Il viaggio di Alexander Langer e la poesia in cammino sulla Costa Teatina

Il Parco Nazionale è una sfida importantissima per chi ha a cuore le sorti del futuro della Costa Teatina. Ogni politico amante del bene comune dovrebbe oggi raccogliere la sfida del rendere desiderabile la conversione ecologica di questa bellissima terra, minacciata da rischi immensi. Ci mancano politici come Alexander Langer, la sua intelligenza profonda nel guardare l'umanità, il suo impegno appassionato, la generosità dei sentimenti che l'ha portato al dono totale di sé agli altri e alla politica. Quella politica oggi sempre più terreno di conquista di "squallide consorterie" e dove scarseggiano gli amanti e i costruttori del bene comune
2 luglio 2014

Alexander Langer

“Il fine del viaggiare è il viaggiare stesso e non l’arrivare”, sono parole del compianto Tiziano Terzani che riassumono tutta una filosofia di vita o, per meglio dire, la vita stessa. Perché si può sopravvivere a sé stessi, correre all’impazzata senza mai trovare pace e serenità, sempre frustrati e insoddisfatti, o si può viaggiare, camminare, vivere la vita ogni secondo e ogni battito d’ala. E’ stato questo il più grande insegnamento - perché per tanti, tantissimi di noi (per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo di persona e per chi l’ha conosciuto solo dopo la sua tragica dipartita) è stato un maestro, una stella polare che mai smetterà di brillare – di Alexander Langer.


Sono i giorni del ricordo del suo triste commiato da questa vita. Ma fermarsi a quel tragico giorno, sotto quell’albero di albicocche a Pian dei Giullari di Firenze, sarebbe una crudele ingiustizia. Perché il viaggio di Alexander è stato intenso, vibrante, vero per i tantissimi anni che ha dedicato all’umanità e al suo futuro. Viaggiatore leggero capace di caricarsi, come il suo amato San Cristoforo, dei pesi, delle angoscie, ma anche delle bellezze, dei colori, della musica delle vite di chi incontrava e dell’ambiente, Alexander rovesciò, e invitava altri e altre a farlo, il famoso motto olimpico. Essere nella vita “più lenti, più soavi, più profondi”. Mi è tornato in mente nei giorni scorsi. Si è conclusa domenica scorsa la seconda edizione di “Cammina per il Parco”, la splendida iniziativa portata avanti dalla “Costituente per il Parco Nazionale della Costa Teatina” (che da undici anni attende di veder completato il suo iter istitutivo!) e da alcuni attivisti delle associazioni che lo animano. In queste due edizioni, al di là dell’obiettivo principale che è quello di tenere alta l’attenzione sull’istituendo Parco, tantissime sono state le foto, i video, le testimonianze, le meraviglie di questo scrigno immenso che è la costa teatina, di esperienze come Zona22 (vero esempio di “laboratorio ecologico” e di recupero della bellezza!) ma anche di denunce di tutto ciò che vuol violarne la bellezza e sfregiarla. Chi attraversasse la costa teatina, così come qualsiasi altro ambiente naturale, distrattamente, di corsa, pensando solo alla sua meta (e probabilmente scegliendo l’autostrada!) non si accorgerebbe di nulla. Ma se invece non si pensasse alla meta del viaggio, ma si godesse il viaggio stesso sarebbe tutto diverso.

 

Nel 1897, dopo una discussione con alcuni “piccoli amici”, una bambina di otto anni chiese al New York Sun se Babbo Natale esistesse. Il 21 dicembre la risposta arrivò con un editoriale che commosse moltissimi lettori ed entrò nella storia del giornalismo mondiale (ed infatti il New York Sun lo ripubblicò tutti gli anni fino alla sua chiusura nel 1950) e fu positiva. Si legge in quell’editoriale che è l’abbondanza dell’amore e della generosità, la loro esistenza, che danno alla vita bellezza e gioia, se non esistessero non esisterebbero poesia e romanticismo e la luce eterna (dell’infanzia!) riempie il mondo sarebbe estinta. E sono queste le cose più vere del mondo. Per dirla con le parole di un altro grande viaggiatore e del suo libro più famoso, il Piccolo Principe, l’essenziale è invisibile agli occhi. Ma questo essenziale spesso irrompe nella nostra vita e squarcia la desolazione e il grigiore della quotidianità. Ma bisogna saperlo vedere, capire che la vita non è un arido calcolo e non è una gara a chi corre più veloce. Viaggiando, come c’insegna Alexander Langer, più lenti, con uno sguardo più soave e più profondo, possiamo accorgercene. La costa teatina è ancora, nonostante tutto, uno dei luoghi privilegiati per farlo. Nei suoi angoli incontaminati tutto può ancora realizzarsi. Ma le dune, i sentieri, i prati fioriti, i boschi, le insenature e le danze colorate del Sole sul mare, lì dove i caldi raggi disegnano sulle onde splendenti diademi, vanno attraversati lentamente, aprendo il cuore e la mente alla magia e alla bellezza. Perdendosi in questi strepitosi paradisi è possibile scoprire la poesia che colora la terra.

