Uccidono i cani e poi li resuscitano
La notizia arriva dagli Usa: un gruppo di scienziati dell’università di Pittsburg inducono la morte clinica negli animali usando una soluzione salina gelata e li resuscitano dopo tre ore.
L’esperimento mi fa venire in mente quei due uomini che potete osservare nella cappella di S. Severo a Napoli, nota per il Cristo Velato. Scesi pochi gradini di fianco all’immagine sacra troverete due persone divenute un intreccio di vasi e arterie, sapientemente messe in rilievo dall’infusione, nei loro vasi, di un acido. L’intervento è stato loro praticato quando erano ancora vivi e consapevoli. Forse gli hanno concesso un bicchiere di Falerno. A cosa è servita la loro estrema sofferenza? A nulla. Può darsi che l’esperimento di Pittsburgh, come affermano i soliti cattedratici di turno, apra la strada a scenari futuri, dove nelle vene dei soldati feriti a morte viene pompato il liquido che tiene sospesa la vita in attesa dei soccorsi. A quale prezzo invochiamo questi scenari e dove sta il confine? Qual è il limite entro il quale la sofferenza animale e umana possono essere di utilità? Difficile dirlo con certezza ma il buon senso ci deve guidare.
Ogni esperienza e ogni conoscenza apparentemente serve e potenzialmente apre scenari futuribili. Abbiamo impedito ai gatti di dormire tormentandoli con scosse elettriche fino alla morte. Un esperimento importantissimo per i fisiologi.
Succedeva vent’anni fa quando si lasciavano crepare di fame i cani per vedere quando la morte li avrebbe finalmente colti tra le sue braccia. Non un passo avanti è stato fatto con simili porcate. I gatti dormono diciotto ore al giorno e il loro sonno è completamente diverso da quello umano. Adesso si tenta di riportare in vita la morte. Non contenti di avere cronicizzato la morte, allungando la vita con pillole, fiale, elisir, cerotti transdermici e tecnologia sofisticata, gli scienziati sembra non si accorgano (o meglio se ne fregano) di imporre ad una popolazione impreparata lo scotto di malattie devastanti come l’Alzheimer contro il quale lo scenario presente è la bandiera bianca.
Ogni conoscenza, ogni esperienza che l’uomo compie apre scenari futuribili. Se questa è la premessa, allora tutto è fattibile, non esiste prezzo, non c’è alcun limite alla sofferenza. Trapiantare una testa di scimmia vivente su un’altra, tagliare le vibrisse ai gatti, accecare ed estirpare il labirinto ai cani per vedere come si orienteranno nello spazio, tutto questo ha un senso, che va oltre la sofferenza. È conoscenza in più da cui l’uomo trae linfa per gli scenari futuri. Balle.
Sono porcate fatte per stupire il mondo, per mostrare la ruota di pavone che si cela nell’anima di molti ricercatori.
Nella ricerca scientifica, quando questa implica la sofferenza di uomini o animali, il confine esiste e non è difficile da scorgere. Basta alzare la testa in una notte stellata e capire che se Dio esiste non ha panni umani e se non esiste siamo ugualmente dei microbi che, un giorno o l’altro, qualcuno spazzerà via dall’universo a causa della loro arroganza.
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