spendendo l’equivalente del suo PIL, quasi il doppio della media UE. Le spese militari della Spagna sono aumentate del 29% tra il 2000 e il 2008, per i massicci acquisti di armi. E ora deve affrontare enormi problemi per ripagare i debiti contratti per i suoi programmi militari non necessari. Come disse un ex Segretario alla Difesa spagnolo : "Non avremmo dovuto comprare sistemi che non useremo, per situazioni di conflitto che non esistono e, quel che è peggio, comprati con fondi che non avevamo allora e che non abbiamo adesso." Anche la più recente vittima della crisi, Cipro deve alcuni dei suoi problemi di debito ad un aumento del 50% della spesa militare degli ultimi dieci anni, la maggioranza avvenuta dopo il 2007.
  • I debiti provocati dalla vendita di armi sono stati spesso il risultato di affari di corruzione tra funzionari dei governi, ma devono essere pagati con soldi della gente comune che deve sopportare tagli selvaggi nei servizi sociali. Alcune indagini condotte su un contratto siglato dal Portogallo nel 2004 per comprare due sommergibili per un miliardo di euro concordato con l'allora Primo Ministro Manuel Barroso (ora Presidente della Commissione UE) hanno identificato più di una dozzina di contratti per intermediazioni sospette e per consulenze che sono costate al Portogallo almeno € 34 milioni.  Almeno otto contratti per acquisto di armi firmati dal governo greco dalla fine degli anni 1990 sono oggetto di indagine da parte delle autorità giudiziarie per possibili tangenti illegali e mancette a funzionari statali e a politici.
  • La spesa militare è stata ridotta nei paesi più colpiti dalla crisi, ma la maggior parte degli stati hanno ancora un livello di spesa militare paragonabile o superiore a quella di dieci anni fa. Tutti i Paesi europei sono nella lista dei maggiori compratori di armi a livello globale : 4° posto (Regno Unito), 5 ° (Francia), 9° (Germania) e 11 ° (Italia). Anche l'Italia, che ha debiti per due mila miliardi, dedica ancora una percentuale di PIL per la spesa militare maggiore a quella che spendeva dopo la Guerra Fredda nel 1995.
  • I tagli alla spesa militare, dove sono avvenuti, sono quasi interamente ricaduti sulle persone - riduzioni di personale, salari più bassi e pensioni più basse – e non sulla spesa per l'acquisto di armi. Il bilancio per l'acquisto di armi in realtà è passato da € 38,8 miliardi nel 2006 a € 42,9 nel 2010 – con un aumento superiore al 10% - mentre i costi del personale sono scesi da € 110,0 miliardi nel 2006 a € 98,7 nel 2010, una diminuzione del 10%, avvenuta in gran parte fra il 2008 e il 2009.
  • Mentre paesi come la Germania insistono su più duri tagli ai bilanci sociali dei paesi in crisi per pagare i debiti, sono stati molto meno determinati quando si è cominciato a parlare di tagli alle spese militari che potrebbero minacciare le vendite delle loro armi. Francia e Germania hanno fatto pressione sul governo greco per non ridurre le spese per la difesa. La Francia sta preparando un contratto di locazione con la Grecia per due delle fregate più costose d'Europa; Quello che sorprende di più però è che questa operazione è "guidata da considerazioni politiche, e non è una iniziativa richiesta dalle forze armate".  Nel 2010 il governo olandese ha concesso licenze di esportazione per € 53 milioni per equipaggiamenti della marina greca.  Come ha osservato un collaboratore dell'ex Primo Ministro greco Papandreou: “ Nessuno ci ha mai detto : Comprate le nostre navi da guerra o non vi salveremo. Ma è chiaro il concetto che se compriamo saranno più favorevoli a venirci incontro".
  • Una continua spesa militare molto alta ha portato a un boom di utili per l’ industria delle armi e una spinta ancora più aggressiva per tentare di vendere altre armi al- l'estero, ignorando cosa significhi questo per i diritti umani. Le cento aziende più grandi del settore nel 2011 hanno venduto armi per un valore di circa € 318 miliardi, il 51% in più in termini reali rispetto al 2002. Si sono mosse sul mercato anticipando la prevedibile diminuzione della domanda interna, sostituendola con un supporto politico ancora più attivo per riuscire a vendere più armi all'estero.  Nei primi mesi del 2013 il presidente francese François Hollande ha visitato gli Emirati Arabi Uniti per spingerli ad acquistare il caccia Rafale. Il Primo Ministro britannico David Cameron ha visitato gli Emirati e l'Arabia Saudita a novembre 2012 per promuovere la vendita di un pacchetto completo di armi. La Spagna spera di vincere un contratto molto controverso in Arabia Saudita per 250 Leopard a due serbatoi, contro la Germania – che produce il serbatoio dei Leopard .
  • Molti studi mostrano che gli investimenti in campo militare sono il modo meno efficace per creare posti di lavoro, a prescindere dagli altri costi della spesa militare. Secondo uno studio dell'Università del Massachusetts, spendendo per la difesa un miliardo di dollari negli Stati Uniti si crea il minor numero di posti di lavoro, meno della metà di quello che si potrebbe generare se si investisse lo stesso miliardo nell’istruzione o nei trasporti pubblici. In un momento di disperato bisogno di investimenti per creare posti di lavoro, sostenere un programma militare superfluo e dispendioso non è giustificabile perché i soldi spesi non creano tanti posti di lavoro, quanti ne creerebbero in settori quali la sanità e il trasporto pubblico.

