Quando ritorna Compare Orso
11.10.05
Erano rimasti in pochi sulle Alpi, tre o quattro esemplari appena all'ombra del Brenta, massiccio del Trentino occidentale. Quattro orsi probabilmente vecchiotti, da anni senza cuccioli, destinati perciò all'estinzione. Ultimi rappresentanti di una popolazione un tempo florida, falcidiata nel Novecento dalla graduale riduzione dell'habitat ma soprattutto da cacciatori, contadini e pastori, stufi di razzie di bestiame e alveari. Questa la situazione al 1998, quando è entrato in azione l'ente parco Adamello-Brenta: con la Provincia autonoma di Trento e l'Istituto nazionale della fauna selvatica ha avviato il progetto Life Ursus. Obiettivo, far tornare il plantigrado sulle Alpi centrali. Per conservare la specie sono stati liberati sulle montagne del Brenta dieci capi prelevati in Slovenia, sette femmine e tre maschi. Oggi i risultati sono eccellenti: sono già undici gli esemplari nati all'ombra delle Dolomiti. Una ventina il numero totale dei plantigradi presenti. Un'operazione naturalistica di pregio, osservata con interesse alla XVI Conferenza internazionale sull'orso, che si è tenuta non a caso a Riva del Garda (Trentino) dal 27 settembre al 2 ottobre. Ma vista anche con sospetto dalla popolazione: il grande mammifero suscita diffidenze e paure.
L'orso in pizzeria, nel 2000
Negli ultimi trent'anni l'orso in Trentino era vicino all'estinzione, solo qualche sconfinamento dalla non lontana Slovenia (dove si contano 400 esemplari) o dall'Austria (25 capi) poteva lasciar pensare a un ipotetico ripopolamento. Ma nulla di certo, né di immediato.
Il rilascio dei primi esemplari sul Brenta nel `98 sembrava una di quelle storielle carine, da cartoni animati, alla Yoghi e Bubu. Poi il 19 settembre 2000, in una sera più da lupi che da orsi, Daniza, un'orsa in carne e ossa, si è presentata alla Spaghetti Haus, pizzeria di Riva del Garda, in piena periferia urbana, assolutamente fuori dai confini del parco. Panico e stupore tra clienti e camerieri. Pochi minuti e al ristorante sono piombati vigili del fuoco, carabinieri, polizia e soprattutto la squadra d'emergenza del servizio Faunistico provinciale, composta da una ventina di esperti pronti ad agire 24 ore su 24. L'hanno inseguita per giardini e strade. Un paio d'ore di lavoro e, a colpi di luce e a forza di chiasso, hanno risospinto Daniza nei boschi. Non era successo nulla, nessun ferito, nessun danno, solo spavento e curiosità. Ma i trentini si resero conto che l'orso era tornato.
1972, l'ultimo orso ucciso
L'impatto sulla popolazione non è stato così disneyano come si poteva immaginare. Soprattutto gli abitanti dei paesini di montagna - quelli più esposti alle incursioni del plantigrado a caccia di cibo, miele, frutti, pollame - hanno manifestato un comprensibile timore. Nei secoli scorsi il più grosso predatore delle Alpi era stato il nemico numero uno della gente povera delle vallate alpine e prealpine. I contadini si sono sempre difesi armi in pugno dalle incursioni del saccheggiatore di greggi, alveari e galline, unica ricchezza dei montanari per i quali perdere capi di bestiame era un disastro economico. I vecchi della valle di Concei ancora oggi narrano la battuta all'ultimo orso effettuata nella zona oltre 50 anni fa. L'ultimo ucciso in Trentino risale al 1972 in val di Tovel. Preso al laccio.
Un progetto da 2 milioni di euro
Il progetto Life Ursus, costato 2 milioni di euro e per metà finanziato dall'Unione europea, si è chiuso nel 2004. Un secondo progetto per il 2004-5, finanziato con 100.000 euro interamente dall'Ue, non prevede nuove liberazioni ma l'integrazione tra i nuclei di orso bruno presenti in Italia, Austria e Slovenia. Partner sono Parco Adamello-Brenta, Wwf-Austria, servizio Foreste sloveno e Università di Udine.
Le paure. Il timore della gente è che possa aggredire l'uomo. Al riguardo il servizio Faunistico fa sapere che «in Trentino, così come in Abruzzo o in Austria non esistono casi documentati in 150 anni». «Gli ultimi - dice Claudio Groff, uno dei responsabili - risalgono al XIX secolo, quando nel Trentino occidentale alcuni cacciatori sono stati uccisi dal plantigrado che era stato attaccato e si sentiva minacciato. Da allora, nulla». Ora, a 7 anni dall'inizio dell'operazione di ripopolamento nel parco Adamello-Brenta il dibattito resta aperto, seppur senza eccessi polemici.
