Diritti Animali

Via al summit internazionale sul destino delle balene. Il Giappone alla compravendita dei voti

Caccia grossa a Sorrento

20 luglio 2004
Ilaria Urbani
Fonte: www.ilmanifesto.it
20.07.04

Lester Bird, primo ministro di Antigua, è stato il più chiaro di tutti. «Io non mi faccio scrupoli. Se sostenere il Giappone significa ricevere in cambio la loro assistenza, non esiteremo», ha spiegato ieri durante la cinquantaseiesima riunione della Commissione baleniera internazionale che si tiene a Sorrento fino a giovedì. E' la prima volta in cinquantotto anni dalla sua nascita che la Internazional Whaling commission si riunisce in Italia, che è apertamente schierata contro la caccia al gigante dei mari. Insieme al paese ospite del summit Iwc, anche Brasile, Stati Uniti, Argentina e Nuova Zelanda difendono a spada tratta i balenotteri. La prima decisione importante deve ancora arrivare, ma ieri ventinove paesi su ventiquattro si sono schierati a favore del voto palese per i lavori dei prossimi giorni. Una sicurezza in più che consentirà di monitorare quali sono realmente i paese pro caccia e quali sono contrari. Il più grande nemico delle balene rimane ancora il Giappone, interessato alla caduta della moratoria che dal 1986 impedisce la caccia delle balene. La mozione che chiedeva ai 57 paesi della Commissione di votare a scrutinio segreto sui quesiti della agenda dei lavori è stata bloccata. Una vittoria contenuta certo, ma un buon risultato. I nipponici, nonostante la moratoria del 1986 che vieta la caccia alle balene, continuano ad essere uno dei maggiori paesi consumatori di carne di balena. Continuano a ottenere un grande profitto dalla vendita delle balene all'industria alimentare. Dopo una tregua di nove anni, dall'88 al `97, ha inoltre ripreso la caccia alle balene per scopi scientifici.

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Dopo la regata di protesta, che domenica ha solcato le acque del golfo di Sorrento per chiedere ai 57 paesi membri della Commissione baleniera di votare contro la riapertura della caccia alle balene, ieri il vertice internazionale è entrato nel vivo dei lavori. E la delegazione italiana di Greenpeace, insieme alle altre Ong provenienti da diverse parti del mondo, in qualità di osservatore presenzierà alle operazioni di voto in questi quattro giorni per monitorarne la trasparenza. Nell'intervallo tra la sessione mattutina e quella pomeridiana abbiamo incontrato Emanuela Marinelli, responsabile della campagna contro la caccia alle balene di Greenpeace Italia.

Dottoressa qual è la partita in gioco in questo summit sorrentino?

I punti cruciali riguardano sicuramente il futuro del Santuario dei cetacei in Antartico - unica zona dove attualmente questi animali possono riprodursi e nutrirsi senza pericolo - e l'operatività del Comitato internazionale sulla protezione dei mari istituito a Berlino lo scorso anno. La riapertura del Santuario viene rimessa in discussione ogni dieci anni ed è chiaro che per il Giappone ottenere un via libera sarebbe il primo passo verso l'abolizione della moratoria sulla caccia alle balene che ne determinerebbe la definitiva estinzione. Per la nostra organizzazione, per le Ong e per gli osservatori è dunque prioritario conservare il Santuario, così come iniziare i lavori del Comitato che oltre alle ordinarie funzioni di whale watching dovrebbe ampliare la protezione nelle acque internazionali dei piccoli cetacei.

Dopo questa prima giornata si possono già fare delle previsioni sulle votazioni

Durante la mattinata eravamo un po' preoccupati perché il Giappone ha presentato un'istanza per le votazioni a scrutinio segreto che avrebbe messo seriamente in pericolo la moratoria istituita nel 1986. La richiesta è stata bocciata per cinque voti, l'anno scorso in Germania la stessa istanza era stata rifiutata da sette Paesi. Questo ci conferma che i nipponici stanno allargando i loro consensi. D'altra parte noi riteniamo, ma sono solo congetture, che a Sorrento le cose andranno per il verso giusto. Il problema sarà lavorare nei prossimi mesi alla preparazione del vertice in Corea. Lì, infatti, si giocherà in terreno nemico e dovremo prepararci ad una dura battaglia per salvare le balene.

