Liguria: una cartolina anche per l'Abruzzo
Le notizie e le immagini provenienti dalla Liguria negli ultimi dieci giorni provocano dolore, sconcerto e costringono alla riflessione. Al di là delle solite trite ritrite cantilene stonate di alcuni politicanti, quanto accaduto ha nome, cognome e indirizzo: speculazione edilizia, mancata gestione e difesa del territorio. Le parole di Mario Tozzi raccolte da Repubblica sintetizzano egregiamente quanto accaduto: " una "cementificazione folle" e "un piano casa sciagurato" che permette di costruire non più a 5 ma solo a 3 metri dai corsi d'acqua". Sono parole che, per chi vive in Abruzzo, suonano più che familiari. Il 14 dicembre 2010 PeaceLink Abruzzo e l'Ass. Antimafie Rita Atria pubblicavano il dossier "Stanno svendendo il futuro al cemento e alla speculazione" denunciando la cancellazione del "futuro dell'Abruzzo" con la devastazione di "fiumi e valli, milioni di euro vengono letteralmente gettati via in mega progetti inutili per la collettività". Nell'occasione veniva fornito un lunghissimo elenco che testimoniava tutto ciò. Il dossier era stato prodotto a seguito delle alluvioni che avevano colpito soprattutto il teramano, l'alto pescarese e l'aquilano. Il 29 ottobre scorso la sezione teramana del WWF ha denunciato che "la lezione di meno di un anno fa sembra non aver dato frutti. Si continua a costruire in aree a rischio di esondazione, a programmare piani urbanistici con espansioni incontrollate su aree sensibili, ad ubicare impianti ed infrastrutture a ridosso di fiumi, calanchi, zone in frana, attuando una politica di deroghe e sviamento dalle norme generali in nome di un fantomatico sviluppo che non tiene conto delle realtà del territorio" accusando la "miopia" e "l’incapacità di amministratori che, a prescindere dalle appartenenze politiche, non sono in grado di salvaguardare il territorio e l’incolumità dei cittadini".
Emblema, come denunciavamo un anno fa, di una totale mancanza "all'orizzonte" di un "progetto programmatico" e una "visione del futuro", è la vicenda (probabilmente molto lontana dal concludersi!) del dragaggio del porto di Pescara. Nei mesi scorsi abbiamo assistito ad un fallimento incredibile che ha portato interi settori economici in ginocchio, sta portando ad un gravissimo rischio esondazione, tutto incorniciato dall'errore di programmazione più clamoroso: considerare la tutela ambientale un ostacolo e non un fondamentale elemento nella pianificazione e realizzazione(errore già commesso all'epoca della costruzione della diga foranea, che non ebbe la Valutazione d'Impatto Ambientale), come evidenziato dal WWF Abruzzo.
Tra i tanti progetti di cui parlavamo un anno fa c'era la costruzione, avvenuta non moltissimi anni fa, del centro commerciale Megalò "sorto in una zona a fortissimo rischio idrogeologico a pochissimi passi dalle sponde del fiume Pescara". Negli ultimi mesi è stato presentato un nuovo progetto per un altro centro commerciale nella stessa zona.
Nei mesi scorsi a San Vito è stato rilanciato il progetto di mega resort di lusso a pochi passi da una zona di altissimo valore ambientale. Il resort sorgerebbe su "una superficie di 200.000 mq. (140.000 nella delibera comunale 29/2011) di cui 130.000 interessati da 612 camere, seconde case, centro di talassoterapia per 9000 mq., sala meeting per 1000/1500 posti, centro culturale, 9 ristoranti, anche per banchetti, attrezzature sportive, piscine".
Ad Ortona, nonostante la fortissima opposizione della popolazione(e gli impegni di alcuni politici regionali), l'8 Agosto scorso sono stati avviati i primi collaudi della Regione che preludono l'apertura della discarica di rifiuti inerti e rifiuti contenenti amianto. Sempre ad Ortona a gennaio il comitato VIA ha dato parere positivo all'insediamento di un deposito di stoccaggio di vari materiali, tra cui coke di petrolio(definito "la feccia del petrolio").
Arrivando a Vasto, un anno fa facevamo riferimento a due progetti dal gravissimo impatto ambientale: "la costruzione di una città satellite a sud della Città, al confine con San Salvo" e una centrale a biomasse da 4MW a pochi passi dalla Riserva Naturale Regionale di Punta Aderci(e da un SIC, Sito d'Importanza Comunitaria) presentato dalla società Istonia Energy. L'anno scorso il primo fu contrastato da un vero e proprio fuoco di sbarramento che vedeva quasi l'intera classe politica contraria e la seconda fu oggetto di due pronunciamenti negativi del Consiglio Comunale di Vasto. Un anno dopo la situazione è nettamente cambiata e diversi esponenti politici cominciano ad essere possibilisti, fino a dichiararsi favorevoli ad approvare il progetto. Il progetto della città satellite comincia, tra le altre, ad inserirsi in una discussione più generale sulla modifica del PRG, l'ultima delle quali risalente a molti anni. La premessa dell'approvazione della città satellite da 4000 appartamenti, farebbe temere che ci sia chi voglia ripetere le scelte che hanno permesso una fortissima cementificazione del territorio. La centrale a biomasse della Istonia Energy, senza colpo ferire fino all'intervento qualche settimana fa di alcune associazioni, ha avuto l'autorizzazione regionale. Un'autorizzazione che manca della Valutazione d'Incidenza Ambientale, nonostante la vicinanza del SIC e della Riserva. La tutela di un'area importantissima dal punto di vista ambientale è stata totalmente trascurata, un elemento gravissimo. L'attualità segnala, tra gli altri, i progetti di "un impianto di recupero di rifiuti speciali" e una centrale a biomasse della potenza di 17MW elettrici e 6 MW termici da parte della Puccioni SpA.
Quanto riportato nel dossier dell'anno scorso, trova conferma anche nelle denunce del WWF Abruzzo che cita, tra le altre, il progetto ANAS per la variante Sud di L'Aquila ( del costo di 30 milioni di euro e che hanno cercato di approvare, velocizzando i tempi, sfruttando un'ordinanza di protezione civile per il dopo terremoto per la riapertura delle scuole di l'Aquila ), che si localizzerebbe in gran parte nell'area di esondazione del fiume Aterno, 3 nuovi ponti e strade lungofiume sul Saline (15 milioni di euro), un fiume a grave rischio esondazione e che meriterebbe ben altri interventi, la strada pedemontana Abruzzo-Marche che per due soli tratti costerebbe 180 e 173 milioni di euro, e il "periplo del Gran Sasso"(in pieno Parco Nazionale). Oltre 300 milioni di euro in una Regione che dichiara di esser costretta a chiudere ospedali, che (tanto per rimanere in tema!) non riesce ancora a trovare i fondi per risarcire i danni dell'alluvione del 2010 e in cui sono molti i fiumi e i luoghi che necessiterebbero importanti interventi di risanamento e riqualificazione ambientale.
Al termine, come l'anno scorso, siamo costretti a concludere che stanno "ipotecando e devastando il futuro dell'Abruzzo" e tutto questo accade "in nome del profitto di pochi"...
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