Europeismo animale
Esiste, presso l'Unione europea, un intergruppo, inglese d'origine, cui partecipa anche la Lav (Lega anti-vivisezione) italiana, che si occupa del benessere degli animali. Questo intergruppo, che si raduna di solito il mercoledì durante la riunione plenario di Strasburgo, e che tratta di
diversi aspetti scientifici e legislativi del rapporto tra noi e i nostri compagni di viaggio sul pianeta, e che ha ospitato di recente anche un mia relazione sugli effetti rovinosi dei pesticidi sulla fauna selvatica, sta premendo perché si affronti e si risolva alfine il problema del trasporto degli animali destinati alla macellazione, che si risolve spesso in un martirio peggiore del supplizio finale. Gli animali viaggiano per ore e ore in condizioni a dir poco precarie, alcuni soccombono durante il viaggio, altri cadono rompendosi una zampa, soffrendo tutti la sete, la fame e pungolati all1arrivo con fruste elettriche. Sempre più degli autori animalisti, come Carlo Patterson, paragonano i macelli ai lager di sterminio nazisti e i mezzi di trasporto ai lugubri treni diretti ad Auschwitz e
Treblinka, e nessuno si adonti per il paragone, perché nella sofferenza gli esseri umani e gli animali sono suscettibili di ridestare in noi una pietà non troppo dissimile. Si riuscirà a fare qualcosa? La mia idea, un po' estremista forse, è che ogni annessione all1Unione europea dovrebbe prevedere non solo il rispetto dei diritti umani, ma anche dei diritti degli
animali ed escludere Paesi come Malta e Creta, in cui si pratica una caccia selvaggia anche di specie migratrici. Per quanto riguarda il trasporto si è deciso che i viaggi non dovrebbero esorbitare le otto ore, ma chi fa i controlli? Tanto sono animali, e per di più condannati a morte, e dunque... Una notizia recentissima mi ha tuttavia predisposto il cuore alla speranza: forse, la pietà non è morta, come dice la canzone partigiana. La notizia è questa, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la condanna di versare cinquemila euro ad una persona di
Lipari che aveva preso a calci il cane di una signora, per costringerla a uscire dal suo riserbo e dargli ascolto. La Cassazione ha sentenziato che anche un calcio può costituire un caso di maltrattamento, e come tale deve essere punito. Non posso che sentirmi d1accordo, perché ho già scritto molte volte, parafrasando il Vangelo, questo aforisma: non fare agli animali quello che non vorresti fosse fatto agli uomini.
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