Diritti Animali

E' davvero un sistema sicuro per aiutare gli animali, contrastare il randagismo e salvaguardare la salute dei nostri amatissimi amici ?

Microchip sugli animali

Inquinamento magnetico, energie sottili sono termini conosciuti da tutti ma gli effetti di tutto ciò sugli esseri viventi si conoscono ancora poco per permettere agli scienziati di calibro mondiale di pronunciarsi in merito: occorrono ancora tante informazioni avvalorate da sperimentazioni. Quale allora miglior occasione che sperimentare direttamente sui nostri animali e a spese nostre!
3 luglio 2004
Marianna S.
Fonte: www.disinformazione.it
25.06.04


Il D.P.C.M. 28/02/2003 lettera c) (G.U. n°52 04/03/2003) riguarda il consenso all’identificazione degli animali da compagnia attraverso l’utilizzo di un microchip (trasponder) (impiantato sotto cute) su tutto il territorio nazionale.

Premessa.
Nel 1991 con la legge 281 si istituì di fatto “l’anagrafe canina” nell’intento di affrontare e ridurre il fenomeno randagismo e abbandono dei cani. La conseguenza fu l’obbligatorietà del tatuaggio divulgato come UNICO, INDISCUTIBILE, SICURO e INDOLORE (!) mezzo di identificazione per tutti i cani.
Negli anni seguenti l’esperienza diretta sugli animali dimostrò e confermò tutti gli aspetti negativi di questo mezzo di identificazione :
- Necessità di un’anestesia per evitare il dolore provocato dall’operazione del tatuaggio;  difficoltà di lettura dei dati tatuati, lo sbiadirsi degli stessi con il tempo;
- impossibilità di leggere il tatuaggio su cani con cute pigmentata;
- casi di manomissione con bruciature o asportazione del lembo di pelle tatuato;
- numerosi problemi inerenti alle diverse modalità di archiviazione dei dati da parte degli enti preposti con conseguente inefficacia del sistema.

Sulla base di queste considerazioni alcune regioni introdussero l’identificazione mediante microchip  come metodo alternativo e in futuro sostitutivo del tatuaggio.
Anche l’E.N.C.I. (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) che gestisce direttamente l’anagrafe dei cani di razza, vista l’inaffidabilità del tatuaggio, introdusse il microchip. Dal 01/01/2000 la F.S.A. (Fondazione Salute Animali) rese obbligatorio il microchip per i cani certificati con l’intento di salvaguardare la purezza delle razze da malattie ereditarie, sostituzioni dolose od accidentali di identità con conseguente danno economico.
Il presidente dell’E.N.C.I. (specialista medico veterinario) molto professionalmente, si preoccupò di emanare informazioni tecniche, mediche e precauzioni riguardo l’applicazione del microchip, onde evitare brutte conseguenze per i cani registrati nel prezioso libro genealogico e quindi dal rilevante valore economico.
Vi riporto in sintesi tali informazioni tratte da www.enci.it/vezzoni, (tra parentesi alcune mie personali precisazioni):

“Il microchip ISO è costituito da una capsula iniettabile di vetro biocompatibile che contiene un chip e una micro-bobina che viene attivata dal lettore solo nel momento in cui viene avvicinato e che permette la lettura del chip stesso.Quando il microchip non viene attivato è un corpo completamente inerte e  non emette alcun tipo di onda. Anche se ritenuto improbabile, (ma non impossibile), un trauma diretto verso la sede di impianto potrebbe danneggiare la struttura del microchip e renderlo inerte. La superficie esterna della capsula è trattata con microsolchi per facilitarne l’ancoraggio nei tessuti sottocutanei ed impedirne, pertanto, la migrazione; (questo lo dicono le case produttrici, ma  ad oggi si sono verificati casi di migrazione: per effetto per esempio della gravità alcuni cani si sono ritrovati con il microchip nella zampa, e che dire del pericolo di formazioni di cisti e reazioni di rigetto a un corpo estraneo introdotto in un essere vivente?). Il microchip ha una dimensione esterna di 13mm x 2mm ed è contenuto in una siringa mono-uso con un ago di grosso calibro e molto affilato, e in mani inesperte potrebbe essere pericoloso per l’animale e per lo stesso operatore. La sede d’impianto standard in Europa è il sottocute della porzione media sinistra del collo. L’impianto del microchip è di pertinenza veterinaria, in quanto devono essere garantiti: il rispetto delle norme igieniche necessarie per evitare infezioni, il rispetto della sede d’inoculazione, l’attenzione ad evitare le strutture vascolari vicine (arteria carotide e vena giugulare) e di ferire l’orecchio o l’occhio in caso di movimenti improvvisi dell’animale e la cura nell’effettuare un’esecuzione indolore; l’utilizzo o meno di un anestetico locale  è a discrezione del veterinario (Aggiungo anche, che la legge impone l’impianto entro i primi tre mesi di vita dell’animale, quindi parliamo di cuccioli).

