Test sugli animali, ecco l'elenco delle aziende che non torturano più
Un coniglietto li salverà. Almeno fino al 2013 quando finalmente entrerà in vigore il bando totale di testare i cosmetici su animali. Fino ad allora ogni anno 40mila esemplari continueranno ad essere sfigurati da rossetti, bruciati da creme. Per la legge italiana un'estetica consapevole può attendere e fino a quella data per i consumatori che non vogliano imbellettarsi con unguenti e pozioni usciti dalla morte di cavie, conigli e topi non resta che cercare sulla confezione l'emblema raffigurante un coniglio tra stellette in procinto di saltare (che resta facoltativo) e leggere l'etichetta per trovare la dicitura: "Stop ai test sugli animali Controllato da Icea Per Lav".
«C'è tanta disinformazione al riguardo», spiega Roberta Bartocci, responsabile della campagna contro i cosmetici testati della Lega Antivivisezione. «Alcune aziende - aggiunge - scrivono non testato su animali ma in realtà non è così. Le numerose richieste da parte dei soci Lav dimostrano - sottolinea Bartocci - quanta confusione ci sia su questa materia, in parte creata dalle stesse aziende che negli ultimi anni hanno utilizzato diciture fuorvianti (cruelty free, non testato su animali, ecc.) che hanno confuso quando non ingannato i consumatori intenzionati ad un acquisto etico. Queste diciture non hanno infatti alcun valore ufficiale e dall'11 marzo 2005 solo le aziende e i loro fornitori che non effettuano e non commissionano test su animali, sia su prodotto finito che sulle materie prime utilizzate, potranno adottarle, anche se il decreto non indica se e come le aziende verrebbero controllate».
Solo l'etichetta, quindi, può fare da guida garantendo che l'azienda ha aderito allo standard internazionale stilato dalle associazioni appartenenti all'European Coalition to End Animal Experiments (Eceae). «Con l'adesione allo standard internazionale - aggiunge l'esponente Lav - l'azienda si impegna a non effettuare né commissionare test su animali per i suoi prodotti e materie prime. Controlli a sorpresa vengono poi compiuti dall'Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale (icea. info) e solo allora l'azienda entra nell'elenco delle industrie consigliate». Sono poco più di una decina le aziende italiane. L'elenco, consultabile sul sito lav. it comprende: Derbe, Cibe Laboratori, Helan, Serafini, D'Aymons, Indica, Bartholomew, Saponificio Gianasso, Flora, San. Eco. Vit e Bema Cosmetici.
A queste si aggiungono quelle estere aderenti alla British Union for the Abolition of Vivisection (buav. org) e presenti sul mercato italiano: The Body shop, Montagne Jeunesse, Jason Natural Cosmetics, W. S. Badger. John Paul Mitchell Systems. Ma qual'è il mercato effettivo di questi prodotti? Restano purtroppo merci di nicchia. Stenta infatti ancora ad affermarsi il concetto di cosmesi etica salvanimali.
I prodotti, lungi da arrivare alla grande distribuzione, si possono trovare per lo più in erboristerie e in farmacie. «Tra le decine di e mail che riceviamo ogni giorno - dice Bartocci - il 60 per cento riguarda la cosmesi non testata. Sono molte le donne che si interrogano. Il nostro impegno è quello di avviare campagne di formazione proprio per erboristi e farmacisti perché la materia è molto complessa».
Non ha bisogno di corsi Elisabetta Scorsoni titolare de L'Erba Amica, un negozio in via Ezio 29 a Roma. La sua è stata una scelta coraggiosa e impegnativa. Nel suo negozio infatti si vendono solo prodotti raccomandati Lav.
«È una strada in salita - racconta - e si vende facendo informazione al cliente che spesso torna e compra di nuovo". Le clienti più affezionate hanno dai 25 ai 40 anni sono attente e consapevoli. «Spesso - sottolinea - scoprono anche che il prodotto costa un terzo in meno rispetto a quello "normale" di profumeria». Sugli scaffali de L'Erba Amica si possono trovare anche uova di coturnice (quaglia) ottime come integratori e latte di cavalla. «Sono prodotti di animali che non muoiono, né vengono torturati».
L'azienda va ma Scorsoni non nasconde una certa delusione. All'appello mancano gli animalisti. «Dati alla mano - commenta - solo il 5 per cento degli iscritti a Roma ad associazioni come Lav, Animalisti Italiani, compra da noi. Tre anni fa, quando abbiamo aperto, ci saremmo aspettati da questo canale una clientela almeno del 30 per cento».
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