In Italia il morbo ancora non c'è, gli antibiotici sì
14.10.05
Non possono andare tanto "a cresta alta" i polli italiani, malgrado gli slogan della Presidenza del Consiglio e degli allevatori che cercano di arginare il crollo dei consumi al tempo dell'influenza aviaria. La Lega anti-vivisezione (Lav) e il settimanale Il salvagente hanno affidato a un laboratorio internazionale l'analisi di dieci polli da carne italiani acquistati presso grandi catene di supermercati in diverse città. Su quattro di loro è stata rilevata la presenza di antibiotici, e la documentazione è già stata trasmessa al procuratore Guariniello. In un pollo, oltretutto "a filiera controllata", c'erano quantità oltre i limiti di legge di residui di Doxicycline: antibiotici a largo spettro utilizzati per curare infezioni batteriche, farmaci che sull'uomo hanno diverse controindicazioni. Negli altri tre casi - fra cui un animale da filiera cosiddetta "estensiva" - uno o più antibiotici erano presenti in tracce. E se la peste aviaria non si trasmette a chi mangia carne di pollo, gli antibiotici invece sì, con tutti i rischi di antibiotico-resistenza. Già negli anni scorsi le analisi delle associazioni dei consumatori avevano trovato residui di antibiotici nel 30% delle uova e nei polli italici. Ma, spiega Roberto Bennati della Lav, è normale che si usino antibiotici: le condizioni di vita dei broiler (il termine significa "quelli da fare alla piastra") sono tali da rendere indispensabile un ombrello chimico.
La campagna Lav "Conosci i tuoi polli?" che parte sabato e domenica in 300 piazze italiane, "illumina" un settore finora non regolamentato da alcuna legge, a livello europeo o italiano. Ogni anno 40 miliardi di broiler, macchine da carne, sono allevati e macellati nel mondo; 5,2 miliardi nell'Unione Europea; 450 milioni in Italia. Spiegano gli animalisti (che hanno realizzato di soppiatto un eloquente video in un allevamento): «A ogni broiler spetta una superficie più piccola di un foglio A4; sono circa 20 i polli in un metro quadrato. Gli animali sono costretti a passare tutta la loro breve vita immobili, appollaiati sui propri escrementi, bersagliati da una luce artificiale pressoché continua. L'elevata densità causa molte patologie: zoppie, affezioni cutanee, stress da caldo nei mesi estivi, problemi agli arti, anomalie degli occhi eccetera». Il resto lo fa l'intensa selezione genetica mirata a ridurre tempi e costi di produzione: per avere polli con molto petto (più vendibile) e "capaci" di arrivare a tre chili in 40-45 giorni con meno mangime possibile; è del resto necessario macellarli a quell'età - in natura un pollo normale può vivere fino a dieci anni - perché dopo morirebbero comunque di patologie cardiache dato lo sviluppo deforme degli organi.
Meglio poi non affacciarsi ai mattatoi, dove i polli sono spesso iugulati ancora coscienti, quando le scosse elettriche di stordimento falliscono per eccesso di animali e di fretta. L'Unione europea sta finalmente esaminando una proposta di direttiva per la definizione di standard minimi negli allevamenti di polli da carne, ma il rischio è che si tutelino gli avicoltori anziché gli animali e la salute pubblica. La Lav chiede agli italiani di firmare un petizione popolare affinché il governo italiano - finora tetragono - appoggi in sede europea una drastica riduzione della densità degli allevamenti e incentivi alla riconversione ad allevamenti all'aperto. Il settore avicolo è a basso margine di profitto per singolo pollo, la sua priorità è perciò abbassare le spese e aumentare la produzione. A ogni costo, anche per la salute. Meglio allora mangiare sano e vegetale: ai tavoli Lav nelle piazze italiane si troveranno anche legumi e cereali, proteici e nutrienti, della cooperativa biologica Alce Nero.
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