Alex Zanotelli

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Danzare la vita. La liturgia di Alex Zanotelli

Ed è proprio questa la vittoria dei vinti, questa fede incredibile dei poveri, questa fede nella vita, questa voglia di vivere, questa capacità che hanno di danzare, di sorridere nonostante tutto, che ti contagiano e ti prendono dentro e ti fanno capire che siamo destinati davvero a vivere la vita.
7 agosto 1995
Dario Betti

Non è facile trasmettere sulla carta quell'insieme di sensazioni, sentimenti e pensieri che nascono quando incontri l'Alex. Timore e tremore della piccola quotidiana banalità di peccatore messa impietosamente a nudo, ma anche gioia quasi ebbra di un'aria respirata a quota vertiginosa. Più difficile ancora rintracciare senza cadere in schematismi disincarnati quel filo rosso che unisce denuncia e profezia, liturgia della Parola e liturgia eucaristica, l'uomo ritrovato e il Dio dei vinti.

Sotto la linea della fogna

Nei sotterranei della storia Alex ha affinato quelle lucidità di analisi e chiarezza profetica che fanno contemporaneamente sperare e disperare chi lo incontra. Messaggio tanto semplice quanto sconvolgente: è proprio a Korogocho, "sotto la linea della fogna", là dove si immagina di trovare solo dolore e disperazione, che l'uomo vive ancora. Non si stanca mai di ripeterlo con stupore Alex: in baraccopoli ho ritrovato l'uomo.

Credo che il Sud, o meglio i poveri, gli impoveriti del sistema, siano loro a costruire la nostra speranza. Più vivo a contatto con i poveri, più condivido la loro vita, più li ascolto, li guardo negli occhi, più li assisto morire - c'è chi muore di AIDS in questi giorni qui in baraccopoli - più mi convinco davvero che la vita nonostante tutto vince. Quello che più mi fa impressione nei poveri è che nonostante siano minati ovunque dalla morte, quasi sopraffatti dalla morte, hanno un senso di vita, di voglia di vivere, hanno una capacità di danzare la vita, di sorridere e mi domando da dove viene. Sono davvero convinto che i poveri sono il grande sacramento dell'Abbà. Sono convinto che hanno una vitalità in loro che costituisce la nostra speranza.

É dai vinti, dalla loro straordinaria capacità di leggere la Parola che dobbiamo imparare. Che cosa ne è della liturgia se nelle capitali dell'impero del denaro non sappiamo più danzare la vita?

Per primi noi preti spesso non crediamo seriamente ai nostri incontri; e all'Est i comunisti avevano copiato le nostre cerimonie nelle parate... era ed è l'ideologia. Mentre noi dobbiamo proclamare l'opposto dell'ideologia imperante: ci dicono che questo è il mondo reale, mentre noi diciamo che c'è un altro mondo...

A Korogocho Alex ha organizzato gruppi di lettura della Parola anche fra ex prostitute, alcolisti, minorenni criminali e gli ultimi degli ultimi, gli uomini della discarica: in essa cercano un sostegno per denunciare le cause dell'oppressione e la speranza di ritrovare la dignità di uomini. La Chiesa può agire solo se si organizza in piccole "comunità alle frontiere della sofferenza umana", dove la celebrazione liturgica è momento centrale per affermare che tutti sono figli dello stesso Papi misericordioso e che dunque è possibile, nei sotterranei della storia di Korogocho come nel ventre della Bestia del Nord ricco, opporsi all'impero del denaro e spezzare il pane insieme, perché tutti possano avere non solo "la terra in cielo, ma la terra sulla terra" secondo la splendida espressione del vescovo brasiliano Pedro Casaldaliga.

Il riferimento costante alla Parola è tanto importante che Alex vi dedica una particolare attenzione: comincia con lo spiegarla dettagliatamente nel suo significato letterale perché nulla sfugga e tutti possano accedervi. Successivamente contestualizza il messaggio nella realtà dell'oggi denunciando l'ingiustizia, l'ipocrisia, la violenza. Le paure del Faraone ("questo popolo si sta moltiplicando") diventano le ipocrisie del vertice del Cairo, la statua di Babilonia è simbolo dell'impero del denaro. Alex non si ferma qui, alla pur sacrosanta denuncia. Occorre fare un salto di qualità, trovare la forza di riconoscere l'altro nella sua diversità, come "icona di quell'unico mistero che ci avvolge tutti". É necessario pregare l'Abbà, sostituendo al lamento la lamentazione; scrive Gustavo Gutierrez che "nell'Antico Testamento la sofferenza umana possiede il suo linguaggio proprio. Non si può comprendere la struttura del Libro di Giobbe se non si è compreso anzitutto questo linguaggio, cioè il linguaggio della lamentazione"1. Il teologo sudamericano prosegue spiegando che contrariamente all'accezione negativa che la lamentazione assume nella mentalità occidentale - rassegnazione, ripiegamento su di sé, incapacità ad aiutarsi -, nella prospettiva biblica essa è profondamente legata alla preghiera, è un elemento di supplica, di appello a Dio. Ma quale Dio a Korogocho?

