Animalisti contro Morini. Cariche e scontri al corteo
22.1.04
Un ragazzo con le stampelle buttato a terra e massacrato di botte, un altro ridotto con la mascella fracassata, una donna presa a calci in pancia, altri inseguiti nei campi e picchiati con i manganelli alla rovescia. Botte da orbi ieri sera a San Polo D'Enza alla manifestazione degli animalisti che chiedono la chiusura dell'allevamento «Morini» di cani beagle e piccoli roditori destinati alla vivisezione. La manifestazione è stata indetta dal coordinamento «Chiudere Morini» che da tre anni a questa parte si batte contro l'azienda. Per ieri sera, come tutti gli anni, il coordinamento ha organizzato un corteo internazionale, che ha raccolto nel piccolo paesino emiliano circa 1.500 persone provenienti da tutta Italia, dalla Svizzera e dalla Germania. Il corteo, partito attorno alle tre del pomeriggio, ha attraversato tutta la cittadina e si è diretto verso la villa/allevamento della famiglia Soprani. A scortare il gruppo circa 300 agenti della polizia e qualche decina di carabinieri, tutti in assetto anti sommossa. Arrivati davanti allo stabilimento «Morini» i manifestanti hanno tirato qualche pietra verso gli agenti ed esploso un paio di petardi. E dalla cancellata presidiata dai poliziotti è partita una prima carica che ha spinto indietro il corteo. Poi è partita la mattanza.
«Mentre fuggivamo indietro - racconta Daniela - gli agenti hanno caricato anche alle nostre spalle. Eravamo in trappola». In mezzo alla carica sono finite donne con i bambini piccoli in braccio, un ragazzo con le stampelle e una sulla sedia a rotelle, i cani di qualche manifestante, uomini e donne di tutte le età dai 15 ai 60 anni. Alcuni sono scappati nei campi inseguiti dagli agenti, altri si sono rifugiati nei giardini delle abitazioni vicine, cercando di sfuggire ai manganelli e alle delazioni dei residenti di San Polo. «Alcuni di loro si sporgevano dalle case e davano indicazioni ai poliziotti. Li ho sentiti urlare 'Sono qui, nell'atrio di casa mia, venite a prenderli'», spiega ancora Daniela. Inseguendo il corteo i poliziotti non hanno tralasciato di distruggere il furgone che trasporava il sound sistem, pur di tirar fuori dalla vetrata il suo guidatore. Alla quinta ed ultima carica, quando la maggior parte dei manifestanti è riuscita a tornare nel parcheggio da cui era partita, i feriti erano diverse decine. Sei sono stati curati nel pronto soccorso di Montecchio ed identificati dalla polizia, altri due si sono rifugiati in un ospedale vicino. I più gravi sono una ragazza di circa 25 anni che ha una mano rotta e un trauma cranico, oltre a diversi ematomi ed abrasioni, e un ragazzo un po' più grande con la mascella fracassata da un pugno. A fine serata sono stati tutti dimessi. L'unico portato in questura è un ragazzo di Reggio Emilia che a tarda sera non era ancora stato rilasciato.
La mobilitazione contro la «Morini» è partita nel 2001. Tre anni fa alla frontiera con l'Austria fu fermato un camion proveniente dall'allevamento. Trasportava una ventina di cani beagle destinati alla vivisezione. Il camion fu rispedito indietro perché il convoglio non rispettava i criteri di sicurezza per trasportare animali. Ma da allora a Reggio Emilia e un po' in tutta Italia è partita una campagna per far chiudere lo stabilimento. I proprietari dell'azienda, la famiglia Soprani, hanno sempre rifiutato di concedere udienza ad animalisti e giornalisti (qualche mese fa una troupe di Report è stata cacciata dai carabinieri perché aveva osato citofonare alla proprietaria, Giovanna Soprani). La mobilitazione ha ottenuto anche un importante risultato politico: la regione Emilia Romagna nel 2002 ha approvato una legge regionale che vieta l'allevamento di animali destinati alla vivisezione sul proprio territorio. La legge è stata impugnata dal governo e bocciata dalla Corte costituzionale, ma intanto da un paio d'anni la «Morini» non può più vendere i propri animali a laboratori sanitari che li impieghino per la vivisezione. Ora per ricominciare avrebbe bisogno di un nulla osta firmato dal sindaco di San Polo, Milena Mancini, che fin adesso si è sempre rifiutata di concedere il permesso.
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