La tribù dei vegani integralisti del verde
24.07.05
Il primo è stato Plutarco: nel suo Del mangiar carne accusava gli uomini di uccidere creature mansuete per portarle sul desco. Poi è arrivato Leonardo da Vinci: rifiutava i piatti di selvaggina offertigli nei banchetti e chiosava: «Colui che non rispetta la vita non la merita». Veri e propri manifesti vegetariani ancora oggi ostentati da chi ha scelto di eliminare dalla sua tavola, e spesso anche dalla sua vita, tutto quanto ha a che fare con gli animali. Già, perché forse non lo sapete ma l'esercito verde si divide in due schiere: di qui c'è chi sostiene i principi del vegetarismo, di là chi ha fatto sua la filosofia del mondo Vegan. E dunque da una parte sta chi evita accuratamente di trovarsi sul piatto carni e pesci, dall'altra chi, molto più drastico al limite dell'integralismo, non soltanto ha tolto dal suo sguardo tutti gli alimenti che hanno a che fare anche lontanamente con il mondo animale, latte e uova compresi, ma nell'armadio non hanno nemmeno un paio di calzature, un abito, qualche semplice accessorio ricavato dall'uccisione di qualsiasi tipo di animale e quando è in vacanza scatta foto soltanto con macchine digitali perché quelle tradizionali usano pellicola e carta di stampa che contengono molto spesso gelatina sempre e soltanto di origine animale. I più radicali degli uni e degli altri poi estendono addirittura la dieta anche agli animali di casa che non sempre, sfortuna loro, sono onnivori e dunque non apprezzano la privazione di carne e affini.
Vegetariani e vegani conducono comunque una battaglia comune: chiedono leggi che li tutelino, vogliono ristoranti e mense con menù verdi, auspicano aziende alimentari che rispettino la loro scelta e immettano finalmente sul mercato prodotti senza derivati di origine animale, cose considerate inammissibili sino a qualche tempo fa. Eppure non si tratta più di una minoranza, anche perché il numero è destinato ad aumentare in modo considerevole con gli anni, tanto che si stima che in Italia soltanto i vegetariani, poco meno di 3 milioni nel 2002, diventeranno 7 milioni nel 2010 e addirittura 30 milioni nel 2050.
Per questo, grazie alle legittime pressioni dell'Associazione Vegetariana Italiana (Avi) il mondo dell'industria ed il marketing si stanno gradualmente adeguando, cominciano a capire che i vegetariani rappresentano un target piuttosto appetibile e lanciano sul mercato, anche negli autogrill o nei supermarket, prodotti e piatti a base di verdure o di cereali, di seitan o di tofu, di soia e di hummus, di riso integrale e amido di mais, molti dei quali contraddistinti da una lettera «V» verde per evitare ai seguaci di questa dieta di perdere ore a cercare se tra gli ingredienti c'è anche un solo colorante, addensante o conservante imparentato con buoi o vitelli. E così fanno alcuni ristoranti, ma chi vuole essere certo di sedersi a tavola e poter ordinare qualcosa di veramente vegetariano o vegano può scegliere uno dei locali animal-free del Network Vegetariano segnalato sui diversi siti internet verdi, a cominciare da www.vegetariani.it.
Insomma l'Italia cerca di seguire l'esempio degli Stati Uniti dove i vegetariani sono oltre 10 milioni e i vegani più di 2 milioni e mezzo e secondo gli ultimi dati nel 2003 hanno fatto acquisti alimentari per 1 miliardo e 600mila dollari, con un incremento ulteriore previsto da qui al 2008 di ben il 61%. Anche perché c'è vegetariano e vegetariano: ci sono i semivegetariani che mangiano tutto tranne le carni rosse, ci sono quelli che escludono tutte le carni animali tranne i pesci, ma anche i vegetariani che fanno a meno di ogni tipo di carne, quelli che eliminano dalla tavola oltre a carni, latte e derivati anche uova, miele e tutti i derivati animali e chi addirittura non mangia più nemmeno cereali e ortaggi.
In realtà non sempre è facile vivere attenendosi alle regole vegetariane, soprattutto a quelle del mondo Vegan. Bisogna essere abili a destreggiarsi in ogni momento della giornata: per chi va all'estero un aiuto arriva cliccando sull'indirizzo web www.ivu.org/italian/phrases/index.html dove si trovano tradotte in moltissime lingue del mondo le principali frasi che garantiscono la sopravvivenza, da «Io sono vegetariano» a «Io sono un vegano», sempre ammesso che poi si sappia spiegare ai curiosi il significato della parola, ma non sempre è facile trovare gioielli senza piume e senza perle, acquistare profumi privi di essenze di origine animale, trovare agriturismi che non abbiano, come spesso capita, animali da cortile o piccoli allevamenti annessi. Per non isolarsi un aiuto arriva sempre da internet e dai siti italiani ed internazionali come www.veggiedate.org, www.veganitalia.com, www.veganhome.it, www.viverevegan.org, www.scienzavegetariana.it, autentiche comunità virtuali dove scambiarsi esperienze, indirizzi, ricette.
Ma vegetariano si nasce o si diventa? Se non si è costretti dalla nascita come capita ai rampolli di famiglie «convertite» lo si diventa col tempo.
C'è chi lo fa per scelta come Paul McCartney che durante l'ultimo tour musicale ha imposto il suo regime alimentare all'intero suo staff, come Paul Newman, decano dei vegetariani di Hollywood e proprietario di un'industria di prodotti alimentari naturali, oppure come la tennista Martina Navratilova e chi, invece, per obbligo come il campione di velocità Carl Lewis che diventò vegetariano per motivi di salute scoprendo poi che la dieta senza carne migliorava le sue prestazioni. Ognuno, insomma, ha un buon motivo per farlo ma anche eventualmente per pentirsi e riprendere a mangiare tutto come prima.
Seguendo l'esempio di Benjamin Franklin che smise di mangiare carne a 15 anni, convinto che ciò migliorasse le sue facoltà intellettuali. Dopo qualche tempo dev'essersi accorto che non era così e tornò felice e contento ad essere carnivoro.
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