Diritti Animali

Balene, una strage inutile. No alla riapertura della caccia

Steve Kestin ricercatore del dipartimento di scienze veterinarie alla Bristol University, ha pubblicato i dati raccolti in 17 anni di studi sulla morte cui vanno incontro le balene cacciate dai giapponesi. La maggior parte delle volte questi mammiferi marini sopravvivono alla ferite dell’arpione esplosivo e vanno incontro ad una lenta agonia che dura ore.
20 luglio 2004
Oscar Grazioli

Steve Kestin ricercatore del dipartimento di scienze veterinarie alla Bristol University, ha pubblicato i dati raccolti in 17 anni di studi sulla morte cui vanno incontro le balene cacciate dai giapponesi. La maggior parte delle volte questi mammiferi marini sopravvivono alla ferite dell’arpione esplosivo e vanno incontro ad una lenta agonia che dura ore.
Le due più grandi nazioni che ancora cacciano questi santuari viventi sono la Norvegia e il Giappone. Entrambe usano arpioni con punta munita di granate esplosive ma di diverso tipo. I giapponesi, sostiene Kestin, utilizzano arpioni adatti per animali di grandi dimensioni e il più delle volte l’attrezzo trapassa il corpo della balena da parte a parte mentre la punta scoppia in ritardo.
Occorrono fucili o fiocine elettriche per portare a termine “il lavoro”. In Norvegia, invece, hanno un tipo di arpione adatto alle specie di piccole dimensioni (quelle realmente cacciate) che uccide rapidamente in una buona percentuale di casi. Il fatto è che le balene non andrebbero uccise, punto e basta. Non c’è alcuna ragione scientifica come pateticamente cercano di farci bere i paesi che le cacciano. L’unica ragione sono i soldi, un business che reca sulle tavole di ristoranti alla moda il carpaccio di balenottera e nei mercati dei creduloni d’oriente gli “elisir di Dulcamara” che dovrebbero lenire le pene dell’anima, mentre svuotano solo portafogli di gente ignorante. Da ieri, e per quattro giorni, l’Italia ospita l’incontro annuale della IWC, la Commissione Baleniera Internazionale che si chiuderà il 22 luglio. Giappone Norvegia e Islanda guidano il blocco dei balenieri e gli ambientalisti temono la politica spregiudicata del Giappone. Il Sol Levante ha promesso aiuti alla pesca e all’economia di paesi in via di sviluppo che oggi hanno diritto di voto. Si teme che Suriname, Mauritania, Costa d’Avorio e Tuvalu rompano la maggioranza che finora a visto gli amici di Moby Dick prevalere. Si spera negli altri paesi di recente ammessi a votare, quali Ungheria e Belgio, ma la battaglia sarà aspra e l’esito incerto. Il vicepresidente della delegazione italiana, Giuseppe Notarbartolo, ha dichiarato che “le maglie della protezione strette in questi anni con il successo del 2003 potrebbero allargarsi. Se proprio deve essere caccia che avvenga con le minori sofferenze possibili. Così è inaccettabile”.

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