L ‘identificazione del microchip (scanning) sarà possibile con un lettore, (alquanto sensibile e bisognoso di un’accurata manutenzione), che  emette e riceve energia elettromagnetica e per tanto influenzabile da altri apparecchi elettronici o da oggetti metallici. Per questo motivo, canili e cliniche veterinarie, (e il mondo intero),  possono essere considerati ambienti ostili per la presenza di computer, luci fluorescenti e tavoli di acciaio inossidabile, per citare solo alcuni esempi. Si deve mantenere una distanza di almeno un metro dagli apparecchi elettronici. Prima di  eseguire lo scanning ci si deve ricordare di rimuovere dal cane un eventuale collare metallico.” 

Dopo queste raccomandazioni chiunque si sentirebbe autorizzato a dubitare dell’innocuità e funzionalità di questo sistema elettronico di identificazione. I nostri animali dovranno portare per tutta la vita all’interno del loro corpo un semplice microchip, impiantato semplicemente con una “iniezione”.
E’ lecito domandarsi, se altrettanto semplicemente, può essere attivato dai milioni di apparecchi elettronici in cui tutti noi, compresi i nostri animali, siamo immersi 24 ore al giorno, (pensate solo ai cellulari o ai telecomandi) con conseguente emissione di onde elettromagnetiche che entrerebbero direttamente a contatto con i tessuti organici.
Chi può escludere allora che le onde magnetiche non interferiscano sugli equilibri naturali dei nostri animali abbassando, per esempio, le difese immunitarie o alterando il sistema neurologico?
Pensate ai numerosi cetacei che si arenano sulle spiagge a causa delle interferenze tra il loro sofisticato sistema di comunicazione e di orientamento naturale, (ancora oggi oggetto di studio) e i sistemi elettronici (radar, satelliti ecc.) dei sottomarini.
Chi può rispondere a queste domande che si pongono persone e medici veterinari coscienziosi  il cui unico interesse è di salvaguardare la salute e il benessere degli animali? Nessuno!!

Nessuno potrà rispondere perché non è mai stata eseguita una seria ricerca in merito, condotta da personale professionale, al di sopra delle parti, (privo quindi di qualsiasi interesse economico, politico ecc.), mirata a studiare eventuali patologie imputabili all’impianto del microchip a breve e lungo termine; creando una storia medica scientifica a cui attingere informazioni indispensabili per sostenere che un sistema così invasivo e innaturale, sia assolutamente sicuro per gli animali, da imporlo perfino con una legge. Legge che viene accettata e divulgata a tutela del BENESSERE degli animali.
Si sono fatte in passato prove, mirate a garantire la funzionalità tecnica, a semplificare la vita di tutti e a garantire guadagni di tanti. Per es., al 1° Convegno Nazionale sugli Animali da Compagnia (Milano 1996), si sono resi pubblici i risultati di una sperimentazione, regolarmente deliberata, avvenuta nei comuni di Tradate e Livigno (SO), eseguita dal servizio veterinario regionale e locali, (USSL n.7 e n.22) come segue:
La sperimentazione si è conclusa con il tatuaggio elettronico di 2.700 cani e con la rilettura del trasponder a distanza di tempo che ha consentito una percentuale di identificazione media superiore al 98%, tale livello di lettura è da ritenersi valido in particolare se paragonato alla difficile o spesso impossibile lettura del tatuaggio. A ciò si aggiunga la notevole facilità di applicazione ed il conseguente risparmio di tempo per gli operatori e di impegno per i proprietari. Non è stata scritta una sola parola a garanzia della sicurezza e incolumità o BENESSERE degli animali, probabilmente per tale garanzia è necessaria una sperimentazione più scientifica e lunga in termini di tempo, che tradotto significa investimento di denaro pubblico.
L’Italia è sempre in deficit, ed  è per questo, che durante le manovre finanziarie assistiamo ai  classici giri di vite, dove la ricerca scientifica subisce spesso e volentieri tagli incresciosi, quindi è fantascienza pensare che s’investano risorse, in ricerche finalizzate esclusivamente alla tutela della salute e benessere degli animali da compagnia.  