Le razzie. Il clou della concitazione lo si è raggiunto nel giugno del 2002 quando la Lega Nord provinciale, spalleggiata da Forza Italia e Centro Upd (il Trentino è governato dal centrosinistra senza Rifondazione comunista) chiese invano l'indizione di un referendum «orso sì-orso no» a seguito dello scempio di una scrofa e cinque maialini consumatosi nel paesino di Ronzo Chienis, qualche chilometro sopra la città di Rovereto. L'elenco del 2002 sarebbe lungo: quattro le capre sventrate a Terzolas nel maggio 2002; un capriolo a Vezzano nello stesso mese. E poi galline, conigli, pecore e anche montoni.
I risarcimenti. Il conto delle incursioni negli ultimi anni è presto fatto: la Provincia di Trento ha indennizzato 9 capi (ovini, caprini, pollame) persi nel 2001, 16 nel 2002, 8 nel 2003 e 26 lo scorso anno. Nel 2004 Trento ha speso 13mila euro per risarcire 16 alveari distrutti, 4 casi di danno agricolo e, appunto, 26 capi di bestiame persi. Nell'anno in corso i danneggiamenti sono raddoppiati. Trento ha finanziato anche più di 100 interventi di prevenzione (soprattutto recinzioni elettrificate).
Oltre all'area del parco, le zone più battute dagli orsi in cerca di cibo sono la bassa Valle di Non e parte della Val di Sole, Andalo, poi la Val di Ledro e, fuori dai confini provinciali, l'Alto Garda bresciano. In Val Sabbia sul confine Trentino-Lombardia, i cacciatori hanno avvertito: l'orso non faccia il gradasso o assaggerà il piombo delle doppiette. Nel giugno 2005 in Valtrompia ha sbranato alcune pecore. Uno degli orsi trentini a fine luglio si è spinto fino in Svizzera dove desta parecchia curiosità. Nella Confederazione elvetica la specie era scomparsa da 100 anni. Le scorribande in Alto Adige-Südtirol in maggio hanno impaurito gli 810 abitanti di Senale San Felice, a 1.279 metri di quota. L'Ansa ha dato notizia che a Bolzano andrebbero a ruba campanelli e spray antiorso, normalmente usati da escursionisti per i grizzly delle foreste canadesi. Un sondaggio effettuato nel 2002 poneva in evidenza che avevano più paura dell'orso i trentini e i residenti nel territorio del parco che i turisti.
Dice un sindaco
A Cavizzana, in Trentino, paesino di 240 abitanti a quota 710 metri in Val di Sole (15 mila abitanti in 14 Comuni), la gente chiede se sia pericoloso andar per funghi, tagliare la legna o lasciar giocare i bambini nel bosco. Ma il sindaco, Luciano Rizzi, presidente dell'azienda di promozione turistica, fiero ex Dc, nega: «L'orso effettua sette o otto incursioni all'anno nella nostra vallata, ma non fa grandi danni: tre galline, un alveare... Non è un pericolo. L'impatto forte è solo psicologico, per chi da anni è abituato a essere `padrone del bosco', per noi, per l'uomo. Personalmente, ma sono in minoranza in paese, sono tra quelli che dicono che la montagna è arricchita dalla presenza dell'orso, è una montagna vera, viva, sana, completa, affascinante. Credo di essere in minoranza anche tra i colleghi sindaci. Come primo cittadino sarebbe più facile dire `Via l'orso!'. Ma la paura rientra nel campo dell'immaginario».
Orsi casinisti, orsi nuotatori
A sentire gli esperti, pare sia solo una, l'orsa Jurka con i suoi cuccioli, a creare problemi. Tanto che i vertici della Provincia vorrebbero toglierla di mezzo. L'Istituto nazionale di fauna selvatica è propenso a rimetterle il radiocollare per seguirne gli spostamenti, come già succedeva nei primi anni del Life Ursus.
In ogni modo le campagne d'informazione degli esperti faunistici sono convincenti anche perché il plantigrado finora non ha mai aggredito l'uomo e i danni vengono prontamente risarciti. Inoltre l'orso è un'attrazione: c'è chi organizza battute imbracciando macchine fotografiche.
Il 18 agosto scorso una guardia forestale ha sorpreso un orso mentre all'imbrunire nuotava nel lago di Tovel, a ridosso del gruppo del Brenta, tra la val di Non e Madonna di Campiglio. Lo ha ripreso con la videocamera. Il clip ha fatto il giro di mezzo mondo.
Fulco Pratesi, presidente Wwf Italia e per 10 anni presidente del Parco nazionale d'Abruzzo del progetto trentino di reinserimento pensa «tutto il bene possibile. Significa - dice - migliorare la biodiversità, aumentare il turismo e dare una presenza rilevante ai boschi trentini. Non c'è da avere paura. Io vivo nel parco d'Abruzzo, ne abbiamo 50 e non ci sono mai stati problemi». Pratesi invita i sindaci dei paesini trentini, quelli timorosi, ad andare in Abruzzo per parlare con i loro colleghi. «Diranno come sono contenti di avere gli orsi. L'Appennino, più delle Alpi, ha una forte presenza di pastori. Che li amano, tanto da portarsi sempre dietro del pane per loro».
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