Tonni a rischio nel Mediterraneo
28.06.04
Quello in scatola d'estate va forte con l'insalata, quello fresco è un must del bacino del Mediterraneo e il mercato giapponese ne fa un uso massiccio per la preparazione di sushi e sashimi, ora conosciuti ed apprezzati anche nel mondo occidentale. Stiamo parlando del tonno (Thunnus thynnus), che per arrivare sulla tavola è catturato professionalmente nei nostri mari con reti a circuizione (le tonnare volanti, che operano nel basso Tirreno sugli esemplari adulti ed in Adriatico, Canale di Sicilia e Liguria sui giovani), o con le tradizionali tonnare fisse (Sicilia e Sardegna). Il tonno alterna periodi in cui vive in branco (fase gregaria) a periodi di relativo isolamento (fase erratica): la fase gregaria, che coincide con il periodo riproduttivo, è caratterizzata dalla formazione di gruppi consistenti in prossimità delle coste; nella fase erratica, invece, i tonni si disperdono e si spostano verso profondità maggiori. La maturità sessuale è raggiunta tra la fine del terzo ed il quarto anno di vita, quando il tonno è lungo poco meno di un metro e pesa tra i 12 ed i 15 Kg.
La pesca tradizionale del tonno è passata dalle 7.576 tonnellate del 1986, alle 5.195 tonnellate del 1995: questo dato è già sufficiente per dare l'allarme. Pochi giorni fa, in occasione della Giornata mondiale degli Oceani, il Wwf ha messo sotto accusa la Ue a causa delle sovvenzioni che favoriscono l'espansione dell'allevamento di tonno: una pratica che potrebbe portare, nel giro di pochi anni, all'estinzione del tonno, specie già oggi troppo sfruttata e quindi fortemente a rischio.
Per alcuni pesci di interesse alimentare, si pratica da anni con successo l'allevamento, che consente di non aggredire la ricchezza ittica degli oceani; questa tecnica, detta acquacoltura, imita quanto già si fa da secoli per molti mammiferi e uccelli: gli animali nascono e crescono in cattività, in questo caso in ampie gabbie immerse nel mare. Non è così per i tonni, che invece sono catturati su larga scala da potenti imbarcazioni con grosse reti a strascico, le sciabiche, e trasferiti in gabbie galleggianti.
Nonostante la pesca a strascico sia bandita a livello internazionale, la Comunità Europea ha previsto addirittura uno strumento finanziario per l'incremento e la modernizzazione delle sciabiche, il cui nome - italianizzazione della voce dialettale sicula - deriva dalla parola che in lingua araba indica la rete (sabaka). «Finché la pesca con le sciabiche e l'industria dell'allevamento del tonno saranno considerate come tappe di uno stesso processo, la gestione degli stock di tonno rosso (la specie di tonno più presente nei nostri mari) non sarà sostenibile», afferma Paolo Guglielmi, responsabile dell'Unità mare del Programma Mediterraneo del Wwf. «Il recente ingresso nella Ue di paesi come Malta o Cipro, che hanno importanti attività di allevamento di tonno, rendono ancor più urgente il passaggio verso politiche ed attività migliori».
L'allevamento di tonno è praticato da tutti i paesi mediterranei e nello scorso anno è aumentato di quasi il 50%, fino a raggiungere le 21.000 tonnellate: si rischia davvero che non restino esemplari liberi in quantità sufficiente per garantire la sopravvivenza della specie. In più, questo tipo di allevamento ha incrementato la pressione di pesca sul pesce azzurro (sarde, sgombri e acciughe) necessario al nutrimento dei tonni in gabbia. Il Wwf invita urgentemente la Ue a rivedere la propria legislazione, che consente agli allevamenti di tonno di beneficiare dei sussidi economici destinati all'acquacoltura, e di fissare una quota specifica per la cattura e la posa dei tonni nelle gabbie. Sembra immediata la necessità di una rigida moratoria che limiti lo sviluppo di «nuovi allevamenti» nel Mediterraneo, e occorre un più trasparente sistema di registrazione delle catture, che assicuri la tracciabilità di tutti i tonni provenienti dagli allevamenti del Mediterraneo e che vengono immessi sul mercato.
Il rischio è che per le prossime generazioni anche il tonno sia solo un reperto da museo.
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