Tutti a caccia di Gustave, il serial killer del Tanganika
Erano le quattro del pomeriggio e faceva veramente caldo a Murembwe quel sabato 27 marzo. Deve averlo pensato, almeno per un momento Idelphonse Ndikumana, giovanotto burundese di 28 anni, mentre si toglieva i vestiti prima di scivolare nelle acque azzurre del Tanganika, che in quel tratto a sud della città di Rumonge è limpido, tanto da vederne il fondo. Un paesaggio mozzafiato lo specchio d'acqua che divide il Burundi dal Congo. Niente a che vedere con il giallo delle le acque torbide e paludose della riviera di Rusizi, buone solo ad accogliere i coccodrilli e quei pochi ippopotami rimasti in Burundi. Quello che Idelphonse non avrebbe potuto immaginare è che in quel luogo in apparenza ameno, si sarebbe di lì a poco, imbattuto nel suo assassino. Anche Idelphonse, infatti, sarebbe entrato a far parte della lunga lista delle vittime di Gustave, il mostro del Tanganika. Come tutti i veri serial killer, Gustave, per uccidere segue un rituale. Aspetta paziente e osserva, senza destare il minimo sospetto. Al momento giusto compare dal nulla, afferra le sue vittime, le annega nelle acque del lago e le fa letteralmente a pezzi. Non sceglie a caso. Scarta le prede veloci, la sua mole non gli consente di rincorrerle. Attacca soprattutto natanti, meglio se bambini, e pescatori.
Alla sua età deve accontentarsi. Ha ormai passato la sessantina. A differenza delle sue vittime camperà ancora a lungo: un coccodrillo del Nilo vive infatti anche fino a ottant'anni. E Gustave non è un coccodrillo qualunque. E' gigantesco. E' tre volte più grande di un normale coccodrillo della sua specie. Misura tra i sei e i sette metri e pesa una tonnellata circa. La leggenda vuole che abbia mangiato almeno 300 persone e un ippopotamo adulto. Per prenderlo è stato tentato di tutto, ma inutilmente. C'è chi ha fatto della caccia a Gustave lo scopo della sua vita. Patrice Faye, erpetologo francese di 51 anni trapiantato a Bujumbura, capitale del Burundi, lo segue dal 1998. «Per tanto tempo i morti nel Tanganika sono stati attribuiti alla situazione del Burundi (paese instabile dall'indipendenza, che attualmente tenta di uscire da dieci anni di guerra civile, n. d. r.). Poi ho cominciato a fare delle inchieste, raccogliere testimonianze, finché non l'ho scoperto».
E per ora si deve accontentare di questo Patrice, perché in questi anni le ha provate tutte per catturare Gustave e studiarlo, ma è stato sempre beffato. Il 16 novembre di quest'anno è arrivata a Bujumbura un'equipe del National Geographics con l'idea di catturare Gustave e sparargli un sensore nella coda da collegare ad un satellite, in modo da seguirne i movimenti. Così Patrice Faye e la Dr. ssa Alison Lesile, biologa sudafricana, si sono lanciati nell'impresa seguiti dalle telecamere. Quella di novembre non è stata la prima spedizione. Anche gli altri tentativi di catturare Gustave sono stati, è proprio il caso di dirlo, un buco nell'acqua. Per la precisione, un buco di 10 metri per 1,5 di diametro della profondità di 2 metri. Queste sono infatti le misure della gabbia posizionata nella riserva naturale di Rusizi a 15km da Bujumbura, nord del lago Tanganika. Gustave non ha mangiato la foglia. Essendo abituato a ben altro, ha beffato per l'ennesima volta Mr. Crocodile Dundee dalla "r" moscia ed anche l'equipe del National Geographics, arrivata in Burundi con la convinzione di sborsare un po' di soldi e avere la meglio su Gustave. Sono rientrati a casa a mani vuote. «Torneranno appena riavvisteremo Gustave» afferma convinto Patrice Faye, seduto ai tavoli del Cercle Nautique di Bujumbura, sulle rive del lago Tanganika all'ora del tramonto. «Anche Paris Match è in lista d'attesa per la prossima comparsa di Gustave». Aspetta e spera. «In questo momento non è qui» (…meno male, n. d. r.) «si trova a Nord, è stato avvistato lì dagli elicotteri del contingente sudafricano di stanza in Burundi con la missione dell'Onu. Almeno tre piloti mi hanno detto di aver visto un coccodrillo enorme». Patrice non sembra aver paura di Gustave. Non solo è un esperto di coccodrilli, ma se li tiene pure in casa, insieme a cobra, vipere soffianti, pitoni. Talvolta cura i coccodrilli feriti o i piccoli senza madre, che poi rimette nel lago. Gustave non lo sa, ma Patrice è probabilmente il migliore amico che si ritrova a Bujumbura. «Uccidere Gustave è fuori discussione» ripete più volte l'erpetologo. «All'inizio anch'io come tutti qui pensavo di abbatterlo. Quando un animale diventa pericoloso purtroppo si è costretti a farlo.
Ma Gustave è un fenomeno unico e va studiato. Io col tempo mi ci sono affezionato, anche se so che se lui potesse mi mangerebbe». In realtà Gustave raramente divora le sue prede. Molti corpi sono stati ritrovati con poche parti mancanti, più spesso la parte inferiore del corpo. «Quando un coccodrillo è giovane mangia per la crescita, ma i grandi, come lo è adesso Gustave, no. Una volta raggiunta la giusta temperatura può restare anche sei mesi senza mangiare. Si tratta di animali a sangue freddo, come i serpenti. Quello che ancora non mi spiego», continua Patrice, «è perché Gustave uccida di più al sud. Lì fa delle carneficine.
Una spiegazione potrebbe essere che impiega molte energie per arrivarci e ha quindi bisogno di magiare. Io sono convinto che quello sia il suo territorio di origine. Ma queste sono solo le mie teorie». Una cosa certa è che Gustave sia un coccodrillo eccezionale, «E' stato ferito molte volte, è pieno di cicatrici ed è incredibile che sia sopravvissuto alla guerra, al bracconaggio ed abbia raggiunto dimensioni eccezionali in questa situazione». «So che se un giorno lo catturerò sarà la fine di qualcosa. In realtà quello che mi interessa è corrergli dietro. Se lo prendo sarà una vittoria a metà». «Ma per ora non mi hai ancora preso», starà pensando Gustave che se la ride, mentre le grandi produzioni buttano a mare, pardon, nel lago, i loro soldi. A differenza di altri africani Gustave si è preso la sua rivincita e si è conquistato ammiratori in tutto il mondo. «Non sono pazzo», conclude Patrice, «in fondo ognuno ha il suo Gustave da qualche parte, n'est-ce pas?»
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