Nel futuro un mondo senza pesci
23.11.04
La denuncia è contenuta nel rapporto «Il saccheggio del Pacifico» realizzato con il contributo di 600 scienziati di 54 nazioni e consegnato alle Nazioni Unite assieme alla richiesta di imporre una moratoria internazionale delle reti-killer. Ironia della sorte vuole che a suggerire questo metodo di pesca tanto efficiente quanto spietato siano state nel recente passato alcune organizzazioni ecologiste nemiche giurate delle reti a strascico che distruggevano i fondali marini portando via tutto ciò che trovavano sul loro cammino. Il rimedio trovato si è rivelato nell'arco di poche stagioni terribile per fauna e flora marine quanto lo era il metodo precedente ed a farne le spese è l'ecosistema dell'Oceano più esteso del Pianeta. Fra le creature che stanno pagando il prezzo più alto ci sono le tartarughe marine che potrebbero estinguersi nel giro di vent’anni per via del fatto che le reti «verdi» vanno a razziare proprio le profondità preferite da loro, al pari di quanto avviene per i balenotteri.
La strage di creature viventi dell'Oceano Pacifico si sta svolgendo ad un ritmo tale da spingere Greenpeace ad invocare un rimedio estremo: la creazione di un gran numero di riserve marine lungo le coste dell'Asia, dell'Oceania e delle Americhe per proteggere pesci ed uccelli visto che il mare aperto resta dominio incontrastato dell'esercito dei pescatori. Ma la lettera sulla moratoria con cui Sylvia Earle, direttore del programma marino di «Conservation International», si rivolge al segretario generale dell'Onu Kofi Annan va oltre il dibattito su questo o quel rimedio ed affronta il cuore del problema lanciando un appello a tutte «le nazioni pescatrici»: prima di gettare le reti in acqua bisogna studiare il mare, per rendersi conto delle conseguenze.
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