Diritti Animali

Un cavallo non si sacrifica così, in nome di una presunta tradizione

Il palio, una mattanza per tutti Tranne che per i senesi

19 agosto 2004
Enrico Paoli Siena
Fonte: www.libero.it
18.08.04

palio di Siena Immagine da archivio Google « Se succede... è ..., invece qui... » . Scusi mi ripete la battuta, sono un giornalista un po' curioso... « Quando una cosa come quella di ieri ( la morte di un cavallo durante il Palio del 16 agosto ndr) succede in Sicilia è mafia, è un reato. Se invece accade qui a Siena è tutto normale. Ma le pare logico? » . No, non ci pare logico caro Edmondo, eppure accade. Accade da sempre, dicono i senesi, che nascono con il Palio nel sangue e con il palio crescono, si sposano, fanno figli e muoiono. Ma nemmeno questa catena di Sant'Antonio convince Edmondo a dar ragione ai senesi. Un cavallo non si sacrifica così, in nome di una presunta tradizione. Ma lei è siciliano? « Macché sono campano, di un paesino vicino Napoli » . Edmondo è in vacanza a Siena con tutta la famiglia ( moglie, due figli con annessa macchina fotografica, suocera e suocero), è arrivato ieri, il giorno dopo la mattanza di piazza del Campo. Come noi ha visto le immagini della carriera in tivvù. Come noi, ieri, era sul luogo del delitto, ad ammirare la maestà del palazzo del Mangia, accarezzato dal sole, e a riflettere sulla brutalità della corsa. Edmondo, campano, doc, non è il solo a pensarla così. Poco più in là un gruppo di turisti spagnoli, alle spalle la passerella della " mossa" davanti agli occhi la " conchiglia" ( tale è la forma della piazza senese) discute animatamente della corsa del giorno prima. Lo si capisce dal fatto che indicano il fondo di tufo le la linea delle " curve troppo difficili da fare". Mi fermo ad ascoltarli. « Scusate, state parlando della corsa? » La risposta è affermativa. Ieri eravate qui?. « Sì, e abbiamo visto morire il cavallo, che strazio » , dice il più anziano del gruppo, in un italiano tutt'altro che incerto.

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IL DIBATTITO / Confronto dopo la morte del baio Amoroso e le dichiarazioni di Realacci

Pratesi: oggi è come se una Formula 1 corresse su un circuito di go-kart. Pecoraro Scanio: la legge va modificata, via le eccezioni storiche

Carlo Ripa di Meana la mette sul piano tecnico. I cavalli li conosce bene, del resto. Ha cominciato a montare da bambino, «balilla cavalleggero» nella scuola del maresciallo Costante D’Inzeo, e ha continuato a farlo regolarmente fino a pochi anni fa. «Chi vuole abolire il Palio - spiega - dice una gran baggianata, va contro la vocazione dei cavalli che già per natura gareggiano tra loro e amano la velocità. Per salvare la corsa è però necessario tornare alle origini, facendo correre i maremmani e non i purosangue come si fa da una decina d’anni. Sono più lenti e robusti, forse lo spettacolo ne perderebbe un po’. Ma gli incidenti sarebbero sicuramente meno». Quella dell’ex ministro dell’Ambiente non è una posizione isolata. Dopo la morte di Amoroso, caduto lunedì in Piazza del Campo e finito dagli zoccoli dei suoi avversari, sono partite alla carica le associazioni animaliste, che hanno sempre scelto la linea dura. Una mossa non condivisa dal deputato della Margherita ed ex presidente di Legambiente Ermete Realacci che ieri, intervistato dal Corriere , ha difeso il Palio perché «appartiene alla nostra storia e, a differenza della corrida e di tante sagre paesane, non ha nella violenza il suo elemento fondante». Le parole di Realacci trovano appoggio tra le diverse anime dell’ambientalismo italiano: il Palio va difeso ma deve essere reso meno pericoloso. Fulco Pratesi, presidente del Wwf, guarda nientemeno che all’automobilismo. «Far correre i purosangue in piazza del Campo è una follia, come girare in Formula 1 su un circuito da go-kart. E’ vero, bisognerebbe tornare ai maremmani. Ma è necessario cambiare anche per i fantini: basta con i professionisti di adesso, meglio i contradaioli di una volta. Realacci ha ragione, il Palio fa parte della nostra storia. Ma se tradizione deve essere, che tradizione sia fino in fondo». I consigli non finiscono qui. Ripa di Meana chiede di aumentare le imbottiture sui lati del tracciato e di spargere più sabbia e segatura sul selciato, specie nelle curve. Anche Alfonso Pecoraro Scanio parte dalla tecnica: «E’ assurdo che in caso di incidente la gara non venga fermata». Ma poi il presidente dei Verdi allarga il discorso alla legge entrata in vigore pochi giorni fa. Un testo che punisce con il carcere fino a un anno e mezzo chi provoca la morte di un animale ma, con un emendamento appoggiato dallo stesso Realacci, lascia fuori le manifestazioni storiche come quella di Siena. «A settembre quelle norme vanno cambiate. Il Palio va salvato ma non può pretendere carta bianca: serve una commissione mista, organizzatori e associazioni animaliste, per costruire regole che garantiscano meglio la sicurezza dei cavalli. E poi sulle tradizioni bisogna intendersi: sono importanti ma se portano violenza vanno corrette. Anche la schiavitù o il velo imposto alle donne erano tradizioni, ma superarle non è stato un errore. E poi cosa succede se spunta fuori qualcuno che vuole organizzare una corrida in Italia? Magari dimostra che da noi era un’abitudine ai tempi della dominazione spagnola: una tradizione da proteggere anche quella?».
C’è chi ha una posizione più sofferta, come Grazia Francescato: «In gioco - dice la portavoce dei Verdi europei - ci sono due esigenze sacrosante ma purtroppo inconciliabili. Da una parte il rispetto di una manifestazione storica, dall’altra il rispetto degli animali. Per me è più importante la seconda, ma capisco chi la pensa all’opposto. La verità è che la sfera dei diritti, un tempo limitata ai ricchi bianchi, si è allargata prima ai maschi, poi alle donne. Adesso tocca agli animali».

