La strategia della tensione e l'ampliamento del porto di Vasto
Sull’ampliamento del porto di Vasto c’è tanto da dire, ma partiamo dal passato recente…
Circa dodici anni fa il Coasiv presentò un progetto di ampliamento analogo all’attuale. Anche allora calarono in città dei brillanti progettisti che con particolari “effetti speciali” tentarono di abbagliare la città: la ditta si chiamava PROGER, anch’essa puntava sulla “strategia della tensione”: “BADATE CITTADINI, L’UNICA SALVEZZA PER IL VASTESE E’ IL PORTO! SE NON SI AMPLIA VEDRETE, LA PILKINGTON, LA SEVEL, LA DENSO ANDRANNO VIA E MIGLIAIA DI PERSONE RIMARRANNO DISOCCUPATE…”
Sappiamo bene come è andata a finire: il Ministero dei Lavori Pubblici bocciò il progetto perché considerato sovradimensionato rispetto al contesto economico, e perché in concorrenza con altre strutture limitrofe, in modo particolare con Manfredonia. Vi fu anche un’interpellanza Parlamentare a proposito.
Comunque il porto non si ampliò, sono passati dodici anni la Pilkington, la Sevel e la Denso sono rimaste al loro posto,
in qualche modo hanno affrontato la recessione senza bisogno del Porto ma con la ricerca e la qualità, riuscendo così a continuare ad imporsi sul mercato senza avventurarsi in assurde guerre sulla competitività economica lì dove le imprese occidentali sono destinate sempre alla sconfitta, dato il basso costo del lavoro in Asia e nell’Europa dell’Est. “La strategia della tensione” è sempre la stessa: anche la nuova ditta di progettazione MODIMAR sta usando la stessa tecnica, ovvero terrorizzare la comunità con il rischio della perdita di posti di lavoro. Tutto ciò per scipparle porzioni di territorio a favore di cementificazioni esagerate in mare.
Con una semplice presentazione in “power point” e con una brillante e lunga relazione del giovane ingegnere PAOLO CONTINI, la Modimar ha convinto 24 consiglieri della bontà di un progetto che fino al giorno prima nemmeno conoscevano.
Riportiamo alcuni passaggi del lungo consiglio comunale.
Alla domanda: “CI SONO RISCHI DI EROSIONE A SUD DEL BACINO PORTUALE?” la risposta: “CERTAMENTE NO! L’ORDINE DEI GEOLOGI DELL’UNIVERSITA’ DI CHIETI HA GARANTITO CHE NON VI SARANNO PROBLEMI, ANCHE PERCHE’ QUEL TIPO DI COSTA PER PROPRIA CONFORMAZIONE E’ DESTINATA AD ERODERSI IN OGNI CASO”. Per l’appunto, proprio per questo motivo, invece, altri geologi sempre dell’Università di Chieti e che prossimamente inviteremo in città, affermano che per evitare di accelerare l’erosione sarebbe molto meglio lasciare stare le cose così come stanno.
Alla domanda: “MA QUALI SARANNO LE RICADUTE OCCUPAZIONALI?” la risposta: “NOI NON POSSIAMO GARANTIRE IL SUCCESSO DI UN PORTO COMMERCIALE, E’ IL MERCATO CHE LO DETERMINA, UNA COSA E’ CERTA: SE VOGLIAMO COMPETERE DOBBIAMO ATTREZZARCI A COMBATTERE LA CONCORRENZA DI PORTI LIMITROFI QUALI ORTONA, TERMOLI E MANFREDONIA, CHE SI SONO GIA’ ATTREZZATI…” In parole povere: intanto trasformiamo Punta Penna in un cantiere che può durare anche 10 anni e avventuriamoci in una guerra commerciale fratricida con comunità locali in una sorta di derby calcistico e poi vediamo se qualcuno è disposto a venire qui a commercializzare qualcosa. “NOI DOBBIAMO DIVENTARE IL CASELLO DELLE AUTOSTRADE DEL MARE…”: bella prospettiva diventare un incrocio di traffici altrui, uno snodo, una zona di servizi e non una zona che vive e si sviluppa partendo dalle proprie peculiarità ambientali e tradizionali.
