Diritti Animali

Nella Città indiana di Puskar

Vitelli massacrati e vacche torturate per compiacere gli dei

28 gennaio 2007
Oscar Grazioli

«Puskar è il confine tra l'islamismo e l'induismo. Vai a ovest, è terra del Corano, a est dei Veda. Le vacche a cinque zampe restano al centro, qui a Puskar, la città del tempio di Brahma». Chi mi scrive è John (nome di fantasia), viaggiatore instancabile, cultore di yoga, arti marziali e tradizioni orientali. Nell'ultimo suo viaggio in Nepal, durato due anni, aveva portato con sè il suo cane che era buono con tutti e leccava affettuosamente vecchi, bambini e malati. Giorno dopo giorno è cominciato il pellegrinaggio, con doni votivi, verso la casa del "cane buono", poi del "cane sacro". Quando John ha dovuto spostarsi dal Nepal all'India gli hanno impedito di portarlo con sè.

«Ora, ti dico come questa storia è iniziata» mi scrive John da un Internet point, stando bene attento a chi allunga il collo dietro le sue spalle. «Era un anno, più o meno, che sapevo questi particolari riguardo alle vacche, ma avevo altre cose per la testa. Circa dieci giorni fa sono uscito dall’hotel, senza nessuna preoccupazione in testa. Andavo a far colazione. Passando vicino alle mucche che sono sempre in strada, una mi ha dato una cornata sulla gamba. Niente di rotto ma un bel male. Che cavolo avevo fatto per ricevere una cornata? Guardo le vacche “bioniche” e improvvisamente realizzo. Scommetto che vi fa male la gamba, come a me. E allora facciamo un patto. Se riesco a mettere a posto la vostra “gamba”, voi non mi incornate più. Le vacche contente hanno accettato e io ho scritto alla persona che ha pensato di mettersi in contatto con te”.

Puskar è una piccola città al centro del Rajastan, il più grande Stato dell’India, che confina a occidente con il Pakistan e ha per capitale Jaipur. Questa cittadina di 15.000 abitanti, che la leggenda vuole fondata da Brama, è famosa perché possiede l’unico tempio consacrato alla divinità, che assieme a Vishnu e Shiva; costituisce la Trimurti induista. Puskar è dunque meta di pellegrinaggio e turismo che alimentano un singolare quanto crudele business, gestito da un popolo del deserto, assieme a una casta che più di Brahma venera il dio danaro. Le vacche bioniche di cui parla John, dovrebbero, come è noto essere sacre. Per aumentarne la sacralità e i poteri magici che emanano, qualche furbastro ha pensato bene di mettere in piedi quest’operazione. Alcune vacche vengono ingravidate. Quando nasce il vitello, viene ucciso e uno dei suoi arti tagliato e poi cucito sulla loro groppa. Quando smettono di sanguinare sono pronte per essere esposte ai “credenti” e ai turisti, che lasciano una manciata di rupie nel barattolo d’oro, tenuto da un pastore all’entrata della cittadina. Queste vacche sono dunque doppiamente sacre, primo perché sono indiane, secondo perché sono un “monstrum”, un evento straordinario e misterioso della natura. Che poi muoiano per le infezioni e il rigetto dell’arto estraneo non le rende meno sacre. S’incarneranno nel corpo di qualche altro animale. “Hi Oscar” mi scrive John, “se fossero sacre avrebbero più mammelle, per avere più latte e due mammelle darebbero il caffè”. Lo immagino sorridere, mentre digita sulla tastiera.

Quando John ha spedito le foto, il gestore dell’Internet point gli ha tolto il saluto e il padrone della “shanti guest house”, che le ha viste, non gli ha più servito il tè. Corre di sicuro qualche rischio l’amico John, ma con le vacche ha fatto un patto. Lui cerca di salvarle dalla tortura e loro non lo incorneranno più. Ti prometto, John, che a Libero faremo il possibile perché tu possa mantenere il patto che ti fa onore.

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