Malgrado la chiara evidenza del costo di spese militari troppo alte, i capi militari continuano a diffondere informazioni distorte e assurde dichiarando che una riduzione delle spese per la difesa dell'Unione Europea possa minacciare la sicurezza delle nazioni europee. Il Segretario Generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, non ha mai perso una occasione per persuadere i membri dell'alleanza a investire e collaborare di più per la difesa.

Il Gen. Patrick de Rousiers, presidente del Comitato Militare dell'UE, nel corso di un'audizione al Parlamento europeo, ha anche detto che sarebbe in gioco il futuro dell'Europa se non si aumenterà la spesa militare. "Dove andrebbe a finire un'Europa di 500 milioni di abitanti se non avesse una forza credibile per garantire la sua sicurezza?" Ha chiesto retoricamente.

Noi crediamo invece, che in un momento in cui esiste una agenda di austerità permanente della Commissione europea per affrontare sfide sempre crescenti, c’è un settore in cui l'Europa potrebbe fare molto di più per imporre l'austerità. E questa è l'arena delle spese militari e dell'industria degli armamenti.

Abolire le armi nucleari di proprietà di Francia e Regno Unito potrebbe portare a risparmi di diversi miliardi di euro ogni anno e di farebbe prendere a questi paesi un importante impegno nel rispetto del trattato di non proliferazione nucleare per l’eliminazione definitiva delle armi nucleari. Le riduzioni della spesa militare in tutte le nazioni UE al livello percentuale dell’Irlanda (0,6% del PIL) farebbe risparmiare molti miliardi a tutti.

Cancellare i debiti immorali dovuti a contratti di vendita di armi ottenuti pagando tangenti, sarebbe un buon primo passo per cancellare altre al conto della crisi anche tutti quelli che hanno concorso a causarla. Certe misure servirebbero anche a dimostrare che in un momento di crisi, l'Europa è pronta ad investire in un futuro come quello a cui pensano i suoi cittadini e non in quello che vogliono imporre i suoi guerrafondai.

Note: [1] Il documento integrale (in lingua originale) è disponibile presso il tni.org
Tradotto da Ernesto Celestini per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.

Articoli correlati

  • Lettera a CGIL e UIL sulle spese militari
    Disarmo
    PeaceLink partecipa alla mobilitazione dello sciopero generale

    Lettera a CGIL e UIL sulle spese militari

    Il governo attuale continua dirottare risorse verso programmi di armamento estremamente onerosi. In pochi mesi, oltre 21 miliardi di euro sono stati destinati a cacciabombardieri e a nuovi prototipi bellici, mentre 4,6 miliardi di euro dal comparto civile vengono spostati al settore militare.
    28 novembre 2024 - Alessandro Marescotti
  • Lode ai disertori: il nostro modo di celebrare il 4 Novembre
    Taranto Sociale
    Comunicato del Comitato per la Pace di Taranto sulla ricorrenza del 4 Novembre

    Lode ai disertori: il nostro modo di celebrare il 4 Novembre

    I disertori si opposero alla guerra disobbedendo e anticipando lo spirito della Carta costituzionale. Oggi ci preoccupa l'aumento delle spese per armamenti e la spirale di stragi che si sta abbattendo sulla popolazione palestinese. Sosteniamo lo Stop Genocide Day nelle scuole e nelle università.
    3 novembre 2024 - Comitato per la pace di Taranto
  • Il riarmo all'italiana: a debito, invisibile e carissimo
    Pace
    Albert, il bollettino quotidiano pacifista

    Il riarmo all'italiana: a debito, invisibile e carissimo

    Il governo ha firmato contratti per 69 nuovi aerei militari, per un costo complessivo di 16 miliardi di euro ma ci sono meno di 3 miliardi per finanziarli. Le Frecce Tricolori richiedono 1,6 miliardi di euro, mentre sono disponibili solo 60 milioni. Un debito che ricadrà sulle future generazioni.
    22 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink
  • Wall Street va a picco e anche l'Ucraina
    Economia
    Una delle "streghe" che incombe sull'economia mondiale è la guerra

    Wall Street va a picco e anche l'Ucraina

    I maggiori gestori patrimoniali privati hanno chiesto a Kiev di rimborsare i debiti nei loro confronti. Le difficoltà economiche dell'Ucraina, aggravate dalla guerra, possono innescare un effetto domino sui mercati finanziari globali.
    4 agosto 2024 - Alessandro Marescotti
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.26 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)