Cosa succederebbe se fosse riaperta la caccia?

Se la caccia commerciale venisse di nuovo aperta comporterebbe la sicura estinzione di questi bellissimi cetacei. Tra l'altro le balene essendo al vertice della catena alimentare sono particolarmente esposte all'inquinamento, ai cambiamenti climatici alla pesca eccessiva che comporta la desertificazione dei mari. Basti pensare che il buco nell'ozono ha provocato una diminuzione complessiva del Krill, alimento principale dei grossi cetacei. Mentre l'inquinamento marino continua a decimare le balenottere, tanto da indurre la stessa Norvegia a mettere in guardia la popolazione sull'uso del loro grasso in alimentazione, sconsigliato per un'eccessiva presenza di mercurio.
 
Francesca Pilla
www.ilmanifesto.it
20.07.04

Il passo dai laboratori alle tavole è stato breve e così la carne delle balene continua ad essere consumata dai più fini palati giapponesi. Continuando anche ad arricchire il mercato nero. Nel calendario dei lavori di Sorrento, fino a giovedì, gli ambientalisti vogliono porre l'accento sul Santuario Antartico che il Giappone vorrebbe abolire. Gli amici di Moby Dick non se ne andranno dal summit se non avranno garantito l'unico luogo franco dove le balene possono vivere e riprodursi al sicuro dai cacciatori. Ma anche un impegno serio per porre fine all'espansione della caccia scientifica e istituire altri santuari nell'Atlantico meridionale e nel Pacifico meridionale.
Il destino delle balene è sempre stato difficile. Dal 1967 ad oggi, si è assistito ad un vero e proprio sterminio dei giganti del mare: da 250mila a 3 mila balenotteri sopravvissuti. La loro sorte dipenderà anche dalle decisioni di questo 56esimo International Whaling commission e nonostante i segnali positivi di ieri, la strada verso la riconferma della moratoria è ancora molto tortuosa. Greenpeace denuncia che alcuni dei paesi più poveri al mondo sono usati dal Giappone per votare a favore della riapertura commerciale della caccia sotto un lauto compenso. I numeri parlano di circa trecento milioni di dollari in dieci anni spesi dal Giappone per costruire il consenso dei nuovi membri entrati nella commissione.
Costa D'Avorio, Mauritania, Suriname e Tuvalu sono entrati quest'anno a far parte dell'Iwc e potrebbero votare a favore della riapertura della caccia. Gli altri due nuovi membri, Belgio e Ungheria, invece dovrebbero sostenere il fronte contrario alla caccia. Già il mese scorso il delegato nipponico aveva annunciato i grandi nostri sforzi fatti dal Giappone per avvicinare i nuovi membri al «partito della caccia». Un percorso che va avanti dal 1999. Ogni anno intanto, circa 300mila balene vengono uccise. Molti dei cetacei rimangono «accidentalmente» intrappolate nelle reti, sono circa 800 gli esemplari che muoiono ogni giorno. Al summit di ieri l'assenza del ministro delle politiche agricole, Gianni Alemanno (a Bruxelles al consiglio europeo dei ministri dell'agricoltura) è stata notata negativamente dalla Lega antivivisezione. Al posto di alemanno c'era il delegato Giuseppe Ambrosio che ha riaffermato l'interesse dell'Italia per la protezione dei cetacei.

La prima vittoria contro i paesi cacciatori dunque è in linea anche con la posizione dell'Italia e fa ben sperare ma il Wwf non è per niente tranquillo dal momento che la decisione del voto palese è passata per una manciata di voti. La maggioranza dei paesi contro l'estinzione delle balene, però, potrebbe aumentare perché Senegal e Costa D'Ovario devono ancora ufficializzare il loro diritto di voto. «Il destino delle balene e dei delfini corre sul filo del rasoio - ha spiegato Massimiliano Rocco, responsabile del programma specie del Wwf - il destino della balena grigia ad esempio nel pacifico occidentale, una delle specie di cetacei più a rischio del pianeta, solo meno di cento esemplari rimasti, è infatti appesso a questa maggioranza».

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