L’ampliamento del porto comporta rischi enormi per il turismo del territorio e ciò si evince chiaramente dalla Legge 28 gennaio 1994, n.84, RIORDINO DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA PORTUALE, che all’art. 4 recita testualmente “comma 3. I porti o le specifiche aree portuali di cui alle categoria II (categoria I sono solo quelli militari), classi I, II, III (Vasto é di classe II), hanno le seguenti funzioni: a) commerciale; b) industriale e petrolifera; c) di servizio passeggeri; d) peschereccia; e) turistica da diporto.
comma 4. Le caratteristiche dimensionali, tipologiche e funzionali dei porti di cui alla categoria II, classi I, II, III e l’appartenenza di ogni scalo alle classi medesime sono determinate, sentite le autorità portuali o laddove non istituite, le autorità marittime, con decreto del Ministero dei Trasporti e della Navigazione, con particolare riferimento all’attuale e potenziale bacino di utenza internazionale o nazionale, tenendo conto dei seguenti criteri:
1. entità del traffico globale e delle rispettive componenti;
2. capacità operativa degli scali derivante dalle caratteristiche funzionali e dalle condizioni di sicurezza rispetto ai rischi ambientali degli impianti e delle attrezzature, sia per l’imbarco e lo sbarco dei passeggeri sia per il carico, lo scarico, la manutenzione e il deposito delle merci nonché delle attrezzature e dei servizi idonei al rifornimento, alla manutenzione, alla riparazione ed alla assistenza in genere delle navi e delle imbarcazioni;
3. livello ed efficienza dei servizi di collegamento con l’entroterra.” […]
“comma 6. La revisione delle caratteristiche dimensionali, tipologiche e funzionali di cui al comma 4; nonché della classificazione dei singoli scali, avviene su iniziativa delle autorità portuali o, laddove non istituite, delle autorità marittime, delle Regioni o del Ministro dei trasporti e della navigazione.”
In poche parole l’ente locale non ha alcun potere nelle decisioni relative alla tipologia del porto stesso; essa viene determinata dai sistemi di sicurezza, dai fondali, dalla sicurezza delle navi stesse, dall’indotto che sviluppa, quindi è falso dire che le petroliere non entreranno, le petroliere entreranno sicuramente se qualcuno in zona, ma anche altrove, avrà bisogno di commercializzare petrolio. Se il porto sarà idoneo, tale imprenditore avrà tutto il diritto di chiedere l’utilizzo delle banchine come chiunque altro imprenditore, è chiaro che quest’eventualità comporterà rischi per tutta l’economia turistica della zona, vanificando quanto di buono si è costruito negli ultimi anni. BASTERÀ UN SOLO INCIDENTE A METTERE IN GINOCCHIO TUTTI GLI OPERATORI DEL TURISMO E DELLA PESCA, CON LA CONSEGUENTE PERDITA, IN QUEL CASO, DI MIGLIAIA DI REDDITI CHE IN UN MODO O NELL’ALTRO VENGONO GARANTITI DAL TURISMO E DALLA PESCA A VASTO.
Noi siamo assolutamente contrari all’ampliamento del Porto di Punta Penna, pur non essendo contrari al trasporto per mare, riteniamo che tale servizio deve essere svolto da località, che purtroppo per loro non hanno altre risorse, come per esempio Manfredonia. Cosa è successo a Manfredonia 15 anni fa? Allora era ancora in esercizio l’ENICHEM con circa 3.000 posti di lavoro, che pretese l’ampliamento del porto in modo da scongiurare rischi di chiusura. Ebbene, l’ampliamento del porto di Manfredonia non ha impedito all’ENICHEM di chiudere senza porsi alcuna remora nel momento in cui ha registrato un calo eccessivo di mercato, lasciando un territorio devastato senza alcuna altra risorsa: il prolungamento del molo ha fatto letteralmente sparire decine di spiagge, spiaggette e calette escludendo di fatto Manfredonia da tutti i benefici del Parco Nazionale del Gargano.
Se noi ampliamo il porto devastando quello che rimane della nostra costa e il mercato di Sevel e Pilkington calano, le stesse non si porranno alcun problema a lasciare il territorio, lasciando Vasto senza alcuna alternativa, perché è chiaro che se il porto verrà ampliato nella misura in cui è stato esposto, il suo successo potrà essere determinato solo da un nuovo sviluppo industriale della zona in evidente contrasto con lo sviluppo turistico del territorio.
