Caccia e guerra: due mondi che si tengono per mano
La marcia per la pace di Assisi di due anni fa vide una presenza decisamente fuori luogo e di cattivo gusto: una delegazione di quella particolare categoria di individui (momentaneamente non) armati che va sotto il nome di "cacciatori". A molti sfuggì l'anomalia, la beffa che questa presenza costituiva. Affezionati clienti di quegli stessi Beretta & C. che hanno appena finito di esibire ancora una volta i loro prodotti all'Exa di Brescia, responsabili ogni anno della morte violenta di milioni di animali e di decine di esseri umani, essi c'entrano con gli ideali della pace e della non violenza quanto un ghiacciaio con i mari del sud.
Non a caso il regime fascista incoraggiava la caccia considerandola un valido tirocinio alla guerra.
Non a caso, nel novembre di quello stesso 2002 che vide i cacciatori mescolarsi a chi manifestava per la pace, l'assessore veneto alla caccia Danilo Narduzzi di Pordenone (Lega Nord) dichiarò: "dare in mano a un ragazzo un fucile e insegnargli a usarlo? una funzione educativa che gli favorisce il rapportarsi con il prossimo. Per questo auspico che in futuro si possa organizzare una vera e propria festa popolare della caccia" (1).
Non a caso infine produzione di armi da caccia e di armi "leggere" da guerra si fondono all'interno delle stesse aziende, di cui Beretta è, in Italia, l'esempio principe.
I Beretta, il figlio Pietro e il padre Ugo, negano ogni commistione: "Noi siamo famosi per i fucili da caccia, le pistole da collezione" dice il primo in una intervista rilasciata quello stesso anno a Vita (2) e aggiunge: "In Paesi come la Giordania, ormai vendiamo solo fucili da caccia a gittata corta oppure riforniamo le polizie, come in Malesia e Filippine. Le nostre uniche armi da guerra sono i mitragliatori AR70 e AR90 di cui negli ultimi tre anni è stato cliente per il 90% l'esercito italiano. Mi creda, le guerre del mondo non si fanno certo grazie al signor Beretta". E il padre, in un'intervista a Repubblica, commentando favorevolmente l'eventualità dell'imminente attacco angloamericano all'Iraq: "Senza 'interessi personali', assicura: ''Lì si useranno missili, cose così, mica i nostri prodotti. L'esperienza mi dice che aumenta un po' solo la richiesta di ricambi. Sul fatturato è una cifra veramente modesta" (3). Ma abbiamo visto tutti le fotografie della guerra in Iraq, abbiamo visto i Marines in azione, e non erano certo missili quelli che imbracciavano.
E basta una visita al sito www.berettadefence.com per rendersi conto di quanto Beretta c'entri con le armi da guerra. Qualche breve estratto "pubblicitario":
"Da molti anni armi Beretta sono in dotazione alle Forze Armate e alle Forze di Polizia Italiane e di numerosi altri paesi. Attualmente in corso la fornitura, alle Forze Armate Italiane, del fucile Beretta 70/90 cal. 5,56 mm x 45 NATO. Il più significativo successo nel settore delle pistole è rappresentato dall'acquisizione della Beretta 92 F da parte delle Forze Armate degli Stati Uniti (...). A fine '90, anche l'Arme de l'Air (Aeronautica francese) decide per l'acquisizione della pistola Beretta 92 G. (...) A Settembre dello stesso anno, l'U.S Navy ordina altre 45.000 pistole Beretta 92 FS. Nel Febbraio 1999, il fucile semiautomatico Benelli M4 Super 90 calibro 12 è adottato dalle Forze Armate USA quale Fucile da Combattimento Interforze dopo aver soddisfatto o addirittura superato tutti i requisiti stabiliti dagli Enti Governativi americani".
"Quelle che loro definiscono "armi sportive"" commenta il missionario Giorgio Beretta (che con i Beretta fabbricanti d'armi ha in comune solo il nome) "sono di fatto armi leggere che alimentano i conflitti in molti Paesi del Sud del mondo. (...) Quanto a Exa, trovo scandaloso che vi possano partecipare tutti, compresi i bambini o qualche testa calda che magari può ricavare "strane idee" dalla vista di un arsenale pubblicizzato e sdoganato. Chi mi dice che tra i padiglioni di Exa non abbia scorrazzato liberamente un commando di possibili terroristi?" (4)
Quest'ultima preoccupazione non sembra neanche sfiorare Pietro Beretta, e quanto ai minorenni, quando gli si fa notare che Exa, che sta per Expo Armi, è l'unica fiera del settore al mondo aperta anche al pubblico e non vietata ai minori, dice: "A Exa ho visto famiglie intere, papà cacciatori che insegnavano ai figli come avvicinarsi alla vita all'aria aperta. Exa non c'entra con la guerra e la violenza". Sulla prima affermazione rettifico: come avvicinarsi alla morte all'aria aperta. Quanto alla seconda, se ne deduce che la caccia non sarebbe violenza. Un'attività consistente nell'uccidere, nel divertirsi uccidendo, non sarebbe violenza.
Scrive, sempre su Vita, Giulio Leben: "Con Exa non vi può essere spazio per una scelta di disarmo. La 'cultura' che da quell'ambito si diffonde è quella che ha come strumento l'uso della violenza e della repressione del dissenso" (5).
Ed è anche, aggiungo, l'occasione in cui si pone ai massimi livelli di evidenza l'indissolubilità della violenza contro l'uomo e contro il mondo vivente non umano. E' se non altro l'occasione per imparare che l'unica differenza fra guerra e caccia è che la seconda ha come vittime "istituzionali" esseri viventi non umani e come vittime "accidentali" esseri umani, mentre nella prima è vero il contrario. Ma l'idea che governa l'una e l'altra, la cultura predatoria che sta dietro entrambe, è identica, indistinguibile. Non si può combattere l'una tollerando l'altra. Non esiste un Paese che ripudi la caccia ed esalti la guerra.
Pietro Beretta concludeva due anni fa: "proporrò che il prossimo anno Exa cambi nome in Exca, Expo Caccia. A meno che lei non sia anche contro la caccia... perché allora come si fa a discutere?" Già, come si fa? Infatti io con cacciatori e fabbricanti d'armi non discuto. Mai.
(2) Pietro Beretta: produttore. Con le guerre io non c'entro. su Vita, 25/04/2002
(3) Comunicato Adnkronos, 26 settembre 2002
(4) Giorgio Beretta: missionario. No alle facili scuse. su Vita, 25/04/2002
(5) Expa: Una fiera della Pace a Brescia su Vita, 18/03/2004
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