Inquinamento magnetico, energie sottili sono termini conosciuti da tutti ma gli effetti di tutto ciò sugli esseri viventi si conoscono ancora poco per permettere agli scienziati di calibro mondiale di pronunciarsi in merito: occorrono ancora tante informazioni avvalorate da sperimentazioni. Quale allora miglior occasione che sperimentare direttamente sui nostri animali e a spese nostre!
Dal 2005 il microchip sarà obbligatorio in Italia, e dal 2008 lo sarà in tutti i 25 paesi dell’Europa.
Sono tantissime le persone sensibili, generose; spesso ci distinguiamo per iniziative come il volontariato e non solo a favore degli animali, equesto ci rende orgogliosi e meritevoli, ma da sempre siamo oggetto di strumentalizzazione da parte di propagande mediatiche, che esaltano continuamente casi di cronaca durissimi, (cani evirati con forbici per la strada o uccisi a bastonate, gatti bruciati vivi, e infinite altre storie raccapriccianti ).

Tutto fa leva sull’emotività e sensibilità di ognuno e ci induce all’inevitabile sdegno e disprezzo per chi compie atti così riprovevoli, assieme a paura e/o terrore di animali-Killer (vedi Pitbull). L’esigenza di una soluzione è sempre più pressante e la risposta che ci viene data è il “CONTROLLO” di tutto e di tutti. Ed ecco comparire il microchip pubblicizzato come UNICO,  INDISCUTIBILE, SICURO e INDOLORE sistema per aiutare gli animali, contrastare il randagismo salvaguardando la salute dei nostri amatissimi amici; costringendoci, così, ad un altro atto usurpativo sugli animali, che presto si rivelerà inefficace come è avvenuto per il tatuaggio.
L’abbandono degli animali e conseguente randagismo è una piaga vergognosa della nostra società. E’ un problema morale, etico e sociale che rivela il grande lavoro che dobbiamo ancora fare tutti per evolverci al punto da non sentire più parlare di abbandoni o maltrattamenti e non solo di animali.
Quindi leggi migliori, studio, ricerca, divulgazione, educazione, informazione e quant’altro per aumentare la coscienza collettiva, l’Unica Vera Conquista. Non sentiamoci autorizzati a impiantare un microchip in tutti gli animali solo perché non ci siamo impegnati abbastanza tra di noi, o forse perché crediamo sia un mezzo più facile e sbrigativo o peggio ancora più remunerativo.

Il 3 febbraio scorso, è stato approvato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera una modifica all’articolo 9 della Costituzione in materia d’ambiente:
Art.1.-1. All’articolo 9 della Costituzione il seguente comma dice: “La Repubblica riconosce l’ambiente, i suoi ecosistemi, le sue biodiversità, valori primari per la salvaguardia e lo sviluppo della qualità della vita; garantisce la loro protezione e ne promuove il rispetto, sulla base dei principi di reversibilità, precauzione e responsabilità, anche nell’interesse delle future generazioni; tutela le esigenze, in materia di benessere, degli animali in quanto ESSERI SENZIENTI”.
Questa nuova interpretazione etica, ci fa onore e ben sperare, ma come può conciliarsi con la legge sul microchip? Tecnica indiscutibilmente innaturale, invasiva, non sicura e dalla incerta efficacia????
Lasciamoli stare gli animali quando possiamo.
L’uomo, in ragione della buona fede e di idee geniali (es. microchip), o per il bene e la sicurezza della comunità, si sente sempre in diritto di punzecchiare, tagliare, marcare, praticare qualsiasi altra tecnica sia capace di inventare sul corpo degli animali, appropriandosi di uno spazio che non gli compete perché di pertinenza della Natura. E la Natura si riprende puntualmente il suo spazio, infatti, come avviene nelle alluvioni, conseguenza degli interventi dell’uomo sull’ambiente, così avviene per i cani snaturati dall’uomo che si ribellano uccidendo. Quanto dobbiamo ancora sbagliare per imparare???

