ROMA – Sono dieci i punti critici del ddl sulla sicurezza approvato in prima lettura dal Senato secondo quanto hanno affermato Fondazione Migrantes, Caritas Italiana, Comunità di Sant’Egidio, Acli, Fondazione Centro Astalli e la Comunità Papa Giovanni XXIII, riunite oggi a Roma presso la Camera dei deputati alla presenza di diversi esponenti del mondo politico. Secondo le diverse organizzazioni del mondo cattolico oggi solo una legge giusta può portare realmente sicurezza per tutti i cittadini, mentre le tendenze attuali, tra ddl e ronde, portano il Paese in un futuro più cupo che sicuro, con gravi conseguenze per l’integrazione e per la stessa sicurezza dei cittadini.
In ordine numerico e non d’importanza il primo degli articoli contestati è l‘art. 6, che secondo le organizzazioni “limita gravemente i diritti della comunità familiare, prevedendo l’incapacità al matrimonio con effetti civili per lo straniero privo del permesso di soggiorno”. L’articolo da solo va nella direzione opposta alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e precisamente l’art.16 che afferma che uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia. La comunità politica, spiegano le organizzazioni, dovrebbe assicurare alla famiglia la libertà di costituirsi.
Segue l’art. 21 che introduce “un’unica fattispecie di reato, comprensiva sia dell’ingresso illegale che della permanenza oltre il consentito sul territorio dello Stato”. Oltre al rischio di confusione al livello giuridico di trattamento per gli immigrati che lavorano onestamente con coloro che invece sono un rischio reale per la sicurezza dei cittadini, lo Stato si troverà ad affrontare decine di migliaia di processi che, in caso di condanna, commineranno sanzioni pecuniarie di fatto inesigibili. “Non bisogna confondere i criminali con i migranti – si legge nel documento distribuito ai deputati intervenuti e alla stampa nel quale vengono citate le parole di Benedetto XVI – riguardo ai quali è consueto che ci si soffermi sul problema costituito dal loro ingresso e non ci si interroghi anche sulle ragioni del loro fuggire dal Paese di origine”.
A rendere più difficile il futuro dell’integrazione l’art. 42 del disegno di legge. Secondo l’articolo infatti sia per i residenti italiani che stranieri regolarmente soggiornanti è previsto “il divieto di iscrizione anagrafica in mancanza della disponibilità di un alloggio dotato di idonea certificazione dei requisiti igienico-sanitari”. Questa normativa, se approvata, spiegano le organizzazioni potrebbe portare ad un blocco di massa delle iscrizioni o variazioni anagrafiche viste le condizioni abitative di molte delle famiglie anche italiane in condizioni di povertà. Ma l’articolo potrebbe causare danni maggiori, come un sempre più difficile sostegno alle famiglie in difficoltà, uno scarso controllo sulla scolarizzazione dei minori a causa della non rintracciabilità delle fasce deboli.
L’art. 50 riguarda i senza fissa dimora. Il ddl prevede che vengano “coattivamente iscritte all’anagrafe dei residenti del comune di nascita, ove non riescano a dimostrare di avere l’effettivo domicilio in altro comune” . Secondo le organizzazioni il rischio di infrangere i loro diritti è reale, oltre all’estinguersi dell’adempimento di doveri di solidarietà.
Rende più difficile il trasferimento legale del denaro l’art. 43. Secondo il disegno di legge i servizi rivolti al trasferimento del denaro devono chiedere oltre ad un documento di identità anche il permesso di soggiorno, con relativa segnalazione alle autorità in caso di mancata esibizione del documento. Questo intervento potrebbe favorire secondo le organizzazioni cattoliche lo svilupparsi di pratiche criminali a favore della malavita.
Inoltre, il ddl potrebbe rendere incerta la possibilità di compiere atti dello stato civile e di accedere ai servizi pubblici agli stranieri senza il permesso di soggiorno. Secondo quanto si afferma nell’art. 45, che va a modificare il testo unico sull’immigrazione. A rischio gli atti di matrimonio, di nascita di minori stranieri oltre che rendere inaccessibili i servizi pubblici essenziali agli stranieri irregolarmente soggiornanti. Altro punto critico dello stesso articolo l’introduzione del superamento di prove di conoscenza della lingua italiana per l’ottenimento del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, fatto del tutto positivo se solo si garantissero dei corsi di lingua su tutto il territorio nazionale, tenendo conto anche degli orari di lavoro. L’articolo 45 rende, inoltre, più rigido il rilascio del permesso di soggiorno per i minori non accompagnati al compimento della maggiore età. Provvedimento che secondo le organizzazioni potrebbe favorire un ritorno alla clandestinità e facili prede della criminalità.
Dell’art. 45 fa parte anche la possibilità di segnalazione alla polizia da parte del personale medico e delle strutture sanitarie. “In tal modo – spiega il documento – non solo si mortifica nella pratica quel diritto fondamentale alla salute e alle cure mediche che pure nella forma non è stato posto in discussione, ma si favorisce la diffusione di una economia illegale del dolore e si espone la pubblica salute ai rischi causati da patologie non curate”.
Infine l’art. 47, che propone una nuova figura dell’accordo di integrazione per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno. Secondo le organizzazioni, si tratterebbe, in sostanza, del permesso di soggiorno a punti, ma non solo. L’articolo complicherà maggiormente il percorso burocratico del rinnovo e avrà ricadute significative anche sull’inclusione sociale. (Giovanni Augello)
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