Vado, ammazzo orsi e daini e torno
Organizzavano battute di caccia illegale nella ex Iugoslavia. Un gruppo clandestino dedito all'uccisione di specie protette dalla Convenzione di Washinghton e al trasporto abusivo per vendere la carne a ristoratori in tutta Italia. Con un'aggravante: il commercio e la vendita di animali provenienti dall'area balcanica è vietato da norme della Ue in ogni paese europeo, sia per la mancanza di controlli veterinari sia per il rischio che le carni siano contaminate dall'uranio impoverito rimasto nel terreno dopo l'ultima guerra.
La gang di cacciatori è stata sgominata al termine dell'operazione Colibrì, che ha portato finora all'arresto di tre persone e alla denuncia di altre dieci. Coinvolte anche sette agenzie di viaggio italiane. Nelle indagini, durate quattro mesi, la Forestale ha messo in campo oltre 50 agenti e investigatori.
L'operazione decisiva tre settimane fa sull'autostrada Trieste-Venezia: gli agenti hanno bloccato un tir proveniente dalla Serbia. Tutto pareva in regola: il mezzo aveva trasportato in quel paese fiori freschi provenienti da Toscana e Liguria. Peccato che il viaggio di ritorno fosse destinato a un carico ben diverso. Quando sono stati aperti 525 colli, per un peso complessivo di 9 tonnellate, si è scoperto che all'interno c'erano carcasse di animali di ogni tipo.
Gli uomini della Forestale hanno impiegato settimane per censirli: 12 mila uccelli congelati, tra cui fagiani, tortore dal collare orientale, germani reali, moriglioni, folaghe, oche lombardelle. Molte specie (l'alzavola, il codone, il mestolone, il fischione, l'anatra muta) sono inserite nelle liste della Convenzione di Washington e quindi protette. Altre come la moretta tabaccata, la marzaiola, il piccione selvatico e la tortora selvatica rischiano l'estinzione. E poi 804 mammiferi tra lepri, caprioli, cervi; persino tre orsi bruni in pezzi.
Il carico era destinato al mercato e a essere venduto, sottobanco, a ristoratori compiacenti. Senza alcun controllo sanitario. «Una strage» commenta l'ispettore Tony Branciolini del Corpo forestale dello Stato. «Mai visto nella mia carriera un simile quantitativo di selvaggina e un'organizzazione così capillare ed efficiente».
Le zone di caccia privilegiate erano Montenegro, Vojvodina e le aree lungo il Danubio, un habitat naturale unico in Europa per le specie migratorie. A organizzare le battute, sette agenzie venatorie che si occupavano di tutto: fornivano fucili, munizioni, richiami, cani. I cacciatori si recavano sul posto vestiti come uomini d'affari. Tolto il completo giacca e cravatta, indossavano l'equipaggiamento adatto. Sempre le agenzie si incaricavano di far arrivare in Italia la selvaggina abbattuta. Prezzo del pacchetto soggiorno-caccia di una settimana: tra i mille e i 4 mila euro. Inclusa la compagnia femminile. Ai clienti più esigenti (costo 6 mila euro) l'organizzazione permetteva di volare in Ungheria per la caccia all'orso.
Il valore del carico sequestrato nel blitz (mandato al forno di incenerimento nei giorni scorsi) si aggirava sui 500 mila euro. «Ma è soltanto la punta scoperta. Non è il primo né sarà l'ultimo carico di selvaggina proveniente dall'Est a tentare di superare le barriere doganali» avverte un funzionario della Forestale. «Il business legato a questa caccia non conosce soste e tantomeno si ferma davanti a un sequestro».
L'inchiesta, insomma, non è conclusa. Per oltre cento cacciatori, individuati attraverso le bolle di consegna e le ricevute delle agenzie, sarebbero in arrivo avvisi di garanzia.
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