Le vittime dimenticate dell’uragano Katrina
Dell’uragano Katrina ormai non scrive più nessuno. Roba vecchia. È una constatazione non un rimprovero. I giornali hanno le loro regole, come i lettori. Eppure è inevitabile che le storie si vengano a sapere dopo molto tempo dal giorno X.
È il caso delle migliaia di animali abbandonati in Louisiana nei primi giorni della tragedia, quando la priorità era ovviamente la salvezza delle vite umane. Dramma nel dramma, questo di cani e gatti ormai divenuti, a tutti gli effetti, parte integrante di una famiglia. I proprietari si sono visti costretti ad abbandonarli al loro destino, per mancanza di spazio sui battelli e sui gommoni di salvataggio.
Gli psichiatri americani hanno valutato come “huge” (enorme) e “raping” (devastante) l’impatto emozionale di chi, solo al mondo, ha perso l’unico affetto che aveva, vedendolo abbaiare sul pianerottolo della casa invasa dall’acqua, mentre il battello di salvataggio inesorabilmente si allontanava.
Immaginate una persona anziana, vedova, il cui unico conforto è un botolo peloso che si infila sul letto, di notte, mugolando per la gioia di quella compagnia. Doverlo lasciare lì a morire mentre ti guarda con gli occhi imploranti e la coda che non si muove. Uno strazio indicibile. Tara Barth, anziana volontaria di una colonia composta da 15 gatti e 2 cani ha dichiarato alla BBC: “Abbandonarli così è stata la cosa più straziante che ho vissuto in tutta la mia vita”. La potente associazione animalista PETA ha accusato le autorità federali di avere in pratica ucciso migliaia di animali, impedendo ai volontari di portare loro soccorso nelle aree del disastro.
Sempre alla BBC un uomo ha raccontato di essere stato obbligato ad abbandonare il suo cane da un militare che gli ha puntato la pistola alla tempia. Spesso però nelle tragedie compare un angelo. Molti soccorritori hanno permesso agli abitanti di caricare il loro cane sul battello, talvolta per convincerli ad abbandonare la casa, talvolta per avere esplicitamente dichiarato che non avrebbe resistito a scene così strazianti, talvolta semplicemente perché “anch’io ho un cane e so cosa vuol dire”. John Crawford, volontario del Michigan, ha dichiarato che il suo team aveva raccolto sacchi di mangime secco per cani e gatti e lo distribuivano durante le operazioni di salvataggio delle persone: ”Non potevamo fare di più, ma almeno sapere che avrebbero mangiato ci era di gran sollievo in quello strazio”. Anche per “loro” compaiono gli angeli ogni tanto.
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