Lorenzo Salvia
www.corriere.it
19.08.04


Ma la corrida allora... « Beh anche quella è diventata un mattanza... e poi chi ci va più, è una cossa per i turisti estrangeri » . Sono catalani, « un paesino vicino a Barcellona » . Per loro la corrida non un totem inviolabile. Il Palio, per i senesi, lo è. Ma un senese contrario alla carriera c'è, o almeno uno che dica " che così non si può andare avanti"? Lo chiedo a contradaioli e colleghi, tutti senesi doc. La risposta è unica: no. Non c'è, punto e basta. Che non ci sia, in verità, lo si avverte fiutando l'aria, ascoltando i discorsi nei bar, nei crocchi attorno a piazza del campo, cuore pulsante di questa città, equamente divisa fra chi lavora al Monte dei Paschi e chi spera d'entrarci. « Il cavallo morto lunedì? Beh, che c'è di strano, è sempre successo. E che questa volta a sbagliato il fantino e il cavallo ha preso male la curva... » . Sì, ma è morto... « L'anno scorso ne so morti due, anzi so stati abbattuti » , dice un contradaiolo con la sciarpa della Tartuca al collo, sono loro ad aver vinto, « è sempre successo » La fine di un cavallo, in fondo, è un rischio del mestiere. La sanno bene anche in comune, dove ieri non cera nessuno disposto a parlare. Sindaco fuori città e assessori impegnati fuori dall'ufficio. Nel Cortile del Podestà, il famoso " entrone" dal quale escono i cavalli, ieri cera ancora il tufo, steso sulle pietre per la carriera. Davanti alla bacheca del Comune i turisti si fermano a leggere il regolamento, come se fosse una delle meraviglie della città, si vede che ieri hanno assistito alla corsa. « Look, Look » , dice un'inglesina dalla pelle lattea e dallo sguardo intenso. Guardiamo e leggiamo anche noi. « Articolo 38, estratto del regolamento del Palio: La presentazione dei cavalli deve intendersi fatta a totale rischio e pericolo dei rispettivi proprietari, restando il Comune completamente esonerato da ogni e qualsiasi re s p o n s ab i l i t à , per quanto ai cavalli stessi possa accadere nello svolgimento del Pal i o. . . » . Ma allora i cavalli non li tutela nessuno? Il resto del regolamento è tutto dedicato ai fantini, che i senesi chiamano « assassini » , visto che sono dei mercenari per definizione, pronti a vendersi al miglior offerente, anche quando l'ingaggio è a cinque zeri. Eppure, parlando di Palio con i senesi, si riesce solo a misurare le tonalità della passione, si coglie solo le sfumature legate alla corsa, tipo « prima era un'altra cosa, da quando è arrivata la tivvù » , come se questa corrida di casa nostra fosse stata modificata dal tubo catodico e non dagli affari, da quell'indotto legato al turismo che la m a n i f e s t a z i one porta con sè, mentre non trovi traccia dei cavalli. Sì, è vero che i controlli sono aumentati, che è stata creata una clinica per curarli, che c'è un pensionato per quelli che non corrono più. Solo per la morte dei cavalli non è stato fatto ancora nulla. E la contrada della falce continua ad entrare nei canapi, ad ogni carriera. Lunedì è uscita dal campo con il suo Palio.

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