Un anno fa i cani cattivi erano 92; ora sono ...
11-09.04
Un anno fa i cani cattivi erano 92; ora sono scesi a 18. E non hanno più bisogno di guinzaglio e museruola, ma dell’uno o dell’altra, a scelta del padrone. E soltanto in strada: nei cortili, nei condomini, su e giù per le scale potranno scorrazzare in libertà senza nessun controllo. Un nuovo mistero italiano: sono «rimboniti» i cani oppure i legislatori? Di certo è che la credibilità del provvedimento è crollata verticalmente, nel senso che, se già pochissimi erano i padroni che mettevano ai loro animali museruola e guinzaglio ora nessuno farà più nulla. Tra i cani usciti dalla lista nera, ci sono per esempio di dobermann, che in verità, non si vorrebbero mai incontrare liberi sulla propria strada. Forse 92 razze e sottorazze cattive erano in effetti un po’ troppe e, c’erano infatti state molte proteste e innumerevoli lettere ai giornali di padroni e padroncini che cantavano le lodi dei loro affettuosissimi rottweiler, pitbull e pastori di ogni latitudine. Ma sorprende la radicale riduzione della lista e inspiegabile è il modo in cui si possa essere giunti, nel giro di un anno ad appena 18 tipi di animali pericolosi. Il leit-motiv della protesta era sempre lo stesso, sono i padroni che hanno bisogno di guinzaglio e museruola, non i cani.
Giusto, giustissimo. Ma, visto che non si può fare, sembrava ragionevole che legate finissero le loro bestiole. E invece, adesso, liberi tutti, o quasi tutti.
Di fronte a una così vistosa inversione di tendenza, come si fa a non pensare che il legislatore abbia fatto precipitosa marcia indietro non tanto per aver realizzato che, in effetti, 92 razze nella lista nera erano un po’ troppe, quanto perché la lobby degli allevatori ha protestato in modo particolarmente veemente? A ragion veduta, visto che le vendite dei cani «cattivi» erano scese del 40 per cento.
Si sa che i luoghi comuni sono esecrabili e si preferirebbe di gran lunga evitarli; ma questa volta purtroppo s’impone davvero dire che siamo alle prese con una classica vicenda all’italiana.
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