TURISMO E INDUSTRIA NON POSSONO CONVIVERE IN RIVA AL MARE, non a caso la Sevel e la Pilkington son dislocate all’interno.
Vasto ha una grande opportunità per il futuro, tutti sanno che è in itinere l’istituzione del PARCO NAZIONALE DELLA COSTA TEATINA e Vasto deve ambire con tutte le sue forze a diventare sede amministrativa del Parco, ne ha pieno diritto perché detiene la parte più estesa di costa e la meglio conservata. Ciò comporterebbe l’apertura di uffici di ogni genere con creazione di posti di lavoro. Inoltre è evidente che non può essere concesso tutto allo stesso territorio: se a Vasto verranno destinati 145.200.000 euro per l’ampliamento del porto, è evidente che a quel punto la sede amministrativa del Parco verrà destinata ad altri.
Noi siamo contrari soprattutto al prolungamento del molo che affaccia sulla Spiaggia di Punta Penna di 750 metri verso sud: l’impatto che ciò potrà avere sulla costa a sud non è assolutamente prevedibile, potrebbe riguardare anche la spiaggia di Vasto Marina, basta vedere cosa ha comportato il prolungamento di 300 metri dello stesso molo, fatto nell’88, quando gran parte della scogliera si è insabbiata, così come è evidente l’erosione sotto il “villaggio Ciancaglini” al punto che attraverso il progetto Sicora si sono investiti diversi milioni di euro in barriere frangiflutti proprio lì sotto.
Siamo anche noi sensibili ai problemi della sicurezza del porto soprattutto per i pescatori, ma la sicurezza la si può ottenere senza prolungare il molo: visto che si è deciso di eliminare il mercato del pesce, si può ricavare in quell’area la darsena per i pescatori.
INOLTRE CI CHIEDIAMO: PERCHE’ IL PORTO PESCHERECCIO NEL NUOVO PROGETTO E’ ESPOSTO PIU’ O MENO ALLE STESSE INTEMPERIE DELL’ATTUALE SITUAZIONE, CONSERVANDO COSI’ TUTTI I RISCHI DEL PASSATO, MENTRE QUELLO TURISTICO E’ COLLOCATO IN POSIZIONE SICURA, CONTINUANDO COSI’ A PERPETUARE UNA SORTA DI INGIUSTIZIA SOCIALE CON PIU’ ATTENZIONE A CHI SI DIVERTE RISPETTO A CHI LAVORA?
Per quanto riguarda il porto turistico, riteniamo che vada delocalizzata la Fox Petroli con la creazione di un porto canale lungo il Torrente Lebba. Se ci si mette in giro a cercare 145.200.000 euro per devastare la costa, perché invece non cercano gli stessi finanziamenti per riqualificare la costa ed allo stesso tempo cogliere anche l’obbiettivo della messa in sicurezza del porto? Si tratta solo di avere una linea politica in tale senso… Possibile che i soldi si trovano sempre quando c’è da devastare e non si trovano mai quando c’è da riqualificare e valorizzare?.
Noi comunque vogliamo sperare che il Ministero dei Trasporti non voglia concedere 145.200.000 euro per l’ampliamento di una struttura che dovrebbe entrare in concorrenza con strutture limitrofe a 20 km verso sud (Termoli) e a 40 Km verso nord (Ortona). Ciò sarebbe un’assurda jattura, proprio in un momento in cui si piange miseria da tutte le parti.
Ultima curiosità per i più attenti: il brillante e giovane ingegnere PAOLO CONTINI della Modimar che ha illustrato il progetto è anche consulente tecnico del progetto SICORA che si occupa di ripascimento e posa di barriere frangiflutti per combattere l’erosione… Si prospetta molto lavoro per questo brillante giovane ingegnere, in quanto si trova all’interno di una favolosa “filiera” fatta di prolungamento di moli, accelerazione dei fenomeni erosivi della costa, messa in atto di misure (ripascimenti, barriere frangiflutti) per combattere l’erosione.
Il caro Contini, “approdando” sul territorio vastese mentre tutti i nostri migliori cervelli sono obbligati a realizzarsi altrove, ha fatto davvero TOMBOLA!!!
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