L'Abruzzo ha ancora un futuro?

Il TAR respinge tutti i ricorsi e dichiara inapplicabile la legge regionale della primavera scorsa che bloccava le costruzioni sulla costa. Una sentenza che va oltre ogni possibile scenario prevedibile. Il tribunale amministrativo ha spazzato via tutte le possibilità attuali per fermare la costruzione dell'impianto ENI.
23 settembre 2008

Abruzzo La giornata di ieri ha avuto un finale inaspettato: dopo mesi e mesi di inspiegabili rinvii il TAR ha emesso la sentenza sulla costruzione del 'Centro Oli' a Ortona. Ed è una sentenza di morte per il futuro della regione adriatica. Al contrario di ogni aspettativa, sono stati spazzati tutti i ricorsi presentati da Istituzioni, ambientalisti, agricoltori e associazioni varie.

Una sentenza che va oltre ogni possibile scenario prevedibile. Il tribunale amministrativo ha spazzato via, nei pochi minuti della proclamazione della sentenza, tutte le possibilità attuali per fermare la costruzione dell'impianto ENI. Infatti, insieme al rigetto del ricorso, è stata dichiarata inapplicabile la legge regionale che bloccava ogni costruzione sulla costa fino al 31 dicembre. Alla luce di questo, oggi, mentre la tastiera batte queste righe, l'ENI potrebbe aver già ricominciato i lavori e l'apertura del 'Centro Oli' essere imminente.

Le motivazioni della sentenza sono a dir poco aberranti. Il TAR afferma testualmente che l'interesse energetico(che nessuno, dati scientifici alla mano, è mai riuscito a dimostrare possano essere tutelati dalla costruzione del Centro Oli) ha pari valore, se non superiore, alla salute pubblica e alla tutela dell'agricoltura e delle attività economiche ad essa connesse. Poche righe nelle quali si sancisce il sacrificio della salute pubblica, della vita di migliaia di persone, ad un 'superiore interesse economico'. Una retorica cruenta degna della peggior dittatura novecentesca. Riecheggiano ancora nelle orecchie dei più anziani, e di chi crede nel valore della memoria, le parole di Benito Mussolini all'ingresso dell'Italia in guerra. "Abbiamo bisogno di alcune migliaia di morti per sedere al tavolo dei vincitori".
A questo va aggiunto che il tribunale amministrativo ha affermato che WWF e Legambiente, in quanto associazioni ambientaliste, non potevano promuovere il ricorso non essendoci un loro interesse da difendere. "Non si può ritenere che abbiano anche la facoltà di impugnare atti che potrebbero in astratto arrecare danni alle coltivazioni agricole anche sé di pregio. Se fosse vero questo allora sarebbero abilitati a impugnare qualsiasi opera di carattere pubblico o privato che potesse eventualmente arrecare danni all'ambiente considerato in tutti i suoi aspetti anche di carattere urbanistico" scrivono i giudici.
Una situazione che sgomenta e agghiaccia. Se il risultato doveva essere questo perché mesi e mesi di rinvii?

Il futuro dell'Abruzzo, la vita dei suoi abitanti, la qualità delle sue terre sono oggi irrimediabilmente avviate verso la distruzione. In tutti questi mesi tante sono state le speranze e le aspettative, alla luce anche della straordinaria mobilitazione popolare, civile e istituzionale. Oggi è rimasto solo, flebile e soprattutto rischioso considerato che l'ENI è da subito autorizzata ai lavori, il ricorso al Consiglio di Stato. Insieme all'indignazione e alla rabbia, alla necessità vitale di non cedere il proprio futuro ad una oligarchia chiusa e bieca, pochi rinchiusi in una stanza che hanno venduto l'Abruzzo.
Questa mattina Enrico Paolini, vicario dell'ex governatore Del Turco, ha esaltato i risultati della stagione turistica estiva abruzzese. Dati strepitosi, addirittura in controtendenza rispetto al trend nazionale. Paolini, preso dall'entusiasmo, si è lanciato nella temeraria proposta di finanziare gli aeroporti Alitalia con fondi regionali, per sostenere la compagnia. Qualcuno ci spiegherà con calma dove, visto che stiamo raschiando il barile, l'Abruzzo prenderebbe questi soldi. E, soprattutto, spiegategli che il turismo in Abruzzo è finito. Sarà tra le prime vittime del Centro Oli.