Questa legge è una Macro offesa per gli animali e un Macrofallimento per gli uomini in quanto legalizzerebbe l’impianto del microchip su esseri viventi.
Gravissima responsabilità!!!!!
Da tempo ci si impegna assiduamente per trovare il modo di applicare il microchip in tutti i campi possibili immaginabili: farmaci, automobili, vestiti, alimenti, mobili componibili, sotto la corteccia degli alberi, nei braccialettini dei neonati (progetto pilota della clinica milanese Melloni) tutti ampiamente giustificati.
E i prossimi? Perché no sugli uomini.
Fra non molto ci obbligheranno ad impiantare il microchip ai bambini per evitare che si perdano sulle spiagge affollate, che vengano abbandonati, maltrattati, rapiti e ci diranno che è un metodo sicuro perché ampiamente sperimentato sugli animali. Forse questo farà sorridere molti, ma spero faccia anche riflettere sul fatto che, sul giornale “La Nazione” già nel 1999 il 16/11, fu scritto un articolo sulle dichiarazioni di Steven A. Egger, professore di giustizia criminale della Illinois University di Springfield negli USA, che in occasione della quarta riunione Internazionale di Sociologia e Biologia della Violenza a Valencia affermò:

“Oggi come oggi non abbiamo la minima idea di come si possa cambiare il comportamento del serial Killer. L’unica porta aperta è che si possa impiantare nel suo cervello un microchip per cambiarne la condotta. Ciò sarà tecnicamente possibile fra qualche anno”

Dunque, quello che si può celare dietro un semplice microchip è alquanto inquietante, però a quanto pare molto REMUNERATIVO. 
Infatti, la multinazionale STMicroelectronics, uno dei più grandi produttori di microchip, nel 1997 ha aperto uno stabilimento a Catania, facendo da pioniere all’odierna Etna Valley, un vero e proprio insediamento di numerosissime ditte, tra cui tanti colossi mondiali, tutti nel settore dell’elettronica. La zona dell’Etna è ricca di silicio e per tanto indispensabile alla costruzione dei microchip.
Tutti possiamo immaginare il conseguente impatto ambientale odierno e futuro per la nostra bella Sicilia. 
Il microchip tanto piccolo é un condensato di sprechi, E’ quanto afferma lo studioso Enric Williams, ricercatore presso la United Nations University di Tokyo. Egli afferma che per costruire un normale microchip che pesa solo 2 gr sono necessari una quantità di combustibili fossili pari a un peso di circa 1,6 kg, varie sostanze chimiche per un peso approssimativo di 72 gr e una certa quantità d’acqua stimata in 32kg. Alcune delle sostanze utilizzate sono molto dannose per l’ambiente. Ma lo studio ha voluto soprattutto dimostrare quanto sia sbagliata l’attuale politica delle industrie produttrici di microchip, concentrata infatti, sulla riduzione dei consumi, credendo erroneamente che il basso consumo energetico vada a beneficio dell’ambiente: ma non si tiene conto in alcun modo delle enormi energie che si sprecano per ottenere questo basso consumo.
L’ identificazione elettronica che impone la sopraccitata legge, si basa non solo su microchip e rispettivo lettore ma, su una Banca Dati comunale, provinciale, regionale e internazionale (in Europa si trova a Bruxelles) con una interscambiabilità dei dati, fattore indispensabile, altrimenti il microchip sarebbe del tutto inutile.

Oggi purtroppo sono numerosissimi i problemi di organizzazione all’interno delle singole regioni, come la mancanza di omogeneità e coerenzanell’archiviare i dati, problemi di competenze, problemi di incompatibilità tra i sistemi informatici delle USSL e quelli dei veterinari accreditati, mancanza di accordi interregionali ecc. ecc.. Mettere a regime una Banca Dati nazionale e internazionale occorre ancora tanto impegno politico ed economico e tanto tempo, troppo per poter affermare con incessante accanimento che il sistema funziona al punto da renderlo obbligatorio con una legge. Oggi si commette lo stesso errore commesso con il tatuaggio, tecnica vecchia e ampiamente conosciuta - ma che all’epoca non si poteva sapere che fosse un così grande fallimento - però migliaia di cani sono stati sottoposti a questa procedura dolorosa e inutile e oggi dovranno subire anche l’impianto del microchip!!!
Alcuni sosterranno che non c’è paragone, il microchip è più tecnologico e attendibile del tatuaggio. Ma, la tecnologia per quanto evoluta ha sempre un margine di errore. Errore previsto perfino dalla legge. Per esempio, nell’art. 8 della L. n.27/2000 della regione Emilia Romagna  si precisa quanto segue:
“Qualora il microchip inserito risultasse indecifrabile, il proprietario è tenuto a procedere ad una reiscrizione all’anagrafe e conseguente reidentificazione dell’animale”. 

Vale a dire che dovremo impiantare nel nostro animale, un altro microchip se questo risultasse per qualche oscura ragione illeggibile o introvabile. Oggi ha più probabilità di ritornare dal suo padrone un cane dotato di collare antisfilamento corredato di medaglietta con inciso il numero di telefono leggibile da chiunque, che un cane con un microchip!!!

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