E qui scopri davvero che Dio c'è, perché se davvero questo Dio esiste - e a volte è vero i miei dubbi sono grossissimi, entro in crisi con tanta e tanta sofferenza umana - eppure io dico che se Dio c'è Dio è a Korogocho. Alcune volte mi sembra di toccarlo con mano e allora scopro davvero che quel Dio di Mosè, quel Dio di Gesù è il Dio degli oppressi, degli schiavi, dei derelitti, degli abbandonati, di chi muore di AIDS, della prostituta.

Dio a Korogocho

É presenza quasi fisica, riconoscibile nei volti degli ultimi fra gli ultimi, scavati dalla fame e dalla sofferenza, ma ancora capaci di sorridere e sperare. Dio è il "Papi" misericordioso che scende nei gironi della baraccopoli per diventare Pane della comunità. La liturgia eucaristica rende esplicita quella presenza di condivisione, quasi identificazione con i vinti della storia:

É in questo spirito che abbiamo celebrato il mistero della Pasqua. L'abbiamo celebrato nella realtà della vita. Abbiamo fatto memoria del Pane, memoria del Corpo di Cristo: "Ecco l'Agnello di dio, ecco Colui che toglie i peccati..." dico alla gente presentando il Pane. Poi mi fermai: "Ma chi è il Corpo di Cristo oggi?" chiesi alla gente riunita nella chiesetta di St. John. Invitai all'altare una donna che avevo appena visto fuori della porta della chiesa. Una donna incinta, abbandonata pochi giorni prima dal marito, che si trascinava dietro due bambini. Era appena stata buttata fuori da una baracca perché non poteva pagare. Aveva fame e non sapeva dove andare a partorire (partorì il giorno dopo). "Questo è il corpo di Cristo oggi", dissi all'assemblea additando la donna. "Cosa possiamo fare oggi per il corpo di Cristo?". Qui il corpo di Cristo è molto reale, la sua Presenza è molto più reale.

Se l'ultimo è icona del mistero più grande, è volto di Dio, presente quasi fisicamente, anche l'Eucarestia è vissuta come mistero palpabile nella vita quotidiana nei gironi di Korogocho. Non è più possibile separare nettamente liturgia e vita quotidiana:

A volte ho sentito le ossa liquefarsi, squagliarsi talmente mi sono sentito mangiato dalla gente, questo non aver un tuo angolino privato... Questo essere alla mercé totale dei poveri, questo celebrare l'Eucarestia, pane per tutti, come quel Gesù mangiato dai poveri della Galilea. E in questo tuo "essere mangiato" (cannibalismo cristiano) scopri che sei "prete", proprio perché assumi la sofferenza e il grido dei crocefissi della storia! Per la prima volta nella mia vita sento cosa significa essere pane, essere spezzato, spezzarsi, darsi, farsi mangiare. Per la prima volta mi sento di vivere non tanto la messa che vivo in chiesa, quanto la messa vissuta nella vita quotidiana: quel sentirsi con le ossa peste, questo sentirsi mangiato, questo non sentirsi, non possedersi più, non avere veramente neanche un cantoncino tuo privato.

La liturgia viene sottratta alla dimensione formale-ufficiale perché fa riferimento al Dio del Crocifisso e dei crocifissi che non si lascia chiudere in qualche chiesa, ma è sempre fuori, sulla strada sporca, buia e pericolosa di Korogocho. Dietro alla grata di un convento di Clarisse Chiara Patrizia ha scritto all'amico Alex:

Non so come dirti... ma l'incontro trasformante con Cristo non avviene nelle chiese... ne sono sempre più convinta, anche se io lo incontro nel silenzio della cella o del coretto del mio monastero... ma... non è certo il Cristo delle chiese che incontro... è un Cristo sempre più distante da quello che sento predicare... il mio Cristo è lo stesso Figlio dell'uomo che incontri tu, nei sotterranei della storia di Korogocho... bisogna proprio scendere nelle profondità degli inferi per trovare la verità dell'uomo. L'uomo è il grande mistero... il "mistero nascosto" e ora rivelato a Cristo... ma il Cristo di cui parla Isaia... "io sono verme, non uomo, obbrobrio degli uomini, senza bellezza, uno davanti al quale ci si copre la faccia, uno che si scansa dal volto sfigurato...". Questo è il mistero nascosto (scandalo!) dell'uomo... Oggi, più che mai, l'unica profezia che ci può salvare sono i "poveri".

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