In conclusione alcuni ringraziamenti non possono che essere doverosi.

Il primo grazie va sicuramente ad Ottaviano Del Turco, il nostro amatissimo ex presidente regionale, sin dall'inizio strenuo difensore della necessità del Centro Oli. E capace, pur di salvarsi e di non essere smentito dalla sua stessa maggioranza, di ogni manovra politica. All'alba della sua avventura politica regionale, il prode Ottaviano affermò, all'Università D'Annunzio di Pescara, che l'Abruzzo doveva seguire l'esempio di Napoli e della Campania. Obiettivo totalmente raggiunto: oggi, che la sua avventura è finita, le discariche sono piene, si profila all'orizzonte una emergenza rifiuti disastrosa e il Centro Oli promette di valere quanto gli inceneritori campani, avvelenando l'aria e i suoli a livelli mortali.

Grazie ai sindacati confederali, CGIL, CISL e UIL, pronti a schierarsi sin dall'inizio con la Confindustria, Del Turco e l'ENI. Il posto che spetta a chi deve tutelare gli interessi popolari e civili. Abbiamo tutti ancora davanti agli occhi gli appelli e le lettere aperte che la tri-murti ha spedito in questi anni. Sembravano scritte dall'ENI. Posti di lavoro, nessun rischio alla salute, immense ricchezze in arrivo. Qualcuno porti i loro dirigenti in visita in Basilicata, lì dove sorge un centro analogo a quello che sorgerà in Abruzzo. L'apoteosi della vicenda è arrivata quest'estate quando l'ENI ha minacciato, in caso di mancata costruzione del 'Centro Oli', di chiudere qualsiasi insediamento e abbandonare la regione. Il giorno dopo i prodi sindacati, presi dal sacro fuoco della difesa del popolo dagli interessi del capitale, si sono stracciati le vesti e strappati i capelli pubblicamente. Se l'ENI ci abbandona è la fine, se il Centro non si costruisce cosa faremo, una litania pietosa e patetica. Chiusi nei loro interessi, autoreferenziali, totalmente sordi ad ogni richiesta della società civile e dei cittadini, incapaci di qualsivoglia lettura della realtà. Così come in situazioni simili(ricordiamo la manifestazione di Roma a favore del Dal Molin organizzata dalla CISL o lo sciopero di Melfi, quando la stessa CISL organizzò una manifestazione di pensionati, spacciandoli per operai FIAT) ancora una volta i sindacati sono stati protagonisti di una vicenda sconcertante, pronti solo a difendere i loro piccoli feudi. La pallida presenza dell'ENI in Abruzzo(qualcuno se n'è mai accorto?) e le poche decine di posti di lavoro(che stentatamente dovrebbero raggiungere le 30 unità) rappresentano per le burocrazie sindacali l'occasione per esercitare il loro potere autoreferenziale e tronfio di se stesso.

Grazie infine a tutti coloro che sono rimasti muti, spettatori passivi e sprezzanti di tutta la vicenda. A coloro che sanno solo sfruttare ogni minima occasione per rimanere sulle poltrone o per cercare i riflettori. A coloro che, non sapendo vivere il presente, non sanno cosa sia il futuro.

 

Nelle prossime settimane la mobilitazione proseguirà e si muoverà su nuove creative azioni. Il futuro non sarà consegnato agli appetiti delle burocrazie e delle industrie della morte. Così come i nostri amici e compagni della Val di Susa non possiamo che ripartire, sgomenti e sconfitti ma non arresi, ribadendo che "Sarà dura" ma ce la faremo.

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