Lo scandalo della megadiscarica travolge il Pd
Un mare di sostanze nocive sepolte accuratamente e scivolate dolcemente e inesorabilmente nelle falde e nei pozzi. Megadepositi abusivi che hanno generato acqua che l'Istituto superiore di sanità ha dichiarato «non idonea al consumo umano» ma che per decenni è stata distribuita nelle case. Il disastro ambientale ha prodotto 33 avvisi di reato, recapitati ora, a chiusura delle indagini preliminari. Gli accertamenti della Procura di Pescara, coordinati dal pubblico ministero Aldo Aceto, ruotano attorno alle responsabilità che hanno portato alla creazione di quella che è stata definita la «discarica tossica più grande d'Europa» e alla scoperta nel 2004 - ma i risultati sono saltati fuori soltanto nell'estate 2007 - di veleni contenuti nell'acqua confluita nelle reti idriche dell'Aca (Azienda consortile acquedottistica) e con la quale venivano riforniti 500 mila cittadini.
Per lungo, lunghissimo tempo i rifiuti sono stati sistematicamente smaltiti a Bussi sul Tirino. Nei siti, scoperti dalla Forestale, sono stati nascosti - è stato accertato - materiali dall'industria chimica pesante dagli anni '60 ai '90. Sono venute alla luce quattro discariche: una di esse, la più imponente, è di 165mila metri cubi, su un'area di 33mila metri quadrati, vicino alla stazione, nei pressi dell'ex Montedison e a meno di 20 metri dalla sponda destra del fiume Pescara. Qui sarebbero finiti rifiuti di ogni genere, compresi quelli contenenti cloroformio, tetracloruro di carbonio, esacloroetano, tricloroetilene, triclorobenzene, metalli pesanti: tonnellate di sostanze pericolose e cancerogene che possono provocare danni agli organi interni come fegato, reni, colon. L'inquinamento ha interessato anche i pozzi per la captazione dell'acqua potabile, realizzati tra gli anni '80-'90 poco più a valle, nei comuni di Castiglione a Casauria e Tocco da Casauria.
Tra gli indagati, che debbono rispondere a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro doloso, commercio di sostanze contraffatte e adulterate, delitti contro la salute pubblica, turbata libertà degli incanti e truffa, ci sono Giorgio D'Ambrosio (Pd), in qualità di presidente dell'Ato; Donato Di Matteo (Pd), presidente del consiglio d'amministrazione dell'Aca; Bruno Catena (Pd) presidente dell'Aca; Bartolomeo Di Giovanni direttore generale dell'Aca; Lorenzo Livello, direttore tecnico dell'Aca; Roberto Rongione responsabile Sian della Asl di Pescara e Roberto Angelucci (Pdl) ex sindaco di Francavilla al Mare. Destinatari di informazioni di garanzia sono anche i vertici dello stabilimento Montedison.
Dirigenti e amministratori del colosso, secondo la ricostruzione della magistratura, avrebbero concorso ad avvelenare le acque destinate all'alimentazione umana prima che fossero attinte o comunque distribuite per il consumo. Mai nessuno della Montedison avrebbe fatto nulla per porre riparo a questa situazione, nonostante esistessero studi che ne fotografavano esattamente la gravità. Tra i numerosi indiziati Montedison figurano anche Guido Angiolini, amministratore delegato pro-tempore della società; Carlo Cogliati, amministratore delegato di Ausimont; i responsabili dello stabilimento di Bussi che si sono succeduti nel tempo, dal 1963 in poi, e i responsabili Pas (Protezione ambientale e sicurezza) sia dell'azienda che del gruppo.
«Molti enti erano a conoscenza - afferma Dante Caserta, presidente del Wwf Abruzzo - Però non hanno mai provveduto ad informare la collettività. Siamo di fronte a uno scandalo immane che coinvolge quella che era la più grande azienda chimica italiana». «Senza le iniziative intraprese da Rifondazione, Wwf e Abruzzo Social Forum - aggiunge Maurizio Acerbo, ex deputato Prc - nulla sarebbe emerso e centinaia di migliaia di persone avrebbero continuato a bere acqua deleteria. E' davvero preoccupante che i protagonisti negativi di questa vicenda siano tra gli esponenti di punta del Partito democratico nella regione».
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