E il principe imbecille si mangia il bassotto
E così scopriamo che il principe Henrik è talmente affezionato ai suoi dachsund (bassotti) che non se ne stacca letteralmente, neanche mentre mangia. Di una persona molto amata si suole dire: “Amore mio, ti voglio tanto bene che ti mangerei tutta, a piccoli morsi”. Fatto sta che il primo consorte della regina Margherita di Danimarca, i cani li sbocconcella davvero, opportunamente cucinati e serviti su quei meravigliosi piatti di ceramica che sono vanto della nazione. In realtà pare che l’uscita (di senno?) del reale danese non sia stata accolta con molto favore da una nazione tradizionalmente molto impegnata nel combattere le crudeltà inflitte ai nostri “fratelli minori”. In fin dei conti il principe rappresenta la voce ufficiale della nazione e apprendere, proprio da lui, che la carne di cane è simile a quella di vitello e che i cani sono allevati, alla stessa stregua dei polli per finire in padella, deve essere stato traumatico per il popolo danese.
Ho scritto più volte che se ci mettiamo a disquisire filosoficamente su di un’ipotetica scala di valori, per quanto riguarda le specie animali, non ne veniamo fuori. Per fortuna non siamo ancora ridotti a freddi computer con la RAM al posto del cervello. Emozioni e sentimenti pervadono ancora le nostre sinapsi facendo scaturire, dai neuroni, brividi e atteggiamenti che poco hanno a che fare con la razionalità. La gallina, peraltro tacciata ingiustamente di stupidità, dal punto di vista biologico non è inferiore a nessun’altra specie vivente. Eppure l’idea di mangiare una coscia di gallina (per chi non è vegetariano) non ci crea grossi problemi esistenziali, mentre il solo pensare di avere nel piatto della carne di cane ci fa orrore. La spiegazione è semplice. Nella nostra cultura siamo soliti definire il cane “il migliore amico dell’uomo”. Lassie, Rin Tin Tin, Rex, hanno allietato le ore di bambini e adulti per intere generazioni. Il senso civico e il riguardo per il benessere animale, nonostante ci sia ancora moltissimo da fare, hanno fatto passi da gigante, nell’ultimo mezzo secolo. Fino a pochi anni fa chi smarriva il cane aveva il terrore di arrivare in canile troppo tardi, quando, trascorsi i tre giorni canonici, una siringa impietosa veniva infilata nei polmoni che, riempiti di etere solforico, causavano una morte atroce.
Oggi, nonostante il racket dei canili lager, ci sono decine oasi canine e feline dove gli ospiti possono avere la speranza che un giorno il cancello si apre anche per loro. Le emozioni che suscitano in noi i cani o i gatti o i cavalli fanno sì che, chi con loro ha vissuto, non possa neanche immaginare di vederli conditi con sale e pepe in un piatto di portata.
Se poi il principe Henrik, vista la sua lunga frequentazione con i paesi dell’Indocina, afferma che cane e pollo, sulla tavola, “pari sono” se la vedrà con la sua coscienza. Eviti quanto meno di farsi vedere in pubblico mentre accarezza i suoi dachsund. Qualcuno potrebbe pensare, a ragion veduta, che ne stia misurando i cosciotti.
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