 

Ma per far tutto questo ci servirebbe lo sguardo di Alexander, il suo viaggio leggero, profondo, la sua lungimiranza, la sua mitezza d'animo che si sposava perfettamente con una radicalità del pensiero e della pratica quotidiana esemplari, la sua intelligenza profonda nel guardare l'umanità, il suo impegno appassionato, la generosità dei sentimenti che lo ha portato al dono totale di sé agli altri e alla politica. Quella politica oggi sempre più terreno di conquista di "squallide consorterie" e dove scarseggiano gli amanti e i costruttori del bene comune come Alexander. I suoi scritti ci indicano la via, ci insegnano a leggere, interpretare e vivere questa devastante crisi ecologica, sociale, economica e politica. Cresciuto in una regione di frontiera, ha visto nella conoscenza reciproca, nell'incontro fecondo, una ricchezza da costruire quotidianamente. Ha precorso i tempi, ha attraversato sentieri e strade con la lungimiranza e la visione di chi sapeva guardare oltre ogni orizzonte. Viaggiatore inquieto, ha donato tutto se stesso all'umanità sofferenta e oppressa, caricandosi i pesi e i dolori che ha incontrato con un amore immenso. Il caricarsi i pesi del prossimo, per allievare le sue sofferenze e curare le sue ferite, l'essere portatori di speranza e di amore, può portare a spingersi troppo avanti. Può condurre nel deserto, dove gli uomini non si amano e non parlano. Dove i pesi diventano eccessivi. Ha scritto nell'ottobre 1992, in ricordo di Petra Kelly, il dramma dei "portatori di speranza" che si ritrovano “troppo grande... il carico di amore per l’umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono”.

 

Si può vivere immersi in una marea sterminata di contatti, di conoscenze e di esperienze e sentirsi soli. Incompresi. Accade che ci si senta soli, che si rimanga soli. Estranei, lontani. Nel deserto. Si è circondati da decine, centinaia, di persone, ma si vive il deserto dell'anima. Si dona così tanto amore che giunge il giorno in cui se ne ha necessità vitale, fosse anche solo una carezza o una parola di condivisione e conforto. Come fosse acqua. Pura, casta, genuina, vitale. Sgorgante da fonte vera e profonda. La sete arde, brucia dentro. Si è donato così tanto amore, dedizione, passione agli altri da non averne più per sé. Ci si sente fragili e indifesi, si ha la necessità di qualcuno al quale stringersi e sostenersi, che sappia chinarsi sulle ferite del tuo cuore (e delle miserie umane) e lenirle.

 

Si vive "in un tale incrocio di dolori" che non si riesce più a vivere, appaiono "troppe le attese frustrate e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, troppe le incomprensioni che nascono e segnano, troppo grande il carico di amore per l'umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che il cuore brama e ciò che si riesce a compiere." Si vorrebbe guardare sempre più in alto, ma il peso della convivenza umana, avvelenata dalla mancanza di umanità, schiaccia al ribasso. Ci sono giorni che fanno sentire tutto il loro peso. Un peso enorme, che schiaccia, di illusioni tradite, di incomprensioni, di violenza e di cuori in lacrime. Quanto è grande la differenza tra quel che è e quel che vorremmo. Quanto immensa è la facilità di essere fraintesi, incompresi, travisati, di rimanere soli.

 

Ma alfine, in questi cupi tempi nei quali il sistema in crisi, che il suo sguardo profetico già vent'anni fa aveva saputo vedere, è diventato il Sistema di dominio e di oppressione di classe e di guerra ai poveri e agli ultimi, fin quando potremo difendere la bellezza e la poesia, gli angoli più belli dell’ambiente che ci circonda e costruire un futuro migliore, realmente ecologico, come vogli-Amo con il Parco Nazionale della Costa Teatina, c'è una condanna dalla quale non possiamo esimerci: la speranza. E allora, com'ebbe a dire un suo carissimo amico, non esiteremo mai a seguire l'esempio della sua vita, "invidiabilmente ricca di viaggi, di incontri, di conoscenze, di imprese, di lingue parlate e ascoltate, di amore" e fin quando il suo "viso serio e gentile" ci accompagnerà nel cuore, cercheremo di andar "incontro agli altri con il suo passo leggero" per non perdere mai la speranza e continuare, come ci hai chiesto quel dannato giorno a Pian dei Giullari, "in ciò che è giusto".

 

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