Cocaina ai cavalli, settanta denunciati per doping
Settanta persone denunciate alla procura di Milano e a quelle di altre 13 città (tra cui Roma, Trieste, Bologna, Taranto) per trenta cavalli trovati positivi al doping dopo che avevano vinto altrettante gare ufficiali di trotto: una nuova indagine dei carabinieri del Nas scuote il mondo dell’ippica e getta ancora una volta una luce sinistra sull’ambiente delle corse. Truffa ai danni dello Stato (per i premi ricevuti dall’Unire, che è un ente pubblico), frode sportiva e somministrazione illecita di sostanze stupefacenti sono le ipotesi d’accusa avanzate dai carabinieri. E guidatori, allenatori e proprietari rischiano la prospettiva di un processo penale. L’indagine è stata svolta dal Nas di Milano sulla base delle analisi del centro antidoping dell’Unione incremento razze equine (Unire) di Settimo Milanese. Qui ogni anno arrivano i circa 25 mila campioni di urina e di sangue prelevati dai veterinari dell’Unire sui cavalli che si classificano primi nelle quasi trentamila corse di trotto e galoppo che si svolgono nei 42 ippodromi italiani.
Un anno fa un’analoga inchiesta scoprì che molte volte i contenitori e i campioni arrivavano nel centro Unire «inquinati» con la cocaina. Nel senso che qualcuno riusciva a metterci dentro la droga per invalidare le analisi. Gli investigatori sospettarono che si trattasse di un modo per coprire i casi di vero doping. Dopo quell’indagine, l’Unire cambiò i metodi di raccolta e di trasferimento dei reperti rendendoli più sicuri. Gli uomini del tenente Paolo Degrassi hanno preso in esame i risultati ottenuti con i nuovi sistemi per vedere se la situazione fosse cambiata. Non è stato così perché gli accertamenti fatti dai tecnici dell’Unire tra agosto e ottobre 2003 hanno scoperto trenta cavalli positivi al metabolita della cocaina o ad altre sostanze dopanti. Il passo successivo sono state le denunce che, per ciascun cavallo, riguardano driver, allenatore e proprietario. Come quelli di Zinzan Brooke Tur, il trottatore italiano che il 19 ottobre scorso ha vinto a Napoli il gran premio Freccia d’Europa (38.100 euro di premio) e che a gennaio ha partecipato a Parigi al Prix d’Amérique , la più importante gara di trotto al mondo.
Quando a dicembre scorso si seppe che dopo la vittoria napoletana il cavallo era risultato «non negativo» alla Benzoilecgonina, il metabolita della cocaina, Marco Smorgon - allenatore e guidatore - apparve choccato: «Solo un pazzo - dichiarò - potrebbe trattare un cavallo con la cocaina e in un gran premio. Il doping non mi appartiene, in passato ho avuto due cavalli positivi al bicarbonato, ma poi hanno scoperto di aver calcolato male la soglia di tolleranza. Il doping su Zinzan è impossibile». E aggiunse: «Mi parlano di inquinamento ambientale oppure di dolo e posso pensare solo a questo», concluse Smorgon il cui nome agli atti dell’indagine dei Nas. Il problema dell’inquinamento ambientale - cavalli che vengono a contatto casualmente con i dopanti, un'eventualità rara per i Nas - e più in generale i sistemi di analisi sono stati il motivo di uno sciopero indetto dai drivers ad aprile. I guidatori accusarono l'anti-doping di scarsa trasparenza, chiesero più rigore nei controlli, misure per garantire la sicurezza nelle analisi attraverso la modifica del regolamento anti-doping e arrivarono addirittura a ipotizzare esami su loro stessi.
Ogni anno il centro dell’Unire scopre tra 100 e 150 casi di doping. Dietro questa pratica, secondo gli investigatori, non c’è solo l’interesse ai premi, spesso non iperbolici. L’obiettivo principale è quello di truccare le scommesse.
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