Diritti Animali

Lo zoo di Detroit scarcera due elefanti

Il direttore del giardino adduce ragioni etiche: la reclusione ha reso le bestie stressate e artritiche
24 maggio 2004
Luigi Sparti


Lo Zoo di Detroit (uno dei più grandi degli Stati Uniti) ha deciso di cessare del tutto l'esposizione degli elefanti al pubblico: secondo Ron Kagen, direttore della struttura, tale scelta (assolutamente senza precedenti) è stata dettata da ragioni di ordine etico. A causa infatti del clima freddo di quelle zone Winky e Wanda (questi i nomi dei due esemplari che vivono nello zoo) hanno sviluppato l'artrite, mentre lo stress dovuto alla vita in cattività ha prodotto in loro numerosi sintomi psicologici anormali, come l'estrema aggressività. Sebbene per Winky e Wanda si prospetti un futuro abbastanza roseo (i due elefanti verranno trasferiti in un parco naturale dove potranno vivere con altri elefanti), così non è per tutti gli altri animali "ospitati" nei circa 10mila zoo distribuiti un po' ovunque nel mondo. Negli ultimi anni tali strutture sono state criticate molto duramente, e non solo dai gruppi animalisti, ma anche da biologi ed esperti di etologia: gli attacchi riguardano l'istituzione in sé, e soprattutto il modo in cui viene gestita la vita dei suoi involontari ospiti. Se in passato gli zoo sono stati spesso accusati di depauperare la fauna esotica, oggi le critiche riguardano la compatibilità di tale istituzione con il benessere delle creature che ci vivono. Cominciamo dalla cattura: secondo alcune statistiche (rilasciate dall'International Trade in Wildlife, una Ong che si occupa di contrabbando di specie esotiche) l'87% delle scimmie, il 37% degli uccelli e il 98% dei rettili destinati agli zoo muore durante la cattura o il trasporto. E nemmeno la permanenza die- tro le sbarre è piacevole: sottratti al loro ambiente naturale, costretti spesso in spazi molto limitati, gli animali soffrono di soprappeso (dovuto allo scarso movimento), di comportamenti psicotici e stereotipati (ad esempio sono stati osservati elefanti o tigri camminare ossessivamente in cerchio) e, nei casi peggiori, di autolesionismo (in particolare i primati). Un altro punto dolente è quello relativo alla socialità animale: è noto che alcune specie vivono in gruppi piuttosto ampi (è il caso dei lupi o degli scimpanzé), mentre in cattività vengono spesso costretti a un isolamento parziale o totale. In certi casi capita che specie diverse, legate tra loro da un rapporto predatore-preda, siano costrette a vivere in gabbie contigue, con tutto lo stress che ciò implica. C'è poi la questione della riproduzione, che si verifica solo di rado e sotto particolari condizioni. Il fenomeno è dovuto soprattuto alla scarsa conoscenza dei meccanismi riproduttivi delle specie in questione, e del contesto necessario perché l'atto sessuale vada a buon fine: ad esempio di recente alcuni zoo sono riusciti a far riprodurre dei gorilla, ma solo dopo aver scoperto che perché ciò avvenga è necessario disporre di un gruppo di maschi composto da almeno sei elementi (in modo che "scatti" la competizione per l'accoppiamento). Per quanto riguarda l'Italia, notiamo un'enorme disparità rispetto agli altri Paesi dell'Unione Europea: il nostro Paese, che possiede 32 zoo autorizzati (ai quali si aggiungono quelli in attesa di autorizzazione e quelli in mano a privati, per un totale di quasi 100 zoo), è infatti ancora molto carente da un punto di vista legislativo. Mentre ad esempio nel resto d'Europa i "guardiani" degli zoo devono avere una preparazione specifica (un corso di studi triennale), in Italia tale obbligo non c'è ancora. Anche se pare che qualcosa si stia muovendo: il Ministero dell'Ambiente ha emanato un decreto che impone a tutti i gestori di zoo e parchi naturali di predisporre apposite sale parto e nursery per gli animali, gabbie e vasche più ampie (per l'esercizio fisico) e diete personalizzate.

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