La volpe non sarà più sbranata ...
19.11.04
La volpe non sarà più sbranata dai cani, dal prossimo febbraio. Una delle più virulente battaglie parlamentari nella storia britannica s’è chiusa ieri sera, finalmente, con la decisione dei Comuni di vietare la caccia alla volpe in Inghilterra e nel Galles, seguendo l’esempio della Scozia. Due mondi si sono scontrati per oltre mezzo secolo: da un lato la città, la società borghese e operaia, liberale e laburista, intollerante del crudele passatempo dei ricchi; dall’altro la campagna, il mondo aristocratico e conservatore, le giacche di tweed e la birra tiepida, insofferente dell’ingerenza altrui in un’utile attività rurale. Il voto dei Comuni, l’ennesimo dalla prima proposta presentata nel 1949, il quarto su questo disegno di legge, chiude il confronto parlamentare. Ma non la battaglia nel Regno: qualcuno dice che il peggio deve venire.
A sentire i protagonisti, è una svolta storica. La caccia alla volpe risale alla seconda metà del ’600, quando in Inghilterra si cominciarono ad addestrare i cani a scovare le volpi nelle foreste e diventò lo svago dell’aristocrazia nella società di Barry Lyndon. Perciò, in una nazione che venera la tradizione, ha radici antiche. Ma ora muore come molte altre attività che, con il mutare dei tempi, si sono rivelate insostenibili: già a metà dell’800 furono vietati il combattimento dei galli e il maltrattamento dei tori (e degli orsi, benché già allora, come oggi per le volpi, si dicesse che andavano uccisi per mantenere l’equilibrio della fauna). E poi nel 1959 la Scozia bandì la caccia al cervo con i cani, prima che l’Inghilterra vietasse la caccia ad animali ormai rari, come la lontra e il tasso. In questo quadro, la fine della caccia alla volpe è una tappa, nemmeno finale, di una lunga serie di restrizioni.
Quando Lord Burns, incaricato dal governo Blair, accertò che la caccia con i cani «compromette il benessere della volpe» si capì che la bilancia pendeva verso il divieto. Dopo il voto di ieri Phyllis Campbell-McRae, leader dell’International Fund for Animal Welfare, ha salutato «la determinazione di migliaia di persone» che ha vinto «la lunga, dura campagna» contro una «crudeltà insensata e spaventosa». John Jackson, capo della Countryside Alliance, invece prevede «una vera disobbedienza civile». In pratica, la violazione collettiva della legge: e ieri sera un migliaio di manifestanti hanno adato vita a una dimostrazione di protesta davanti al castello di Windsor mentre la regina Elisabetta offriva un pranzo di onore al presidente francese Jacques Chirac.
Paradossale il voto finale. Il premier Tony Blair voleva un compromesso che autorizzasse la caccia su licenza, ma avendo dato libertà di voto non è stato ascoltato. Allora i Comuni hanno votato un emendamento che rinviava di 18 mesi l’entrata in vigore della legge, per dare al mondo rurale (35 mila persone sono impiegate nel settore) il tempo di adeguarsi. Offesi, i Lords hanno rifiutato l’accordo, dicendo che serviva solo a facilitare la prossima campagna elettorale del Labour Party. Così, in base a una legge del 1949, il Parliament Act, che sancisce la superiorità della Camera bassa, lo speaker dei Comuni ha sancito l’approvazione della legge. Da oggi la questione trasloca nei tribunali. La guerra, ormai di retroguardia, continua.
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